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QT n. 20, 23 novembre 2002 Servizi

Rifiuti, Jumela, aeroporto, ecc.: la solita liturgia

La questione dell’inceneritore come compendio didattico: ecco tutti gli “errori” scoperti nel corso di quest’anno.

Giorgio Rigo

La vicenda dell’inceneritore, come la quasi totalità delle scelte strategiche per lo sviluppo della nostra provincia, si sta orientando risolutamente verso la farsa tragica.

La liturgia è sempre la medesima: che si tratti dell’aeroporto Caproni, della bretella di Mori, degli impianti in val Jumela, di un piano faunistico o di parco, non vi è differenza alcuna. La stanca ripetizione degli stessi ottusi passaggi ed errori è in corso per l’inceneritore (a tecnologia complessa, a griglie mobili, di 230 mila tonnellate anno …), così come si ripeterà in futuro per l’autostrada Valdastico.

Le fasi sono ormai codificabili:

1. un problema si incancrenisce perché chi doveva decidere si è dimostrato (culturalmente, tecnicamente, amministrativamente, politicamente) incapace di affrontarlo e risolverlo nei modi e nei tempi dovuti;

2. viene proposta dal politico "in/competente" una scelta DAD (acronimo italianizzato: "Decidi-Annuncia–Difendi", derivato dalla ironica definizione anglosassone), cioè una decisione assunta senza cognizione di causa, basata solo su logiche aprioristiche, generalmente affaristiche e teleguidate, assunta dai medesimi in/competenti tecnico-politici di cui sopra,

3. a questo punto si manifesta una sacrosanta opposizione sociale, che chiede quanto meno di capire, valutare, argomentare e (bestemmia!) partecipare, cui corrisponde…

4. la manifestazione di sorpresa, diversamente graduata tra l’offeso e lo stizzito (performance nella quale assurge a maestro Lorenzo Dellai), riconducibile al ragionamento "Ma come? Avete il coraggio di contrariare una scelta fatta solo per il vostro bene?", seguita da...

5. l’indignato proclama che tutto sarà fatto rispettando i criteri della programmazione, secondo i crismi tecnico-tecnologici più aggiornati, nella meticolosa osservanza di leggi ed iter procedurali;

6. segue un adeguato lasso di tempo, condito con accuse di perdita di risorse la cui unica responsabilità sarebbe da addebitarsi ai disturbatori (non si capisce perché non a chi ha lasciato trascorrere anni nell’ignavia e nell’inazione), al termine del quale arrivano piani, programmi, indirizzi, pareri tecnici il cui esito è - guarda caso - la soluzione DAD di cui sopra, precisa precisa;

7. a questo punto i volonterosi "disturbatori" vanno - pokeristicamente - a vedere, e si scopre il bluff: i piani e i programmi sono raffazzonati, le conclusioni pre-indirizzate, i dati taroccati, i pareri tecnici "comprati" sull’ampio mercato delle consulenze pret-à-porter. I pareri tecnici non allineati vengono accantonati e minimizzati, le determinazioni delle commissioni ottenute col condizionamento politico, professionale e se proprio serve - nei casi più ostici - sostituendo i componenti.

Contrariamente a quanto accade con il poker, che, pur non essendo un gioco da educande, una sua etica di fondo ce l’ha, qui il bluff vince sempre: anche quando è scoperto.

Credo che i cittadini di questa provincia si siano stufati di una classe politica tanto culturalmente mediocre, tecnicamente arretrata, amministrativamente pasticciona e strutturalmente antidemocratica e antiautonomista. A prescindere dagli schieramenti.

La questione dell’inceneritore, così come quella della val Jumela, non sono più solamente dei problemi politico-ecologici, sono piuttosto gli snodi per una ecologia della politica.

Se ripercorrere gli errori aiuta a capire, la questione dell’inceneritore assurge a compendio didattico: proviamo ad elencare tutti gli "errori" scoperti nel corso di quest’anno.

- Fino al 2001 i pareri degli uffici tecnici provinciali sancivano l’impraticabilità della raccolta differenziata, anche nei limiti del decreto Ronchi: le sperimentazioni in Val di Non, val di Sole, Trento, hanno invece dimostrato che la popolazione è molto più avanti dei propri amministratori e incomparabilmente avanzata rispetto ai "tecnici", raggiungendo risultati che rendono praticabile l’obiettivo del 60%, così come ovunque (in Italia o all’estero) siano state attivate politiche serie. E’ invece l’organizzazione che determina intralci, ossia proprio il campo di operatività dei tecnici. Malgrado questo, i limiti di raccolta differenziata del Piano provinciale rifiuti sono sottostimati e troppo dilazionati nei tempi.

