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Una famiglia “a catena”

Storia, evoluzione e vicissitudini di un nucleo famigliare molto allargato. Da “Una Città”, mensile di Forlì.

Marzia Bisognin

L’altro giorno ho chiamato mio figlio: "Mi passi papà?", e ho sentito che diceva: "Papà, c’è tua moglie al telefono". E lui: "Mia chi…?", al che gli ho detto: "Ma io non sono la moglie di papà, non mi sono mai sposata"; "Sì, lo so che non ti sei mai sposata, ma allora tu chi sei per lui?".

Così ho cercato di spiegargli che non c’è un nome. O sono definibile come madre di suo figlio o come sua ex fidanzata, ex moglie, quell’accidenti che è. C’è una parola per tutti i rapporti di parentela possibili, ma non ce n’è una che definisca non solo le nuove possibili relazioni di parentela in questo nuovo tipo di famiglia che comincia a diffondersi, ma nemmeno di una cosa scontata com’è il legame genitoriale. O sei la moglie o il marito, oppure l’ex. "Famiglia a catena" è un espressione inventata da mia figlia quando era alle elementari. Le due sorelle sono molto vicine di età, ma una tendeva a non raccontare troppo i fatti suoi, invece la piccola raccontava tutto a tutti. Mi metteva anche in imbarazzo: "Allora mamma, tu prima hai fatto l’amore con papà e sono nata io, o prima hai fatto l’amore con Luciano ed è nata Amaranta?"; oppure come saliva in autobus si metteva davanti e iniziava a dire all’autista: "Sai, io sono andata a Roma a trovare mio fratello", "Ah, tu abiti a Roma?", "No, io abito a Bologna con mia sorella". "E come mai hai un fratello a Roma?", "Allora: mio papà prima ha fatto l’amore con un’altra ed è nato mio fratello, poi dopo con mia mamma e sono nata io. Però, poi, prima mia mamma aveva fatto…". L’espressione "famiglia a catena" le è saltata in testa alle elementari facendo quei compiti tipo: "La mia famiglia", e lei non sapeva come fare, malgrado allora la nostra situazione familiare fosse più semplice. Allora aveva cominciato a fare lo schemino; anche se faceva un tema, alla fine disegnava lo schemino, una specie d’albero genealogico: questo con quella, questa con quell’altro…, e così ha visto che era un legame di catena: a uno è legato un altro, a cui è legato un altro ancora e così via. Anche perché in questo gruppone ci sono tanti figli, ma nessuno ha lo stesso padre e la stessa madre di un altro. In un certo senso sono tutti figli unici, ma poi hanno tutti dei fratelli.

Volete che vi faccia l’albero genealogico? Io ho tre figli con tre padri diversi. Il padre di mezzo, cioè quello della mia figlia di mezzo, a sua volta ha un figlio, che quindi è il fratello di mia figlia, con un’altra donna, la quale ha altri due figli con altri due uomini. Questa è la struttura base: tre uomini per lei e tre uomini per me, dei quali, però, uno è in comune, quindi fanno cinque uomini, due donne e sei figli. Adesso la cosa si sta complicando perché il padre della mia figlia maggiore, che aveva solo lei come figlia, sta facendo un’altra figlia con una donna che, a sua volta, ha un altro figlio, già grande, con un argentino. Inoltre mia figlia, nel frattempo, ha fatto un figlio. Quindi sta entrando la terza generazione di questa aggregazione bizzarra.

