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Genova a mente fredda

Le colpe e gli errori dei diversi protagonisti.

Credo sia opportuno riflettere a distanza di tempo e a mente fredda sui fatti accaduti a Genova in occasione del G8, prima ancora di conoscere l’esito delle varie inchieste parlamentari, amministrative e giudiziarie, per cercare di trame un significato e un insegnamento. Se i depistaggi degli scorsi decenni si dovessero verificare anche in questa occasione, non si conoscerà mai la verità, i fatti realmente accaduti verranno deformati e voleranno soltanto gli stracci. Il dubbio viene dalle prime teste tagliate dal Ministro degli Interni, politicamente responsabile, che è rimasto al suo posto. Ma non è questo il punto. La questione che vorrei cercare di chiarire è un’altra: quali sono gli errori principali commessi a Genova e da chi?

Alcuni hanno puntato il dito contro i G8, cioè gli otto capi di Stato e di Governo che si sono riuniti per discutere, tra un pranzo e l’altro, della fame nel mondo. Mi sembra una sciocchezza, perché i G8 sono soltanto delle comparse nelle mani delle multinazionali della globalizzazione. Altri hanno indicato i veri responsabili nei Carabinieri e nella Polizia, "nazistelli in divisa" come li ha follemente definiti il portavoce dei centri sociali Anche questo mi sembra un abbaglio grave, dato che Polizia e Carabinieri sono strutture essenziali dello Stato, nel caso di specie della Repubblica italiana che da oltre mezzo secolo è una repubblica democratica, sia pure con molti difetti. Ma su questo, tornerò.

Si potrebbe obiettare che a Genova le forze dell’ordine hanno ucciso un manifestante, e hanno commesso violenze inammissibili contro inermi cittadini, e addirittura contro alcuni fermati di cui dovevano tutelare l’incolumità fisica. Vero, e spero che i responsabili vengano individuati e puniti. Non dimentico però che i "celerini" di Scelba erano peggio: per fare solo due esempi, a Modena il 10 gennaio 1950, in occasione di uno sciopero e in assenza di guerriglia urbana, la polizia di allora uccise a sangue freddo 6 operai che non contestavano nulla ma si limitavano a difendere il loro posto di lavoro. E a Reggio Emilia, il 7 luglio 1960, quando vi fu la rivolta popolare contro il Governo Tambroni, 5 furono i morti per mano della Celere e altro 4 vennero "fucilati" a Catania, tra cui un ragazzo di 14 anni.

Il confronto è significativo. Chi lo dimentica nasconde anche il fatto che nel luglio 2001 Genova fu violentata e interi quartieri furono devastati non dalla Polizia o dai Carabinieri, ma dalle "tute nere" e da quelle "bianche" di Luca Casarini.

La risposta repressiva era inevitabile. In alcuni casi, giova ripeterlo, fu spropositata e colpevole, sia per la deplorevole inefficienza del Governo, sia per la impreparazione non solo tecnica di agenti e comandanti. Un deficit di democrazia che ha macchiato l’Italia al cospetto del mondo, e la cui responsabilità ricade sul Governo.

Eallora quale fu l’errore principale? Quello di cercare di imporre con la forza le proprie ragioni. Ci sono caduti tutti i protagonisti: il Governo, con la militarizzazione della città; le "tute nere" (e bianche) con la guerriglia urbana; le Forze dell’ordine con le cariche indiscriminate e i pestaggi contra legem; il movimento anti globalizzazione con la perniciosa e ambigua alleanza con i violenti.

Democrazia e violenza sono incompatibili. Ciò vale per i cittadini, che devono rispettare gli art. 17 e 21 della Costituzione: "I cittadini hanno il diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi" dice il primo. E il secondo: "Tutti hanno il diritto di manifestare liberamente (e non con le spranghe o le pietre) il proprio pensiero". I contestatori violenti li hanno violati entrambi.

Per quanto riguarda le Forze dell’ordine, alcuni reparti hanno dimenticato, fra le tante norme, anche l’art. 11, comma 4 della Costituzione: "E’ punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizione di libertà".

Tutti i protagonisti, sia pure in vario grado e con diversa responsabilità, sono caduti nell’adescamento luciferino di Mefistofele a Faust: "Man hat Gewalt, so hat man Recht"(chi ha la forza ha il diritto). In democrazia è vero il contrario. Il consenso si ottiene solo sulla base della efficacia persuasiva degli argomenti, che viene annullata dal1’uso della forza. Il diritto, vero o presunto, si trasforma nel suo contrario se è accompagnato dalla spranga o dal manganello.