- Il medesimo Piano prevede un trend di crescita dei rifiuti: tutti i dati in materia, incluse alcune delle relazioni della Conferenza d’informazione di giugno, dimostrano che nei paesi con strategie e tecnologie evolute uno degli elementi di forza sono le politiche di riduzione dei rifiuti.

- Il principio di smaltire i propri rifiuti, utilizzato come copertura etica, è stato smentito dopo neppure una settimana dall’approvazione del Piano. La situazione di emergenza e l’incapacità di governare la complessità e la dimensione temporale del fenomeno sono emersi in tutta la loro drammaticità, sempre negata.

- La scelta dello stoccaggio di 500.000 tonnellate a Taio e a Ischia Podetti (assommandolo alla attuale e pregressa situazione di criticità ambientale) è stata dimostrata come impraticabile, dalle perizie Piepoli, una settimana dopo l’approvazione del Piano.

- La localizzazione dell’inceneritore a Ischia Podetti, ipotesi che implica la massima irresponsabilità ambientale e sociale (perizie e studi stanno assommando esiti negativi idrologici, geologici, geostatici, circolazione dei venti…), si dimostra sempre più strutturalmente e logisticamente errata.

- Il dimensionamento dell’inceneritore, superiore alle 200.000 tonnellate-anno (sempre negato, ma, in realtà, deciso a priori con tanto di committenza progettuale affidata a monte di qualsiasi decisione, pianificazione, definizione di strategia), è stato giudicato tecnicamente un errore, sia sotto il profilo del governo delle dinamiche locali, sia nella logica del sistema di rete nazionale e comunitario.

- La tecnologia, anch’essa decisa a priori, è dimostratamene sbagliata sia in relazione al bacino d’utenza che alla morfologia del territorio in cui deve innestarsi.

- La bioessicazione nel processo di gestione del rifiuto, come necessaria fase di inertizzazione del rifiuto, negata da Dellai in giugno, è stata dichiarata come indispensabile dal gestore in agosto.

- La metodologia di recupero energetico perseguita è stata sancita come inadeguata, qualora non combinata con il recupero termico, impraticabile con la localizzazione e progettazione scelta.

- La contraddizione tra potenziamento della raccolta differenziata e incenerimento.

A tutto questo si aggiungono i tradizionali problemi sui rilasci in atmosfera, sugli impatti sanitari, sugli impatti sociali. Siamo stati spettatori della peggior gestione della formazione del consenso che si possa immaginare. Le tecniche che dovrebbero costituire il metodo di lavoro normale per un laboratorio di autogoverno democratico quale vorrebbe essere la nostra autonomia speciale, non fanno parte del bagaglio della politica locale.

La serie di errori citati e la logica lobbistico/tribale cui abbiamo assistito sul tema rifiuti-inceneritore (ma non solo), in un qualsiasi paese civile avrebbe dovuto far piovere le dimissioni per manifesta incompetenza e comportare pubbliche scuse. In Trentino, nulla di tutto questo. Il partito trasversale al potere epura i dissenzienti, marginalizza le critiche, ignora la mobilitazione sociale, procede come uno schiacciasassi nella realizzazione degli affari concordati in sede istituzionale o extra-istituzionale o pre-elettorale, nella più totale noncuranza delle coerenze con un disegno progettuale per questa terra e per le sue comunità.

Il miglior alleato di questa pur fragile classe dirigente è la degradazione e frammentazione di un quadro politico, composto da partitini a loro volta degradati e frammentati. Nella corsa generale a cercar di rappresentare microinteressi e lobby, l’interesse generale viene perso di vista, così come la ricomposizione attorno a idee-forza potenziamente maggioritarie.

E’ in questo contesto che si colloca la possibile azione referendaria.

Da un lato l’uso strumentale e di parte, comunque targato, che non comporterà altro esito che il tentativo di mettere una bandierina su chi è per il sì o per il no, generando un mare di distinguo, di differenziazioni, di astensioni.

Dall’altra la possibilità di costituire una aggregazione di rappresentanze di interessi generali, nella quale tutti possano riconoscersi, nell’alveo di una azione sociale forte perché orientata contemporaneamente a un fine immediato: una nuova politica nella gestione dei rifiuti (che vuol dire delle risorse) e per una scelta diversa dall’incenerimento, ma anche per ricomporre le condizioni di un confronto politico e sociale diverso dal pantano attuale.

I comitati e le associazioni hanno dimostrato e dimostrano una grande maturità, candidandosi come perno di questa aggregazione.