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QT n. 5, 9 marzo 2002 Servizi

Le emozioni di Roma

Cronaca della manifestazione del 2 marzo contro il governo Berlusconi.

Del nuovo movimento dei "girotondi", l’aspetto più gradito e forse inaspettato, è la nuova presenza dei giovani ad appuntamenti politici. Abbiamo affidato il racconto della recente grande manifestazione di Roma alle parole di Giovanni Agostini, vent’anni, di Trento, studente di Scienze Politiche a Bologna.

Uscire di casa alle sette di mattina evoca in me e Francesco qualche ricordo liceale. Una sensazione simile a quella che caratterizzava la mattina della partenza per la gita di classe, quando alla voglia di restare a letto si univa una specie d’eccitazione legata all’idea di una giornata diversa dalle solite.

Al Piazzale Ovest della stazione di Bologna ci attende un gruppetto di colleghi apprendisti scienziati politici e il treno speciale, organizzato dai DS di Modena e Bologna. Nei giorni precedenti avevamo diffuso la notizia della manifestazione con frequenti passaparola fra amici e conoscenti: "Partecipiamo, ragazzi, è in questi momenti che dobbiamo far sentire il nostro dissenso!". La reazione è stata buona: oltre al gruppetto della nostra facoltà ci accompagnano ragazzi di medicina e di scienze della comunicazione, in gran parte giovani che, come me, non sono iscritti a partiti. Vedersi e riconoscersi è un piccolo grande piacere. Poi, a sorpresa, sui binari incontriamo anche il nostro professore di microeconomia.

Nell’atrio, a coordinare logisticamente la comitiva, i giovani della Sinistra Giovanile e qualche pimpante vecchietto delle sezioni. Ad occupare i 500 posti del treno molti giovani ed anche l’europarlamentare DS Imbeni, che monta con noi sul treno, mentre Livia Turco, anche lei adocchiata in stazione, opta per un più confortevole Eurostar.

Nel nostro scompartimento c’è anche Gastone, un compagno ultra sessantenne di Bologna che ha iniziato la sua carriera di tesserato con la FGCI nel ’53: stimolato dalle nostre domande, ricorda gli avvenimenti del ’77, l’omicidio Lorusso, la fermezza di Zangheri e la rottura che si verificò (secondo Gastone mai più sanata) tra i giovani e il partito.

Ad accoglierci all’arrivo a Roma, il segretario Fassino, calorosamente salutato dai passeggeri, e il capogruppo DS al Senato Angius, beccato da qualche frecciatina: "Meno Porta a Porta" - gli grida qualcuno. "Se non vado io chiamano qualcun altro" - risponde lui divertito.

C’è un bel clima, sia meteorologico che tra gli animi, i volti sono sorridenti e amichevoli, mi viene spontaneo salutare con un cenno le persone di cui incrocio lo sguardo, quasi ci conoscessimo; fuori dalla stazione qualche improvvisato imprenditore vende "fischietti anti Berlusconi" e Imbeni ne compera alcuni e li regala al gruppetto che lo circonda.

Finalmente il corteo comincia a muoversi: è immenso! Gli striscioni e gli stendardi rappresentano sezioni, associazioni e gruppi spontanei di tutta la penisola: Emilia e Toscana le regioni più rappresentate, altri arrivano da Palermo, Lecce, dalla Calabria... alcuni dalla Sardegna con una nave speciale, altri sono a Roma fin da ieri. "E’ una risposta eccezionale - mi dice un amico di Roma - Poche volte ho visto tanta gente, non me la sarei aspettata". Partecipano al corteo senza protagonismi anche Cofferati, Veltroni, Fassino... tutti stringono mani, ringraziano, sorridono; Livia Turco, brandendo uno striscione insieme a un’altra decina di donne, grida: "Bossi, Fini, siamo tutti magrebini!"

Siamo tutti un po’ eccitati, alcuni contrappongono a questi dirigenti in piazza il ricordo di un D’Alema inavvicinabile, a una festa de L’Unità dove le guardie del corpo lo difendevano anche dalle strette di mano degli elettori.

Vicino a noi sventola una logora bandiera del PCI e ci avviciniamo incuriositi. Il portatore viene da Piacenza e fiero ci dice: "Noi siamo Democratici di Sinistra, ma veniamo dal PCI, ci teniamo a dirlo".

Come da programma, a metà percorso, al corteo principale si fonde quello dell’Italia dei Valori con Di Pietro in prima fila; l’ex eroe di Mani Pulite è salutato festosamente e molti corrono a stringergli la mano, lo ringraziano per la sua presenza e criticano l’assente Bertinotti. E se non fosse proprio per l’assenza di Rifondazione, le forze della coalizione vittoriosa nel ’96 sarebbero al completo e le numerose scritte "Siamo tornati", "Uniti per vincere" sarebbero ancor più significative.

Quando gli altoparlanti iniziano a trasmettere La canzone popolare di Fossati mi emoziono: il maxischermo vicino al palco proietta una panoramica della folla e il colpo d’occhio è bellissimo: Piazza S. Giovanni è totalmente colorata di bandiere e persone a perdita d’occhio. Anche le vie che portano alla piazza sono piene e il flusso non è ancora finito: arrivano voci di gente ancora in corteo in via Cavour (il punto di partenza), il morale è altissimo.

