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Brutta la storia, confortanti le reazioni

Il ragazzo pestato al bar da 5 albanesi: malgrado la Lega, a Trento si ragiona ancora.

La storia, brutta, è quella dei cinque albanesi che in un bar di Trento, dopo aver infastidito una ragazza, hanno pestato il giovane in sua compagnia che voleva difenderla. Dopo di che i gestori del locale hanno affisso alla porta d’entrata un cartello che vietava l’accesso agli extracomunitari, cartello che peraltro è stato rimosso poco dopo.

Storia brutta per l’episodio di inciviltà con cui si è aperta e per la reazione di intolleranza che ha generato. Storia che però, nel prosieguo che ha avuto sui quotidiani, ha mostrato come a Trento, al di là delle solite meschine e irresponsabili strumentalizzazioni che cercano di dipingere una situazione allo sfascio e un’opinione pubblica esasperata, la gente nel complesso conservi un atteggiamento razionale.

Lo dimostrano le dichiarazioni di molti gestori di bar, i quali anzitutto, quando parlano dei problemi che il loro mestiere comporta, si riferiscono ai rapporti con una certa clientela "difficile", senza distinzioni fra stranieri e trentini. L’opinione corrente è che l’affissione del famigerato cartello, pur comprensibile nell’esasperazione del momento, sia stata però un errore (ma un barista lo definisce "scandaloso" e ricorda realisticamente che "con gli extracomunitari dobbiamo conviverci. E saranno sempre di più in futuro"). Al che il gestore del bar coinvolto nell’episodio ribatte: "Credo che molte persone abbiano interpretato nel modo scorretto il nostro gesto… è ovvio che non vorremmo davvero vietare l’ingresso agli extracomunitari… La nostra era una provocazione, un modo per far attirare l’attenzione su un problema di ordine pubblico". Provocazione che però - nota il direttore dell’Atas - "non serve ai commercianti, perché arrivare alla ribalta nazionale per un singolo episodio accreditando l’idea che Trento sia una città violenta e pericolosa - che non è - non giova allo sviluppo delle attività commerciali".

La discussione abbandona così il tema dell’immigrazione per affrontare quello della sicurezza. Anche qui, comunque, nessuna isteria. Qualche esercente appare tranquillo ("Molto dipende dalla gestione del locale. Io non mi sono mai trovato in situazioni simili, ma in ogni caso cercherei la tolleranza"), qualcun altro ha sistemato come deterrente una telecamera ben visibile, dopo di che "grossi problemi non ne abbiamo avuti, anche se abbiamo una vasta clientela". I più, in verità, il problema della sicurezza se lo pongono, ma poi le diagnosi divergono: "A me qualche volta è successo di dover chiamare la polizia, ma le forze dell’ordine sono intervenute presto ed hanno sempre risolto tutto" ; "A volte la polizia impiega troppo tempo" ; "La sensazione è che le forze dell’ordine ci siano, ma che si facciano vedere troppo poco"; "Non si tratta di una scarsa efficienza delle forze dell’ordine, ma dell’impunibilità di certi comportamenti criminali"...

Amargine di un dibattito serio, inevitabili, le stonature, su entrambi i versanti. Da una parte, infatti, l’associazione di immigrati Atalif, dopo una valutazione forse formalmente corretta ma comunque sopra le righe (i titolari del bar "hanno commesso un illecito civile a sfondo razziale") preannuncia una possibile querela, che sarebbe un brutto boomerang non solo per loro, ma per tutti coloro che si danno da fare per una pacifica convivenza.

All’altro estremo, l’esultanza sfascista della Lega, che parla di situazione "completamente fuori controllo" per poi aggiungere un pistolotto elettorale: "I recenti episodi non sono altro che la conseguenza della politica lassista sull’immigrazione che permette a tutti… di mettere piede nel territorio italiano". Oltre a reprimere i clandestini - è la conclusione - "ci sarebbe da controllare anche la posizione di quelle decine di migliaia di immigrati regolarizzati a forza dall’Ulivo".

E della Lega va riferito, sempre in tema di rapporti con gli immigrati, un altro exploit degli stessi giorni: l’ iniziativa presentata dal consigliere comunale Leonardo Boldrini che vuole così rispondere all’abolizione della preghierina prima del pasto decretata dalle maestre di un asilo di Rovereto. Leggiamo sull’Alto Adige del 3 febbraio: "Crocifissi o icone raffiguranti il Cristo di dimensioni adeguate e un pasto settimanale di carne di maiale. Queste le due richieste contenute in una mozione presentata dal consigliere comunale della Lega".

Aggiungiamoci, al maiale, un bel bicchiere di vino: e la pace sociale sarà completa.