Li ho allevati tutti i miei figli. La cosa è cominciata normalmente: ho avuto una figlia nel ’78, senza sapere cosa avrei fatto, e mai mi sarei immaginata che sarebbe andata in questo modo. Non mi ero sposata, non avevo idea di fare una famiglia normale, questo è vero, ma erano gli anni del movimento, della contestazione anche della struttura familiare tradizionale. Finché il matrimonio doveva essenzialmente salvaguardare il benessere dei figli, la famiglia era l’unico microcosmo di riferimento possibile, altrimenti eri una zitella o una disadattata; così nel nome della famiglia si sacrificavano molte cose. Il problema è che noi volevamo anche l’amore, volevamo delle relazioni che funzionassero, che fossero vitali, non volevamo solo "sistemarci". Spesso, purtroppo, le separazioni, anche con figli, non vengono gestite bene perché non si è mai creata una cultura del passaggio dalla storia d’amore esistente alla storia d’amore finita. E’ significativo che, come dicevo, manchino le parole. Non esiste proprio una cultura della relazione. O rimani sposata col padre di tuo figlio anche se non funziona, oppure ti devi arrangiare.

Allora, quando io ho fatto questa figlia e la storia, dal punto di vista sentimentale, non ha funzionato più, mi sono sentita persa: avevo tutta la famiglia contro, mia figlia era molto piccola e gestire una separazione a 21 anni con il mondo intero contro, già è un dramma anche senza un figlio. Persa per persa, mi sono innamorata di un altro, il quale aveva già un altro figlio di un anno. Quindi mia figlia e suo figlio erano coetanei. Anche lui aveva avuto le sue vicissitudini di separazione, e dopo un anno mi sono ritrovata che aspettavo un’altra figlia, mentre la storia con suo padre cominciava già ad andare in crisi. Sono stati anni difficilissimi: oltre ad avere tutti contro, non vedevo una via di uscita. Ero sola, e non sapevo più cosa aspettarmi.

Mi prenderete per una pazza; ma era stata una storia molto passionale, e si sa che le passioni sono così; per me era la prima volta che sperimentavo una cosa del genere. Quindi mi sono ritrovata con due figlie piccole, di cui una anche piuttosto malata, senza casa, senza lavoro e due separazioni alle spalle. Sono stati anni durissimi. Mia madre mi ha molto aiutato, però il suo giudizio su di me era categorico: da lei, e da tutti, venivo considerata una pazza. Però a quel punto si è stretto il primo anello della catena: è nato un rapporto di amicizia tra me e Pia, la donna che stava con Franco prima che si mettesse con me e che gli aveva dato un figlio; la madre, quindi, del fratello di mia figlia. Ci siamo conosciute e siamo diventate amiche. Tanta gente mi chiede: "In fondo lei era la ex moglie, possibile che non ci fossero gelosie?". Ovviamente sì, stiamo parlando di persone normali, però pian piano si è costruito un rapporto, perché tutte e due avevamo bisogno di qualcosa a cui fare riferimento, di avere delle persone intorno, un legame che andasse al di là della relazione sentimentale, un legame familiare, appunto. Ecco, questo è stato il primo anello della catena, a cui poi è seguito tutto il resto. La famiglia si è formata sull’aggregazione di due donne.

Poi i bambini, crescendo, sono stati il cemento principale, perché per loro questa famiglia è stata uno scudo, anche alla loro diversità, perché indubbiamente sono stati sempre dei diversi; si parla tanto delle famiglie di separati, però a scuola di mio figlio non è che ce ne sia questo gran numero. Per loro, quindi, questa famiglia che passava tutti i Natali insieme, che per le vacanze estive comunque un appuntamento se lo dava sempre, è stata fondamentale; e infatti ci sono legatissimi. Poi gli adulti si sono adeguati, sono stati anche un po’ trascinati, ma poi sono cresciuti i rapporti personali: essere in un gruppo che in qualche modo ha condiviso anche i letti oltre al resto cementa molto, sono legami profondi.

Nel corso degli anni gli equilibri sono pure cambiati. Ci sono stati anni in cui io e Pia eravamo legatissime, facevamo le vacanze insieme, eccetera, adesso molto meno. Gli equilibri cambiano per tanti motivi, però anche se ci si vede meno di prima, è ormai una struttura che non viene messa in discussione da nulla. La famiglia ha anche la caratteristica di essere una presenza che non devi coltivare necessariamente tutti i giorni. E’ come un albero: una volta che ha messo radici profonde, sì, lo devi curare, ma non è che devi stare lì a potarlo, a zappettare la terra tutti i giorni. Una volta che l’albero ha messo radici profonde, uno sa che c’è, va volentieri a sdraiarsi nella sua ombra dopo essere stato al sole, però non ha neanche voglia di stare sempre lì. Anche perché poi ognuno di noi, nel frattempo, si è fatto la sua vita. (...)

