La malattia che non c’è
Cristina è malata di “Sensibilità Chimica Multipla”. Ovvero reagisce alle sostanze chimiche. Non può guarire, ma solo curarsi. Per evitare di morirne. Solo che farlo è difficile, perché quasi nessuno in Italia riconosce la malattia. Nemmeno in Trentino.
“Mi raccomando, il giorno che vieni da me, non metterti profumi addosso”. Cristina me lo ripete un paio di volte, la cosa per lei non è da poco, e fa la differenza tra stare bene e stare male. Se entrasse in contatto con qualcuno che indossa qualche particolare fragranza partorita dai laboratori dei vari Calvin Klein o Rocco Barocco, Cristina comincerebbe a sudare abbondantemente, poi ad avvertire un malessere generale, e infine, se l’odore fosse particolarmente forte, potrebbe anche rischiare uno shock anafilattico.
E Cristina non è intollerante soltanto ai profumi. Non tollera le sostanze chimiche contenute in una quantità innumerevole di altri prodotti: nei detersivi, nei detergenti, nelle vernici, negli insetticidi, negli arredi, nelle stampe, nei toner, nei vestiti, nei farmaci, nei cibi, nel fumo di sigaretta, delle stufe a gas, del traffico.
Cristina è malata d’una patologia che, come ha scritto lo specialista che gliel’ha diagnosticata nell’estate del 2009, “rende particolarmente complessa la frequentazione di qualsivoglia ambiente”. Cristina è malata di Sensibilità Chimica Multipla. Multiple Chemical Sensitivity. In sigla, MCS.
“E pensare che io ho sempre amato, fino a qualche tempo fa, tutto quanto fosse chimico. Profumi, detersivi, detergenti: li usavo con grande disinvoltura, senza prestare alcuna attenzione alle sostanze che contenevano. E forse è anche per questo che alla fine ho contratto la MCS”. Cristina ha 45 anni, vissuti in modo assai dinamico fino al manifestarsi, qualche anno fa, dei primi sintomi della malattia. Il suo lavoro di mediatrice cuturale l’ha portata a viaggiare molto in giro per il mondo. Fino all’approdo ad un incarico dirigenziale in Regione. “Un lavoro di grande responsabilità che amavo molto. Ho dovuto rinunciarci a malincuore”. I sintomi della malattia a un certo punto le impedirono infatti di svolgere il suo mestiere come del resto qualsiasi altra attività. “È stato un momento terribile. Ancora non mi avevano diagnosticato la MCS, non sapevo cosa mi stesse portando via non solo il lavoro, ma anche una vita normale. Mi mettevo in malattia, poi rientravo, e subito tornavo a stare male. Alla fine mi sono licenziata adducendo gravi motivi personali. Non volevo farmi compatire”. È da allora che Cristina ha iniziato a vivere per lo più chiusa in casa.
Senza sapere perché stai male
All’inizio di tutto, quando si manifestarono in lei i primi sintomi consistenti in dolori diffusi per tutto il corpo, si pensò ai reumatismi. Gli esami del sangue cui Cristina si sottopose rilevarono una situazione fortemente infiammatoria: la proteina C-reattiva e i linfociti avevano valori altamente sballati. La cura a base di cortisonici, però, non sortì alcun effetto. Successivi esami esclusero che si potesse trattare di disturbi reumatici: non era né artrite, né fibromialgia.
Poi, tutte le mucose iniziarono a infiammarsi. Le pomate prescritte dai medici, però, anziché farle bene, le facevano danno. “A un certo punto, le ho messe da parte e ho fatto ricorso ad impacchi con acqua, argilla e bicarbonato, vedendo qualche progresso”. Ovvio: la MCS, che in quel momento in Cristina era ancora allo stadio iniziale, reagiva di fronte alle sostanze chimiche contenute nelle pomate, ma non alle sostanze naturali degli impacchi. Ma questo Cristina non poteva saperlo, perché né lei, né i suoi medici sapevano nemmeno che esistesse, quella malattia. La quale, nel frattempo, continuava a peggiorare.
“Ben presto inziarono le sudorazioni. In determinati ambienti e vicino a determinate persone, iniziavo a grondare e a stare molto male”. I medici brancolavano nel buio. Le dissero che poteva trattarsi di menopausa, ma gli esami lo esclusero. Ecco allora che arrivò l’ipotesi che il problema fosse in testa: stato d’ansia, forse depressione. Cristina non si sentiva ansiosa né depressa. Però voleva sapere e, sempre più confusa, si rivolse a uno psicologo, il quale non rilevò in lei alcuno stato ansioso né depressivo.
