Il futuro di Grisenti
“Io ci sono. E ci sarò sempre. Tornerò per mettermi al servizio della comunità”. Con queste parole Silvano Grisenti aspetta il 16 aprile, giorno della sentenza di primo grado del processo Giano bifronte che lo vede imputato con l’accusa di corruzione, truffa e concussione. Come avviene sempre in questi casi, anche Grisenti manifesta sicurezza e serenità e prepara alla grande il suo rientro sulla scena pubblica in caso di assoluzione. Si vedrà, la parola spetta esclusivamente ai giudici a cui compete esaminare la faccenda nei sui risvolti penali.
Noi possiamo invece fare qualche riflessione dal punto di vista politico e culturale. Grisenti non ha mai smesso di occuparsi di politica negli ultimi mesi. E da par suo, secondo il modello che lui stesso rivendica, quello dell’amicizia personale, il modo migliore per “risolvere i problemi della gente”. Si dice che davanti alla porta del suo ufficio in Regione ci siano postulanti che attendono di avere aiuto e consiglio “dal Silvano”.
Ma il suo impegno è anche sul campo. Nelle trattative, molto spesso serrate, per la prossima tornata elettorale delle amministrative di maggio, l’ex presidente dell’Autobrennero ha detto la sua sia personalmente sia attraverso il plenipotenziario Mauro Betta. Essi rappresentano, insieme agli assessori Gilmozzi e Mellarini, l’ala centrista dell’UPT, che ha lavorato nei Comuni con più abitanti per presentare all’elettorato una soluzione al governo provinciale. diversa da quella del centro-sinistra autonomista. Una prospettiva di corto respiro, già risultata fallimentare in questi anni che però la dice lunga sulle difficoltà di Dellai e sulle possibili manovre in vista del 2013. Qualora però in questi tre anni il quadro nazionale mutasse col tramonto di Berlusconi, non è escluso un abbraccio Grisenti-Malossini all’insegna del peggiore amarcord.
Se assolto, Grisenti tornerà ad essere l’uomo chiave di questa partita. Tornerà a fare politica, magari ricoprendo nel frattempo qualche incarico in uno dei molteplici enti provinciali i cui vertici scadono quest’anno. Si impegnerà nel partito, l’UPT, nella ricostruzione organizzativa di una macchina che fa acqua da tutte le parti, somma di tanti potentati locali, con unico momento di sintesi la figura del presidente della Giunta, peraltro di non lontana scadenza. Grisenti potrebbe puntare addirittura alla successione di Dellai.
Ma è proprio così? È tutta una questione di apparati e nomenclature? Chi vive dentro il palazzo ragiona in questo modo e vive con apprensione il possibile ritorno di Grisenti, dando per scontato che possieda ancora l’influenza che aveva ai tempi d’oro. Occorre domandarsi se il sistema magnadora, il vischioso paternalismo che lega il potere provinciale con gli imprenditori amici passando per i compiacenti enti locali, sia ancora popolare fra i trentini; se il sottobosco di appalti pubblici, promesse di voti, contributi a comuni e parrocchie, commistione con interessi privati, pacche sulle spalle rappresenta ancora l’anima profonda della struttura di potere provinciale.
Nelle ultime elezioni questo modello è entrato visibilmente in crisi: il più territoriale degli esponenti del partito della spressa, Adelino Amistadi, non è entrato in Consiglio. Ma anche alle elezioni precedenti si era visto che lo stesso Grisenti, per quanto supportato dai miliardi pubblici da lui controllati, aveva ragranellato “solo” 11.600 preferenze, decisamente meno delle 15.300 di Pacher, che di miliardi ne controllava zero, per non parlare delle mitiche 36.000 di Malossini nell’88. E più in generale, la parola magnadora e il concetto che esprime è diventato un sinonimo di malaffare, a evidenziare un Trentino che si vuole più moderno, o anche forse solo più dignitoso.
Questo ci sembra il tema di fondo. Grisenti - come a un altro livello Bertolaso - si è mosso all’interno di un punto di debolezza della Pubblica Amministrazione: incapace di soddisfare compiutamente l’esigenza di efficienza e quella di trasparenza. Aggirando le farraginose leggi sugli appalti, creandosi un sistema di imprese amiche e tagliando fuori le altre, Grisenti ha garantito lavori pubblici celeri, ben fatti, a costi accettabili. Poi c’è il rovescio della medaglia: un sistema delle imprese non concorrenziale, fragile, dipendente dalla politica; un potere che vive di arroganza, detesta la trasparenza e gradatamente si allontana dalla democrazia; in vista dell’inevitabile passo successivo, l’arroganza corruttrice che se ne infischia anche dell’efficienza.
Parte della società può essere attratta dal mito dell’efficienza incurante delle regole, e non disdegnare un sistema in cui, se sai essere amico delle persone giuste, sei a posto. Noi confidiamo che sia una minoranza: in nome della dignità e del futuro.