I ragazzi questa famiglia l’hanno sempre vantata: "Noi abbiamo una grande famiglia, a Natale siamo in tanti, da noi viene Babbo Natale in persona". In effetti per ritrovarci tutti insieme abbiamo mantenuto come punto fermo il Natale. Siamo andati a farlo fino in Costa Rica, e non ricordo più quanti eravamo all’epoca. Altrimenti lo facciamo a casa di Franco. Ecco, se è vero che il rapporto tra me e Pia, durante i primi anni, è stata un po’ la relazione che ha cementato l’unione dei due tronconi, la casa di Franco è stato sicuramente il luogo che in seguito ha permesso che questa cosa avesse un posto di riferimento preciso, in particolare per il Natale. La tradizione vuole che la notte di Natale, la sera del 25 si ceni e poi arrivi Babbo Natale. Tranne quando ci sono dei bambini piccoli, perché allora Babbo Natale arriva prima di cena. A volte Babbo Natale arriva davvero, compare sul tetto. Tutti ricevono regali da tutti, quindi si parla di montagne di regali. Un anno solo ci siamo detti: "Basta questo dispendio di soldi, facciamo i regali solo ai bambini". Una tristezza!

Io sono nata in una famiglia patriarcale, e fino a sei anni ho vissuto in una famiglia di dodici persone, in campagna, a Bagnarola. Erano emigranti veneti, emigrati tra le due guerre, e io vivevo con mio nonno, mia nonna, i figli, e le mogli e i mariti dei figli e i cugini. Eravamo in dodici. Essendo poi una famiglia di emigranti, la lontananza si sentiva e anche la differenza culturale era forte, e quindi si tendeva a vivere come in un’isola, molto unita e isolata. Siamo stati lì fino a che io avevo sei anni. Ricordo quei primi anni della mia vita come il paese dell’eden. Poi mia madre volle andar via.

Adesso mi rendo conto che quella famiglia era anche una grande prigione, un ostacolo micidiale alla crescita individuale di ognuno di loro. C’era un controllo sociale totale. Io in una situazione così non ci vivrei, però nel mio immaginario questa grande famiglia allargata, dove stanno insieme generazioni diverse, è rimasto un grande sogno, che ho coltivato in modi diversi in tutte le fasi della mia vita: quando facevo la figlia dei fiori, e si sognavano le comuni, poi con Radio Alice; anche lì c’era questa cosa del mondo alternativo, dell’alternativa possibile sulla qualità dei rapporti personali, questa idea che "insieme possiamo fare tutto".

Non vi dico che cos’è, tuttora, per me, il rapporto con le istituzioni. Ogni volta che devo compilare un modulo è un patire. Ne ho compilati a centinaia in vita mia, ogni volta che iscrivi i figli a scuola ci sono sempre dei moduli di questo tipo, dove devi dichiarare il reddito. E va bene, io dichiaro il mio reddito, i figli a carico, e anche se nel mio stato di famiglia ci sono quattro persone con quattro cognomi diversi, arrivederci e grazie. Ma adesso chiedono spesso pure il reddito del padre, anche se si è separati. Cosa faccio? Ne ho tre, presento il reddito di uno solo dei tre? Allora tutte le volte telefono: "Scusi, ho tre figli con tre uomini diversi e non vivo con nessuno dei tre. Cosa devo dichiarare? Il reddito di tutti e tre? Quello che ha il reddito più alto, quello che ha il reddito più basso?".

Non sono prevista. Questi casi, nonostante ce ne siano altri, non sono previsti.