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QT n. 20, 23 novembre 2002 Servizi

Il lago assediato

Lago di Valle (val di Cembra, monocultura del porfido): soffocato da cave e discariche, rischia l’interramento.

Chi percorresse la strada provinciale n. 71 tra Val di Cembra e Valsugana, qualche chilometro dopo Lases si troverebbe a costeggiare, lungo una stretta gola fiancheggiata da rampe di scarti di porfido, in parte inerbate e rimboscate (le chipe), il lago di Valle, un piccolo specchio d’acqua liquidato in poche righe perfino dai più corposi testi in argomento.

Si tratta di uno dei tanti bacini lacustri della zona lasciati dietro di sé dalle glaciazioni, alcuni ancora attivi (Lases, Canzolino, Santa Colomba, Madrano, Serraia), altri in via di estinzione (Laghestèl, Pudro), oppure recuperati artificialmente (Laghét de le Rane), o ancora ridotti a conche paludose periodicamente restituite a stagno (Clinga, Pòstel, Sfondroni, ecc.), oppure ormai relitti (Lac de la Casara, Lago di Somair, Busa dei Cervi, Palù de Redonda ecc.).

Di primo acchito il lago, schiacciato tra il dosso di San Mauro (comune di Pinè) ed il monte Gorsa (Fornace), quasi avvolto dal bosco, chiuso verso sud da un ampio canneto e con l’acqua di un color verde cupo, appare suggestivo, tanto da invitare il viaggiatore a fermarsi per dargli una rilassante occhiata.

Pochi attimi però e la delusione non tarderebbe a farsi largo: la trasparenza non va, ad occhio, oltre i 50 centimetri, non si scorgono particolari segni di vita, tipo pesci, rane o insetti, anche se qualcuno dà per certo il passaggio di aironi. Quanto al verde cupo, è dato dal riflesso del bosco circostante su un’acqua torbida e limacciosa che verso nord tende a sfumare nel marrone e nel rossiccio. L’ambiente appare fin troppo silenzioso e disturbato solo da un rumore sordo proveniente dalla sponda opposta.

Il fatto è che il lago, oltre che dai boschi, è assediato a nord e ad ovest (Santo Stefano - Monte Gorsa) da cave e discariche di porfido, da piazzali di deposito e da aziende di lavorazione, in particolare da una, quella indicata come la più diretta responsabile del degrado, piazzata a meno di 50 metri dalla riva, sicché basta un temporale o una pioggia prolungata perché il residuo sottile dell’escavazione e della lavorazione (polvere di porfido, limo e terriccio) venga dilavato nei ruscelli anche temporanei della zona e finisca nel bacino.

Risultato: lago ridotto a vasca di sedimentazione della porzione argillosa del porfido scavato ed ormai prossimo all’interramento, acqua dal colore variabile ed equilibrio idrobiologico compromesso in maniera gravissima.

L’acuto degrado dello specchio d’acqua, come quello dei boschi e dei dossi circostanti, inizia una trentina di anni fa ed è ben conosciuto da tutti, a cominciare dalle associazioni ambientaliste come il WWF, che in una sua recente nota lo definisce "il bene ambientale oggi esposto a rischio più immediato dell’intera provincia", dalla Provincia e dal comune di Fornace, nel cui territorio ricade il lago.

Il "malinconico" lago di Valle In un opuscolo edito alla fine degli anni ‘70 dall’Assessorato al Turismo e curato da Gino Tomasi, il lago di Valle viene così descritto: "Situato 625 m. di quota nel bacino idrografico del Fersina, ha per emissario il Rio Silla. Di superficie ridotta, 7.700 metri quadrati, ha una lunghezza di 185 metri e una larghezza di 62 con una profondità massima di 9 metri e media di 3. La sua origine è dovuta a sbarramento del materiale alluvionale del fiume Silla. La colorazione delle acque è bruna e la sua trasparenza di appena 2 metri. La fauna ittica è rappresentata da luccio, cavedano, anguilla, scardola, tinca". Nello stesso periodo, 1977, nel suo libro "Le valli del Trentino", Aldo Gorfer, dopo averlo definito "malinconico e pescoso", così lo descrive: "E’ un breve specchio lacustre di sbarramento alluvionale dall’acqua color verde, chiuso tra palude e roccia, alimentato - si dice - dal lago di Lases. Suo immissario è il Rio Santo Stefano; l’emissario defluisce nella Silla. Gela per l’intero periodo invernale. Sta ormai per essere raggiunto dai detriti pietrosi delle cave".