Il valzer degli specialisti che Cristina è stata costretta suo malgrado a ballare vide a quel punto l’entrata in scena di un endocrinologo, il quale, dopo gli esami alla tiroide e al fegato, non rilevò alcunché di anomalo. Fu il caso a dare una mano. Proprio in occasione d’una visita presso l’endocrinologo, Cristina ebbe un nuovo forte attacco: sudorazione copiosa e malessere generale. Il medico ebbe un’intuizione, e pensò di portare Cristina fuori, sul suo balcone. Dopo un po’ l’attacco passò e l’intuizione nel medico si rafforzò: nella sala d’aspetto dello studio si trovava un profumatore, e lo specialista ipotizzò un collegamento tra questo e l’attacco di Cristina. Ecco finalmente la parola fino a quel momento mai pronunciata: “reazione”. Ci si stava lentamente avvicinando a capire cos’aveva davvero Cristina.
Verso quelle tre parole
L’endocrinologo la mandò da un affermato allergologo di Firenze, il quale, sulla base di una serie di esami, rilevò nell’organismo di Cristina una situazione “di cumulo”. Partendo da una predisposizione esistente (la mappa cromosomica di Cristina, rivelarono gli esami, è caratterizzata dalla mutazione significativa di due geni), l’esposizione a determinate sostanze - che in quel momento non vennero ancora identificate con quelle chimiche in generale - aveva portato alla lunga all’intossicazione del sistema immunitario di Cristina. L’allergologo fiorentino decise di puntare tutto sulla dieta: senza nichel, senza stamino-liberatori, senza lievito, senza conservanti, né coloranti, né latte. In pratica, Cristina iniziò ad andare avanti solo a riso e pollo. La situazione però migliorava solo di poco, gli attacchi restavano. Nessuno parlava ancora di MCS.
La svolta decisiva arrivò a fine 2008, quando un medico amico di famiglia raccontò a Cristina di aver sentito parlare, ad un convegno in Massachusetts, di una malattia che comportava molti dei sintomi di cui lei soffriva. Fu la prima volta in vita sua che Cristina sentì pronunciare quelle tre parole: Sensibilità Chimica Multipla. L’amico le fornì anche il nome del principale specialista italiano che se ne occupava, il prof. Giuseppe Genovesi, immunologo al Policlinico Umberto I di Roma. Cristina in quel momento si era già licenziata ed aveva iniziato a limitare i suoi spostamenti: decise quindi di chiedere a Genovesi una visita a domicilio, a proprie spese.
Nell’estate 2009 la visita conferma l’ipotesi. Genovesi fa la sua diagnosi: è MCS. Finalmente Cristina sa di cosa è malata. “E questa - ci dice - è già una conquista. Sono tanti, infatti, quelli che non arrivano mai a sapere di avere la MCS. Finiscono per essere considerati e per considerarsi mezzi matti, e peggiorano fino a morirne”. Individuato il male, però, i problemi non finscono, anzi. Perché la MCS è una malattia brutta. Perché la MCS è la malattia che non c’è.
Trentino assente
In Italia ci sono oggi, oltre a Cristina, un’altra ottantina di casi di MCS ufficialmente diagnosticati. Una cifra che probabilmente rappresenta solo la punta di un iceberg. La MCS è infatti una patologia che, nonostante i primi studi internazionali che ne parlano risalgano agli anni ‘90, nel nostro Paese resta ancora pressoché misconosciuta. Benché sia stata citata già nel 2001 come problema emergente nelle “Linee guida per la tutela e la promozione della salute negli ambienti confinati” approvate con un accordo tra Regioni, Province autonome e Ministero della Salute, ad oggi sono solo quattro quelle che l’hanno riconosciuta come malattia rara: Toscana, Emilia-Romagna, Abruzzo e Lazio. Il Trentino non c’è.
“Tengo a precisarlo: la MCS esiste, ed esistono, anche da noi, persone come la signora Cristina che ne sono affette”. A parlare è il dottor Romano Nardelli, direttore del reparto di Pneumologia dell’ospedale di Arco, colui che nella nostra provincia può essere considerato il primo referente in materia. “Tuttavia - prosegue Nardelli - si tratta di una patologia dalla diagnostica molto complessa. Non esiste un caso uguale all’altro, non c’è ancora chiarezza definitiva tra cause ed effetti, le sostanze scatenanti possono essere innumerevoli, non esistono ancora esami di laboratorio dirimenti. La diagnosi, insomma, va fatta ad esclusione, e l’identificazione resta difficile”.
Resta comunque il fatto che quattro Regioni l’hanno riconosciuta...
“Penso che anche in Trentino andrà fatta una scelta del genere. L’Azienda Sanitaria sta lavorando a un progetto di osservatorio allergologico provinciale: si può prevedere che in questo contesto l’MCS possa essere approcciata in modo specifico e riconosciuta, evitando ai malati i disagi che il mancato riconoscimento comporta”.
Cristina ne sa qualcosa. Il prof.Genovesi le ha prescritto degli esami che permetterebbero di capire meglio lo stato della sua intossicazione, ma Cristina ha grosse difficoltà a farli. Il suo sangue andrebbe spedito a Roma, in un istituto in grado di analizzarlo, ma il mancato riconoscimento trentino dell’MCS come malattia rara non permette alle strutture sanitarie provinciali di spedire a Roma i prelievi di Cristina. Lei dovrebbe farlo a sue spese, ma non riesce a trovare un corriere disposto a spedire in sicurezza prelievi di sangue per conto di privati. E di affrontare la trasferta a Roma, per Cristina non è nemmeno pensabile parlare.