A coordinare gli interventi dal palco c’è un Gad Lerner visibilmente entusiasta; dopo i ringraziamenti ai manifestanti e ai colleghi giornalisti di La7 e RAI 3 per l’impegno nella diretta Tv, gira la parola a Rutelli, che invita sul palco Giovanni Bachelet per un "regalo simbolico d’immenso valore". Il regalo è la bandiera italiana che coprì la bara del padre Vittorio, magistrato ucciso dalle Brigate Rosse. Bachelet chiede di seguire in silenzio con lo sguardo l’alzabandiera e, una volta issata, a cantare l’inno di Mameli. Il silenzio che avvolge la piazza è irreale, emozionante, e quando la bandiera finisce la sua ascesa le telecamere mandano sul maxischermo i volti dei manifestanti, alcuni dei quali con gli occhi lucidi, che cantano.

Il primo intervento vero e proprio è dell’eurodeputata verde Frassoni che si scaglia contro la politica di Lunardi, poco rispettosa dell’ambiente e macchiata per di più da un vistoso conflitto d’interessi; criticati sono anche Blair e Aznar, interlocutori in Europa del nostro impresentabile governo.

Quando sul palco sale il direttore di Mondo Operaio, il socialista Luciano Pellicani, l’applauso non è molto caloroso e c’è un po’ di preoccupazione: "Speriamo non spari cazzate" - dice un vecchietto davanti a me. "Mi verrebbe già da fischiarlo" - dice uno dei nostri. Beh, non dovrà attendere molto: Pellicani si lancia in un’acida critica dell’opposizione, rea di demonizzare l’avversario e di sventolare la bandiera dell’opposizione permanente per "un costante Aventino morale". La piazza esplode, i fischi si accompagnano a cori di "buffone, buffone", le telecamere inquadrano Rosy Bindi esterrefatta: "Che sta dicendo?". "E’ matto" - le risponde la Melandri: . "Chi fischia si qualifica" - ribatte secco Pellicani, e un amico commenta: "Ha rovinato tutto, adesso il Polo si appellerà a questo intervento per screditare la giornata".

Terminato l’intervento, Lerner tenta di metterci una pezza ricordando che Pellicani rappresenta un partito che ha segnato un capitolo importante nel riformismo italiano, senza il quale l’Italia non sarebbe quella che è. A me, che gli epigoni di Craxi siano gli eredi di Turati non convince proprio.

Maura Cossutta (Comunisti Italiani) fa un bell’intervento, ribadisce la sua presenza e quella incoraggiante di Di Pietro e lamenta l’assenza di Bertinotti, "senza il quale nulla sarà possibile".

Lerner, prima di girare la parola a Fassino, saluta alcuni personaggi dello spettacolo presenti: la Ferilli, Fabio Fazio…e legge un messaggio del convalescente Benigni.

Il segretario DS è accolto da un boato, e il suo discorso è, inaspettatamente, il migliore che ricordi. Lamenta una società dove ognuno è più solo nelle sfide della vita e si scaglia con durezza contro "la legge farsa sul conflitto d’interessi" e la "pessima riforma Moratti"; è un discorso coinvolgente che tocca quasi tutti gli aspetti spinosi del dibattito politico: le rogatorie, i medicinali, i ticket sulla mucca pazza, la giustizia, l’informazione… La telecamera indugia su D’Alema e dalla piazza parte qualche fischio. Intanto Fassino continua la sua galoppata, annuncia la nascita dell’Ulivo come federazione e batte su tre punti fondamentali per vincere le amministrative: riassorbire il livido della sconfitta elettorale, presentarsi uniti ovunque, e infine, per quanto riguarda l’elezione di sindaci, presidenti di Regioni e Province, scegliere prima il candidato che può vincere perché capace e radicato e poi vedere di che partito è. Un auspicio interessante anche per Trento. D’Alema, inquadrato dalla telecamera, sussurra: "Bravo Piero".

Il discorso di chiusura è di Rutelli, che fa autocritica: "Abbiamo capito il messaggio. Oggi inizia il nuovo cammino, con voi dobbiamo sapere ascoltare e dialogare". La prima parte del discorso mi delude un po’: non è molto incisivo e a dire il vero io ho molta voglia di essere "infiammato" e poca di ascoltare un discorso solamente condivisibile. Per fortuna nel finale si riscatta e calca la mano sulle "cose che il governo sa fare: falsi in bilancio, rientri di capitali dall’estero, controlli dell’informazione…" e quelle che invece "non sa e non vuole fare: rispettare le promesse, fare leggi valide, rispettare i diritti dei lavoratori…".

Intanto un gruppetto dell’Italia dei Valori rumoreggia e invoca Di Pietro con qualche arroganza. "Aspettate che finisca, poi Di Pietro lo applaudiamo anche noi…" - cercano di calmarli alcuni, mentre altri seccati sbottano: "Noi li applaudiamo, li ringraziamo e quelli ancora rompono". E intanto Rutelli conclude criticando la politica del governo sulle questioni mediorientali e invocando "pace in Palestina, impossibile senza il riconoscimento dignitoso di uno stato Palestinese". "Viva L’Ulivo" - è il suo ultimo grido.

Tornando verso la stazione, si sviluppa all’interno del nostro gruppetto una discussione sull’intervento di Pellicani. Per alcuni era stata una riflessione sensata e condivisibile, proposta però in un’occasione sbagliata; secondo altri (tra cui io) parlare di demonizzazione è insensato: non è un problema di competizione tra le parti, una questione tra minoranza che attacca e maggioranza che si difende, è una questione che va oltre la destra e la sinistra: si tratta di tutelare i principi costituzionali, siano essi messi in pericolo da Berlusconi, Fassino o dalla Fata Morgana.

Gramsci diceva "Pessimismo della ragione, ottimismo della volontà": dopo la giornata al Palavobis, dopo i girotondi, la manifestazione di Roma e quella prossima che si farà, mi pare che la politica abbia ricominciato ad affezionare le persone, e chissà che con la dimostrazione di sicuro "ottimismo della volontà" da parte dei cittadini, anche la ragione non migliori un po’.