In effetti la Giunta comunale di Fornace, all’interno del suo "Studio di impatto ambientale" presentato al VIA nel giugno 2001, si occupa anche del lago di Valle, ma più che altro come corollario del piano per l’attuazione (apertura) di nuove aree estrattive. Il piano autorizza lo scavo di 5, 5 milioni di metri cubi in 18 anni, prevede una nuova "adeguata" strada per separare la viabilità produttiva da quella residenziale e, a testimonianza di buone intenzioni, il ripristino ambientale: i suoi fautori ricordano come il territorio delle cave rimboscato rispetto a quello distrutto abbia registrato un saldo attivo di ben cinque ettari e mezzo, danno ampio spazio al recupero delle aree dismesse (esaurite) e prospettano varie ipotesi per il recupero del lago, tra le quali la creazione di vasche di decantazione per i ruscelli immissari, sistemi di by-pass del bacino (con residui scaricati nel Silla-Fersina) e la creazione di aree rinaturalizzate tra le cave, in modo da dare continuità al bosco tra il lago e le zone a monte delle stesse come il Pian del Gacc.

Il Comune accenna di sfuggita a finanziamenti, senza però precisare chi dovrà tirarli fuori, se la Provincia, il Comune o gli stessi scavatori.

Tanti buoni proponimenti non convincono però il Servizio Urbanistico e Tutela del Paesaggio, cui lo Studio viene inviato nel settembre 2001. Dopo averlo esaminato, in novembre l’Ufficio VIA esprime le proprie numerose perplessità sui piani di estrazione e sugli interventi di restauro ambientale.

La prima riserva riguarda i programmati 18 anni di scavo: non è possibile oggi ipotizzare quali potranno essere a quel tempo le condizioni del territorio, condizioni su cui impostare fin d’ora un progetto di recupero assolutamente indispensabile, viste le condizioni di fortissimo degrado lasciate dietro di sé dalle cave abbandonate non solo nel comune di Fornace ma anche in quelli di Lases e Albiano.

Vengono poi espressi altri dubbi sulla quantità di materiale da scavare, tanto da far definire "praticamente virtuali" le modalità di ripristino previste. Riguardo poi al programma di rinverdimento, pur valutando positivamente l’incremento delle nuove aree boschive, l’Ufficio VIA rileva la loro eccessiva frammentazione e dunque la scarsa funzionalità come ambienti di sosta, insediamento e riproduzione della fauna selvatica autoctona.

Quanto al lago di Valle, il Servizio Urbanistico si esprime senza mezzi termini sulle cause del suo degrado e sulle modalità del recupero. Al fine di risolvere il degrado paesaggistico dovuto all’alterazione cromatica delle acque, ma soprattutto il pesante squilibrio ecologico indotto dall’intorbidamento continuo e dal deposito di materiali fini sui fondali lacustri, si ritiene assolutamente indispensabile la rimozione completa e sollecita dell’area di lavorazione adiacente al lago.

Quanto agli accorgimenti suggeriti dal piano per ripristinare l’ambiente lacustre, il VIA confuta con determinazione le proposte: a vasche di decantazione, by-pass e provvedimenti di valorizzazione sono certamente preferibili interventi di rinaturalizzazione con la formazione di ambienti filtranti secondo il metodo del lagunaggio fitodepurante.

In conclusione il VIA, pur valutando positivamente lo sforzo di pianificazione complessiva dell’area, ritiene che attività di forte impatto complessivo, tanto più se protratte per tempi così lunghi, risultino in ogni caso difficilmente compatibili con la tutela paesaggistica ed ambientale del territorio interessato. Sembra quasi il "De profundis" per un certo modo di pensare il porfido….

Il WWF già da qualche anno segnala con petizioni e note ai media e alle massime autorità provinciali la quasi irreversibile agonia del bacino di Valle, ma finora senza alcun risultato. Nel suo ultimo documento, l’associazione ambientalista ricorda ad Iva Berasi, Roberto Pinter, Marco Benedetti e Marco Scenico (sindaco di Fornace nonché proprietario di cave e del lotto 2 ai Pianacci di Lases) che in base all’articolo 146 della Legge 8 agosto 1985 numero 431, i laghi ed i territori contermini compresi in una fascia della profondità di 300 metri costituiscono beni ambientali tutelati. La tutela del lago di Valle ed il recupero dell’originario stato dei luoghi risultano d’altro canto del tutto irrealizzabili perdurando la situazione attuale. In base alle competenze statutarie, spetta indiscutibilmente alla Provincia il compito di porre senza indugio in essere le indispensabili misure per l’allontanamento dello stabilimento di lavorazione del porfido oggi collocato sulle rive del lago e per il necessario risanamento.

Ancora una volta non resta che aspettare ma questa volta non troppo: il lago non è in grado di resistere altri 18 anni e ad altri 5,5 milioni di metri cubi di porfido.