Ciò detto, conviene ritornare alla domanda se le nostre Forze dell’ordine (Carabinieri e Polizia di Stato) siano nel complesso fedeli alla Repubblica e alla Costituzione, e quindi animate da spirito democratico, oppure siano, anche solo in parte, inquinate (ai vertici e alla base) da elementi eversivi e da spirito antidemocratico, spregiatore dei diritti umani elementari. Il dubbio nasce non tanto dalla morte del giovane Carlo Giuliani in un momento di estrema confusione e concitazione, quanto dalla irruzione notturna, eseguita a freddo con estrema brutalità, in due scuole dove erano alloggiati alcuni manifestanti, e dai fatti di Bolzaneto Anche volendo giustificare le motivazioni della irruzione, non sono assolutamente accettabili le modalità. Non si è trattato infatti di una perquisizione, ma di un pestaggio sistematico e vendicativo: i giovani dormienti sono stati svegliati a manganellate e a calci, rompendo teste, fracassando denti, insanguinando pavimento e pareti: E’ seguito il loro arresto anche in barella, senza la flagranza di reato; poi c’è stato il trattamento brutale nella caserma di Bolzaneto.

L’avv. Giuliano Pisapia, che è stato presidente della commissione Giustizia, ha scritto che li hanno fatti camminare in ginocchio e li hanno obbligati a gridare "viva il duce", e chi si rifiutava veniva nuovamente pestato. Fatti come questi sono accaduti solo nel Cile di Pinochet o nella Grecia dei colonnelli. Siamo tutti profondamente preoccupati che fatti del genere possano accadere in Italia, non solo perché la democrazia è stata vilipesa, ma perché il rapporto di fiducia che deve correre tra cittadini e Forze dell’ordine corre il rischio di venir meno, e il rispetto di tramutarsi in disprezzo. E’ già successo. Negli anni tragici e oscuri della strategia della tensione e delle stragi impunite ci sono state connivenze gravissime tra pezzi di Servizi segreti, Carabinieri e Polizia con gli estremisti fascisti e con i cosiddetti "gladiatori". Ci sono poi voluti decenni per ricucire le ferite e ristabilire il necessario rapporto di fiducia tra cittadini e Forze dell’ordine.

La storia ora si ripete? I cittadini democratici non lo vogliono e non lo permetteranno. Nell’interesse dei Carabinieri e della Polizia, che sono istituzioni fondamentali dello Stato, essenziali per la lotta alla criminalità e per il mantenimento dell’ordine pubblico nel rispetto della Costituzione, è necessario che si accertino i fatti, si individuino i responsabili piccoli e grandi, semplici agenti o generali, e vengano condannati ed espulsi dai rispettivi Corpi. Proprio perché comprendiamo e apprezziamo la funzione insostituibile delle Forze dell’ordine, affermo che esse devono essere al di sopra di ogni sospetto.

E’ stato giusto chiedere le dimissioni del Ministro degli Interni per quanto di inaccettabile è avvenuto a Genova; ma soprattutto è necessario disinquinare la Polizia e i Carabinieri a tutti i livelli, perché i Ministri passano mentre le Forze dell’ordine restano, e il rapporto con i cittadini deve essere di fiducia e non di sospetto. Il cittadino onesto e non violento, di fronte alle divise dei Carabinieri o della Polizia, non deve avere paura, non deve temere di essere caricato e bastonato senza motivo, di essere trascinato e obbligato a camminare sulle ginocchia, di essere costretto in questura o in caserma a gridare "Viva il duce". Questo non solo è indegno, ma è pericoloso perché distrugge la democrazia.

Si dovrà anche accertare se sia vero che alcuni reparti di Carabinieri e di Poliziotti hanno coscientemente permesso alle "tute nere" di entrare nelle zone protette di Genova, di compiere opera di devastazione e di saccheggio per screditare il movimento non violento dei contestatori del G8, e giustificare così le cariche e la repressione. Se ciò risultasse vero, vorrebbe dire che ai vertici del Viminale e delle Forze dell’ordine c’è un cancro antidemocratico che va estirpato prima che sopravvenga la metastasi.

Da parte sua, l’opposizione di centro-sinistra sarà tanto più credibile ed efficace nelle sua battaglia di chiarezza attorno ai fatti di Genova, quanto più netta sarà la distinzione (e la condanna) con i contestatori violenti. Con coloro che chiamano i Carabinieri e la Polizia "nazistelli in divisa" non si deve non solo civettare, ma neppure parlare o avere contatti: essi sono nemici della democrazia.