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Condono “leggero”: un atto dovuto?

Un provvedimento “per fare cassa” che in passato si è rivelato pericoloso e deludente.

Elisa Goffredo

La Legge Finanziaria per l’anno 2004 ha riaperto i termini del condono edilizio del 1994 attraverso la previsione di una nuova sanatoria che lascia aperti degli spazi di riflessione in materia di tutela del territorio italiano, già duramente deturpato dall’abusivismo edilizio e dallo sfruttamento illegale del suolo. Nel corso dell’ultimo decennio, infatti, proprio il 1994 è stato l’anno peggiore per l’illegalità ambientale in Italia, quando il condono portò il numero delle case abusive sopra le 80.000 unità, confermando così la propria tendenza ad innescare una escalation a posteriori difficilmente controllabile.

A questa prima considerazione vanno aggiunti i dati emersi dalla classifica nazionale del mattone illegale, guidata, nel 2002, dalle regioni del Mezzogiorno, ovvero dalla Campania (5.925 costruzioni abusive), seguita dalla Sicilia (4.250), dalla Puglia (3.820) e dalla Calabria (2.919). Ciò dovrebbe far riflettere, poiché siamo in presenza di reiterati attentati all’ambiente che si consumano principalmente in quelle zone d’Italia ad elevata concentrazione criminale.

Il bilancio dei condoni edilizi del 1985 e 1994
AnnoPrevisioniIncassi
19855,163,00
19943,562,53
Fonte: Il Sole 24 Ore - Dati in milioni di euro.

Il problema, quindi, non è solo di ordine ambientale, ma appare strettamente connesso agli elevati guadagni che le organizzazioni criminali traggono sia dall’infiltrazione nel settore degli appalti, sia dall’edificazione abusiva tramite l’attività di cantieri illegali, gestiti da pseudo-imprese che sfruttano ovviamente manodopera in nero. E’ in questo contesto che si assiste all’improvvisa costruzione di una villa nel cuore dell’Appia Antica a Roma o sullo sfondo dei templi di Agrigento, in spregio a qualsiasi vincolo di inedificabilità. Se le percentuali degli abusi edilizi nei parchi naturali, nelle aree protette e in quelle demaniali raggiungono livelli preoccupanti, sicuramente peggiore è il dato relativo alle demolizioni effettivamente eseguite: solo il 2,4% (Rapporto del Nucleo Ecologico dei Carabinieri del 1998).

Paradossalmente, compiendo un’attenta analisi costi-benefici, il condono concepito come provvedimento per fare cassa in un delicato passaggio della finanza pubblica italiana, rischierebbe di tradursi in uno strumento pagato a caro prezzo dallo stesso Stato, almeno su tre fronti. In primo luogo, il bilancio dei due precedenti condoni edilizi, ovvero quello del 1985 e quello del 1994, ha dimostrato che, rispetto a quanto si era ottimisticamente previsto di incassare tramite gli oneri di concessione, in realtà le entrate furono quasi la metà di quelle inizialmente auspicate. I Comuni, inoltre, si sono dovuti far carico della realizzazione delle opere di urbanizzazione: i condonati, infatti, rivendicano l’erogazione di servizi, in una logica che finisce per scaricare sugli enti locali costi decentrati, a fronte di entrate che invece rimarranno centralizzate.

Accanto a queste osservazioni di ordine economico, infine, va ricordato che attualmente gli uffici catastali sono ancora impegnati nello smaltimento delle pratiche del condono del 1994. E’ evidente che il nuovo condono produrrebbe ulteriori costi di ispezione, istruttoria e sistemazione delle pratiche, in chiaro contrasto con i principi di efficienza e semplificazione della Pubblica Amministrazione.

Del resto, l’urbanistica risponde a delle regole che i condoni automaticamente infrangono, perché modificano, di fatto, quanto previsto nei piani urbanistici, in netto contrasto con qualsiasi impegno di governo del territorio. L’intervento in sanatoria previsto dalla Finanziaria 2004 potrebbe definirsi "leggero", una sorta di atto dovuto nei confronti di coloro che hanno commesso piccoli abusi. In realtà, la struttura del condono, così come concepito nella manovra di quest’anno, si presenta tutt’altro che di scarso impatto ambientale. Oltre alla sanatoria delle opere realizzate su aree completamente pubbliche, si prevedono anche gli sconfinamenti in aree demaniali di opere regolarmente realizzate su aree private. Se il decreto legge 143/2003 consentiva al privato di acquisire la porzione di area demaniale su cui aveva sconfinato, ora il condono edilizio gli consentirà di sanare l’opera tout court.

L’esperienza italiana del condono edilizio suggerisce, quindi, di accompagnare ogni intervento pubblico, avente un impatto diretto sull’assetto del territorio, con la contemporanea elaborazione di strategie politiche finalizzate alla salvaguardia di quegli interessi ambientali di cui l’Italia deve continuare ad andare fiera.