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QT n. 21, 25 novembre 2000 Servizi

Strilli, voci e sussurri

Il cimitero islamico sui giornali: le fanfaluche degli intolleranti e le troppe prudenze degli altri. Anche a sinistra.

“Come è noto, la legge islamica impone che alle bambine venga praticata l’infibulazione…” – scrive disinvoltamente una lettrice sull’Alto Adige dell’11 novembre prendendola alla lontana per spiegare la propria contrarietà alla concessione di uno spazio riservato ai musulmani nel cimitero di Trento.

Con la stessa logica potremmo così argomentare: i maccheroni sono un prodotto tipicamente italiano, l’Italia è in maggioranza cattolica, ergo i maccheroni sono un frutto significativo del cattolicesimo. Anzi no, una differenza c’è, perché l’infibulazione (una pratica che nulla ha a che vedere con precetti religiosi) viene praticata anche da popolazioni cristiane dell’Africa.

Il leghista Denis Bertolini, a sua volta, dichiara: “E’ vero che 41 tombe non sembrano tante... Ma il problema va visto in prospettiva, anche perché alle scuole elementari c’è già il 24% di alunni figli di stranieri”. E qui è lo stesso cronista a commentare che “i dati ufficiali ridimensionano il fenomeno al 3.8%”, che è un bel po’ di meno.

Un altro che parla un tanto al chilo è l’onorevole leghista Rolando Fontan: “Sto leggendo diversi libri sull’Islam in questo periodo - dice - e mi rendo conto che i riti sono molto diversi. Ad esempio, loro non seppelliscono i morti nelle casse”. Sembrerebbe un ottimo spunto polemico: non si può mica permettere, infatti, un tale spregio della normativa italiana riguardante la sepoltura! Purtroppo per Fontan, in base alla convenzione stipulata fra il Comune e la Comunità Islamica, anche i defunti musulmani dovranno essere sepolti dentro una cassa. Il giornalista lo fa notare all’onorevole, che se la cava con un disinvolto “Ah, non lo sapevo”.

Sulla stessa linea troviamo Giorgio Manuali, capogruppo di Forza Italia in Comune, che strilla contro una presunta disparità di trattamento: “Perché le tombe dei nostri cittadini sono lasciate al cimitero solo per un numero definito di anni mentre le sepolture islamiche restano per l’eternità?” E nemmeno questo è vero, perché nella convenzione di cui sopra la Comunità Islamica ha accettato anche a questo proposito una “deroga” alle proprie usanze, uniformandosi alle nostre regole.

Abulkheir Breigeche, presidente della Comunità Islamica del Trentino Alto Adige.

Allargando il discorso al tema più generale della convivenza con cittadini di religione musulmana, l’AltoAdige, il 16 novembre, intervista il dott. Gianni Sembianti, presentato come “medico a Roverè della Luna e studioso dell’Islam”, il quale se ne esce con affermazioni mai osate neanche dal più arrabbiato leghista: “I musulmani rappresentano una privazione per la società che li ospita. L’Islam non concede la possibilità della scienza, limita fortemente la creatività artistica, musicale e letteraria: la civiltà occidentale si trova così alle prese con una crescente fetta di popolazione che non fornisce alcun apporto critico e d’intelligenza… Il Corano non concede la possibilità della ricerca della verità, perché l’Islam… è già la verità. Non a caso fra gli arabi non figura nessuno scienziato. Inoltre la musica in certe zone è addirittura proibita, la letteratura è fortemente limitata, l’arte si limita all’architettura religiosa e alla decorazione”.

Io non sono, come il dott. Sembianti, “uno studioso dell’Islam”, ma a scuola ho imparato che gli arabi hanno inventato l’algebra e la trigonometria, che i nostri numeri ce li hanno portati loro dall’India, che hanno introdotto in Europa nuove colture - dal riso agli agrumi - che possiedono una ricca letteratura (“Le mille e una notte” e le “Quartine” di Omar Khayyam, per restare a tempi lontani), ed ho avuto la grazia di vedere in Spagna due strepitosi esempi della loro architettura civile, quali l’Alhambra di Granada e l’Alcazar di Siviglia.

Limitiamoci a dire, in conclusione, che queste persone sono quanto meno dei pessimi propagandisti delle proprie opinioni, giacché fanno uso di informazioni non vere allo scopo di mascherare un’avversione puramente istintiva nei confronti del diverso, quella stessa avversione che emerge in modo limpido quanto ingenuo, ad esempio, dall’intervento di una lettrice dell’Adige: “Ogni giorno si svolge un funerale cristiano, o più, e noi parenti nello stesso momento dovremmo forse assistere ad uno musulmano? E’ forse per senso di civiltà che dovremmo pregare Allah? Mi sembra troppo!”. Ma anche qui c’è una piccola imprecisione, quando la signora chiede l’impossibile intervento del defunto vescovo di Trento: “Sono rimasta stupita - prosegue infatti la lettera - che mons. Sartori non si sia pronunciato in merito”.