Il disagio da mancato riconoscimento della malattia si aggiunge quindi al disagio, già enorme, dovuto alla stessa. “I medicinali che mi ha prescritto il prof. Genovesi non sono mutuabili, e io spendo 60 euro al mese per comprarli, ma questo è il meno. Se è vero che di MCS non si guarisce, è vero anche che è possibile gestirla con periodici interventi di disintossicazione: negli Stati Uniti, dove la malattia è stata riconosciuta per prima, esistono cliniche appositamente dedicate a questo. Qui da noi, invece, per un malato di MCS è difficile anche solo entrare in una qualunque struttura sanitaria senza rischiare di venire in contatto con le sostanze chimiche scatenanti. Le umiliazioni sono ordinarie. Quando provo a spiegare che malattia ho, in genere vengo snobbata: mi capiscono di più se dico che ho l’asma”.
Nonostante la malattia, Cristina è rimasta una persona solare. Lo sconforto non riesce a cancellarle di bocca il sorriso col quale mi aveva accolto e ora mi congeda. Lo ricambio, e il nostro ultimo contatto è all’insegna del nascondere: io nascondo la grande tristezza che provo per la sua condizione, lei nasconde se stessa dietro la porta di casa, per evitare il contatto con quello che è diventato il pericoloso “mondo di fuori”.
Cosa c’è da sapere sulla Sensibilità Chimica Multipla (MCS)
Cause (dal documento col quale il prof. Genovesi ha diagnosticato la MCS a Cristina).
Secondo molti scienziati, la MCS comincia dopo un’esposizione iniziale. [Essa] può essere un’esposizione chimica o un’infezione seria da virus in un adulto o [...] un evento traumatico. Agenti scatenanti più comuni sono da considerarsi i solventi, i disinfettanti, gli insetticidi, i pesticidi, il fumo di sigaretta, i fumi di asfalto, le colle e le vernici. È importante sottolineare che soltanto pochi, all’interno di un gruppo di persone esposte allo stesso prodotto chimico, sviluppano la sensibilità chimica che caratterizza la MCS.
Sintomi (dal documento col quale il prof. Genovesi ha diagnosticato la MCS a Cristina).
I sintomi da MCS il più delle volte segnalati sono: difficoltà nella respirazione, tosse secca, polipnea, costrizione toracica, tachicardia, irritazione delle mucose degli occhi, naso, gola, fatica cronica, nausea e vomito, disturbi gastrointestinali, dolori ai muscoli e alle articolazioni, dermatosi, dermatiti da contatto, orticaria ed altre forme di eruzione cutanea, vertigini, difficoltà nella concentrazione, cefalea, alterazioni del tono dell’umore, generale indisposizione, scarsa memoria, senso dell’olfatto ipersensibilizzato. L’impossibilità di individuare con precisione le fonti di disturbo, e quindi di prevenire, rende estremamente complessa la frequentazione di qualsivoglia ambiente. (dal documento col quale il prof. Genovesi ha diagnosticato la MCS a Cristina)
Oggi in Italia i soggetti cui è stata diagnosticata la MCS sono circa 80. Ma il dato è sottostimato, a causa dello scarso riconoscimento della malattia.
Le principali tappe del riconoscimento in Italia
- 21 aprile 2004: l’Onorevole Augusto Battaglia (DS) presenta un’interrogazione parlamentare sulla MCS.
- 3 giugno 2004: l’Onorevole Angelo Bonelli (Verdi) presenta alla Regione Lazio una proposta di legge per MCS.
- 7 luglio 2004: l’Onorevole Massimo Grillo (UDC) presenta un question time alla Camera per il riconoscimento della MCS come malattia rara.
- 30 giugno 2004: il Consiglio Regionale della Lombardia approva una mozione per il riconoscimento della MCS.
- 3 novembre 2004: il Consiglio della Regione Lazio approva una mozione per il riconoscimento della MCS.
- 20 dicembre 2004: la Regione Toscana riconosce la MCS come patologia rara.
- 17 gennaio 2005: la Regione Emilia Romagna riconosce la MCS come patologia rara.
- 15 febbraio 2005: la Regione Abruzzo riconosce la MCS come patologia rara.
- giugno 2006: gli Onorevoli Ugo Lisi, Gianni Mancuso, Angela Napoli e Giulio Conti di AN presentano una interpellanza alla Camera per il riconoscimento della MCS
- dicembre 2008: il Consiglio Regionale del Lazio riconosce nell’art. 50 della legge finanziaria la MCS come malattia rara e prevede l’apertura di un centro di riferimento per la diagnosi e terapia.
Per saperne di più
- Sos Utenti - associazione di tutela del consumatore
- Amica - Associazione per le Malattie da Intossicazione Cronica o Ambientale