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Cementificazione

I continui misfatti della “densificazione” a Bolzano: ora è la volta dell'abbattimento di Casa Norden.

Ogni giorno i pochi rimasti in città fanno il tam tam delle case abbattute: edifici degli anni Trenta in via Zara, in via Manci; in via Talvera una casetta con l’unico giardino storico rimasto trasformato in un enorme palazzone di uffici e abitazioni, a ridosso del centro, con prezzi da capogiro. Il fenomeno è così diffuso, tale lo sterminio dell’immagine tradizionale, che perfino il giornale Alto Adige, di solito restio, ne dà qualche volta notizia.

Casa Norden. (foto di Diego Delmonego)

Il tavolo del centrosinistra, i cui principali esponenti abitano fuori città oppure a Gries, dopo un lungo silenzio ha riconosciuto che il problema forse esiste e che la disaffezione degli elettori e delle elettrici forse ha a che fare anche con questo massacro urbanistico che peggiora la qualità della vita di una parte considerevole della città. Tuttavia, a metà agosto, un esponente di punta fa sapere che nei quartieri si vive meglio che nelle periferie delle metropoli italiane: viale Europa e via Ortles non sono la Magliana! Non risulta che qualcuno abbia detto questo, ma comunque è sempre meglio polemizzare con largo anticipo nel caso che a qualcuno venga in mente di farlo.

Intanto i cittadini del capoluogo, che per due terzi vivono nei "quartieri" (una città fatta di sola periferia?), assistono con orrore al fiorire postumo della politica della "densificazione" e vedono spuntare fungoni di cemento e distruggere i luoghi della memoria che danno luogo a edifici di dimensioni postbelliche.

Nell’estate sonnolenta sia per gli sbalzi climatici sia per l’insopportabilità di un rituale di riunioni di uomini abbronzati in maniche di camicia dedicate a questioni incomprensibili, finalmente si apre uno spiraglio e il candidato sindaco piovuto dal parco dello Stelvio e dalla profonda DC a salvarci dalla deriva berlusconiana, condita di gestacci e di toupet, ammette finalmente che qualche problema c’è. Tuttavia sembra che gli abbiano già fatto credere che i due nuovi quartieri, Firmian e Casanova, saranno bellissimi. Di Firmian già si vedono i casermoni, e gli esperti hanno già parlato esplicitamente di "ghetto". Secondo chi scrive, architetti e politici dovrebbero vivere nelle case che costruiscono o fanno costruire, ma dicono che sia demagogia chiederglielo.

Poiché i giornali dividono gli spazi fra destra e sinistra e i cittadini rimangono fuori, chiedo ospitalità a QT, perché rimanga traccia di una città sacrificata sull’altare dell’amicizia fra politici e costruttori. Perché rimanga memoria di luoghi che sono punto di riferimento per generazioni. Che nessuno pensa che possano sparire. E tuttavia spariscono, fra una campagna elettorale e l’altra, con il rumore delle pachere coperto dal chiacchiericcio degli aspiranti assessori, sindaci, eccetera.

Ecco la prima lettera dedicata a casa Norden.

Sarà abbattuta la casa del 1911 di via Firenze, opera dell’architetto Walter Norden. All’angolo fra via Verona e via Firenze esiste - ancora per poco – uno dei due soli edifici della zona a sud di via Druso preesistenti al fascismo. E’ intavolato come particella ed. 390/2 – Gries. L’altro è anch’esso in pericolo, si tratta di un piccolo maso cui si accede da via Vicenza.

Casa Norden: il progetto dell’architetto Walter Norden (1911).

Sulla particella 390 esisteva nel 1904 un fienile. Fu ristrutturato e ingrandito nel 1911, a palazzo di abitazione e albergo (Wohn- und Gasthaus) con concessione rilasciata alla proprietaria Theres Mayr, Eichbergerhofbesitzerin.

Il progetto, del febbraio 1911, era dell’architetto Walter Norden, cui si deve anche un edificio situato in via Piave 8, costruito nel 1912/13, e qualche anno fa restaurato dalla Provincia e adibito a uffici. In quegli anni giovanili, Norden, che in seguito lavorò in Austria e Germania, realizzando edifici nelle stile della "neue Sachlichkeit", si ispirava al locale stile "Oltradige".

Nel 1911, nel rilasciare la concessione edilizia, il sindaco Perathoner pose una serie di severe condizioni, riguardanti le distanze dai confini, il rafforzamento del muro portante sia nel piano terra che nella cantina, prescrizioni di carattere igienico e di tutela dei frutteti dei vicini da eventuali furti nel periodo della costruzione. Ai vicini, si capisce dalla lettera indirizzata alla proprietaria, doveva essere garantito l’accesso dalla stradina cui si accede dall’attuale via Firenze; e infine l’edificio non poté essere abitato prima del rilascio dell’abitabilità.

Tanta severità non c’è stata un secolo dopo, quando sono stati presentati i progetti di abbattimento e ricostruzione. I vicini, informati dal Comune, non hanno reagito, e quindi il progetto è stato approvato. La commissione urbanistica ha accettato senza rilievi prima un progetto che prevedeva l’abbattimento e la ricostruzione "in stile", un’operazione umiliante dal punto di vista culturale, e poi, sempre senza rilievi, un nuovo progetto che prevede uno dei soliti edifici a balconi pieni e tetto piatto che qualificano lo squallore della Bolzano della "densificazione". Trenta appartamenti e trentuno garages, si punta al "tanto" e si abbatte senza aprir bocca il bel palazzo storico con i suoi balconi rotondi, gli abbaini, costruito ispirandosi alla tradizione locale. In tutto il quartiere non esiste un tetto piatto, anche le costruzioni nuove hanno tetti spioventi.

Come è potuto accadere?

Come è potuto accadere che la Sovrintendenza alle Belle Arti non abbia messo sotto tutela questo raro edificio sopravvissuto di un’epoca, opera di un architetto nient’affatto mediocre?

Come è potuto accadere che la commissione per la Tutela degli insiemi (Ensembleschutz) non abbia ritenuto degno di tutela questa grande casa, che da un secolo caratterizza la zona, tanto da essere un punto di riferimento della memoria collettiva degli abitanti del quartiere?

Come è potuto accadere che i componenti della commissione urbanistica del Comune non abbiano pensato neppure un istante alla gravità di ciò che facevano, distruggendo l’ultima traccia storica della città prefascista a sud di via Druso?

Perché non si è deciso per la ristrutturazione, invece che per la distruzione? Eppure si potevano permettere modifiche che garantissero il recupero e il maggiore guadagno (finora la casa, che è divisa in appartamenti, è stata abitata e vi sono ancora due inquilini).

L’iter è silenziosamente giunto al termine. Ancora una volta la decisione diviene nota quando la commissione urbanistica ha finito. I proprietari si apprestano legittimamente a realizzare il loro progetto. Tutti dicono che è troppo tardi.

Eppure non si può accettare che questa grave distruzione di bellezza e memoria avvenga senza che se ne parli, senza che un’ultima volta si invitino gli abitanti del quartiere ad alzare gli occhi su questa casa, la cui distruzione porterà una nuova irreparabile perdita di qualità urbana.

Gli abitanti del quartiere, non interpellati dal Comune, aspettano con angoscia ed esprimono civile dissenso. Il presidente del Heimatpflegeverband, Peter Ortner, colpito dalla notizia dell’abbattimento dell’edificio storico, chiede attraverso la sua associazioni di tutela del patrimonio culturale la tutela.

Ma riuscirà casa Norden a sopravvivere all’estate?