Quanto al vescovo vivente, mons. Luigi Bressan, intervistato dall’Adige, dice cose pienamente condivisibili (“credo che la cultura cristiana non si difenda innalzando le barricate o sollevando polveroni di polemica, ma vivendo quei valori e quei principi che sono alla base della cultura cristiana”), ma che ci appaiono francamente insufficienti rispetto all’importanza della questione di cui si discute e delle sue implicazioni. Come mi faceva notare un amico, chiunque conosce la inflessibile posizione della Chiesa in tema di aborto e contraccezione, cosa che non avviene sul tema della libertà religiosa, dove le gerarchie ritengono di dover usare molta prudenza.

E’ questa d’altronde la posizione di numerosi esponenti politici cattolici, pur militanti in partiti diversi.

Paola Conci dice di non voler entrar nel merito della raccolta di firme leghista contro il cimitero islamico, poi concede che “deve esserci rispetto delle culture diverse...”, ma che al contempo “occorre intervenire... in modo tale da non entrare in collisione con il sentire comune”.

Nerio Giovanazzi dice anche lui di sì, avvertendo però che bisogna evitare di “andare a ledere, privare, condizionare i trentini rispetto alle proprie tradizioni di culto”.

Marta Dalmaso auspica che il tema venga affrontato “con la pacatezza della riflessione”.

Carlo Andreotti riconosce quel diritto ai cittadini di religione islamica, precisando poi: “Si deve agire con equilibrio e rispetto della cultura, ma anche con grande chiarezza”.

Tutte dichiarazioni, oltre che vaghe e reticenti, anche stravaganti; che potrebbero avere un senso se si fosse di fronte ad un generico progetto ancora da articolare, mentre qui c’è - nero su bianco - un accordo fra il Comune e la Comunità Islamica, c’è la manifestazione di protesta della Lega (felicemente fallita) davanti al cimitero e una raccolta di firme. Tutte cose di fronte alle quali parrebbe inevitabile, per un personaggio pubblico, usare parole precise; ma evidentemente l’atmosfera elettorale consiglia comunque di defilarsi.

In questo clima di conigliesca prudenza, anche la sinistra, purtroppo, non sempre fa eccezione, tanto da indurre Walter Micheli a deplorare: “Ho l’impressione che per un pugno di voti non sempre si riescano ad affermare i propri principi”.

Tra le non molte parole forti, quelli dell’onorevole diessino Sandro Schmidt, che giudica “indegno che si voglia speculare perfino sui morti”, mentre il suo collega Olivieri - a quanto scrivono i giornali - insiste perché il partito adotti qualche iniziativa forte sull’argomento.

E poi due sacerdoti. Don Piero Rattin (“Integrazione non è obbligare chi viene da noi a condividere in toto la nostra cultura”) e don Francesco Malacarne, che così analizza l’atteggiamento degli intolleranti: “Si tratta di un atteggiamento difensivo tipico di persone che fanno fatica a mettersi in discussione e ad adeguarsi alle nuove esigenze. Ci si barrica in difesa della monocultura mentre la società si sta evolvendo in direzione opposta”.

Fra i giornalisti, va segnalato il bell’editoriale di Giancarlo Zizola, vaticanista e osservatore di fenomeni religiosi, che sull’Alto Adige di domenica 12 novembre parla, a proposito delle iniziative leghiste di Lodi e di Trento, di “programma di profanazione”, “fanatismo e sopraffazione, egoismo e isolamento, lacerazione e crociata”. E così rievoca: “Basterebbe solo riandare al 1846 per trovare lo statuto del piccolo cimitero di S. Anna a Trieste, riservato ai musulmani bosniaci per un decreto imperiale di Francesco Giuseppe, assai più liberale di quanto sembrino oggi Bossi, Boso e soci verso i musulmani, almeno da morti”. Eppure - è la conclusione - “c’è ancora qualcuno che spera... che da quelle parti spiri un minimo di cultura e di sentimento riconducibili alla tradizione cristiana ed europea...”

Ma il più lodevolmente cattivo è don Silvio Franch, delegato per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso, che definisce ”di livello pacchiano, da osteria” l’intervento di Divina ad un dibattito televisivo sul cimitero islamico. E prosegue: “E’ proprio un politicastro di basso calibro... Provo vergogna per essere guidato da una classe politica di così basso livello. Cose da medioevo. Divina è peggio di Bossi”.

Una citazione molto speciale va infine a Marco Zorzini, coordinatore provinciale di Forza Italia Giovani, che parla della decisione adottata dal Comune di Trento come di un “simbolo dell’apertura della comunità trentina alla piena integrazione di tutti quegli immigrati regolari che lavorano e partecipano attivamente allo sviluppo dell’economia regionale”. E conclude con un auspicio: “Sarebbe ancor più significativo se le tombe islamiche si confondessero con quelle cristiane: di fronte alla morte non c’è razza o religione che ci renda diversi”.