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Elezioni austriache: col senno di prima

Facili previsioni alla vigilia del voto.

Quando questo numero di QT sarà uscito, i risultati delle elezioni per la Camera saranno noti, mentre al momento in cui scrivo ancora non posso conoscerli. Però, come spiegazione di quanto sarà avvenuto, spero servano queste mie impressioni.

Fino a un mese fa, tutta la stampa si lamentava per la monotonia della campagna elettorale. Sembrava scontato che la "grande coalizione" fra socialdemocratici e popolari (con una maggioranza parlamentare dei due terzi), guidata dal cancelliere Klima, sarebbe stata confermata, sebbene con un consenso ridimensionato.

Poi, nel generale sonno (della ragione?) il colpo di scena: il vice-cancelliere e leader popolare Schüssel annuncia che nello sciagurato caso in cui il suo partito, sorpassato dai Freiheitlichen, finisse terzo, lascerà il governo e farà l’opposizione.

Qualche giorno dopo, il temuto sorpasso, nei sondaggi, avviene davvero. Nelle ultime 4 settimane di campagna elettorale, i socialisti - in calo - si piazzano al primo posto con un misero 32/34%, il minimo storico del partito, che con Kreisky era arrivato al 51%. Poi i Freiheitlichen vicini al 28%, i popolari al 24/2%, i verdi al 7%, i liberali attorno alla soglia di sopravvivenza (il quorum è il 4%).

Stando alle dichiarazioni dei leader dei partiti, non c’è in vista alcuna maggioranza in Parlamento. Klima straparla del rischio di ingovernabilità e chiede voti per la stabilità. L’elettorato, però, sembra voglia imporre comunque una svolta, non importa a che prezzo e in quale direzione. Con i socialdemocratici alla guida del governo da 31 anni, dopo 13 anni di grande coalizione, quasi tutto - Jörg Haider compreso - sembra piú gradito del piatto continuismo.

"Ma quale svolta volete, ignoranti ingrati?" - chiedono ora le grandi firme dei giornali. L’Austria è il terzo paese (per ricchezza) dell’UE, ed il settimo o ottavo del mondo. Tutto sembra a posto: criminalità bassa, problemi sociali inesistenti (almeno in confronto all’USA o alla Spagna, per non parlare dell’Uganda), corruzione entro i limiti del sopportabile, inefficenza burocratica idem. E allora?

Siamo di fronte alle elezioni più imprevedibili del dopoguerra, e a decisioni che potrebbero rivelarsi "storiche". Nel senso che la grande coalizione potrebbe finire, facendo posto o ad un governo di centro-sinistra (una maggioranza "ulivista" di socialdemocratici, verdi e liberali), o più verosimilmente, almeno in senso aritmetico, di centro-destra (popolari e Freiheitliche) - con la conseguente prospettiva futura dell’ alternanza, cioè della "normalità" occidentale. O magari ci aspetta un governo di minoranza socialdemocratico in cerca di maggioranza parlamentare, o un governo di "tecnici"; oppure una rinnovata "piccola grande" coalizione con i coalizionisti-governabilisti dei popolari, dopo il defenestramento di Schüssel... O chissà che altro.

In ogni caso, le trattative per formare un governo saranno lunghe (c’è chi parla di almeno tre mesi), con il manuale Cencelli, se la coalizione attuale sarà confermata, altrimenti senza esclusione di colpi. Il risultato finale dipenderà dal tipo di scelta che la maggioranza degli elettori farà: se un voto di coscienza (cioè per il partito il cui programma, progetto oppure immagine è più vicino alle proprie aspettative) o un voto "tattico" (ad esempio votare socialdemocratico anziché verde o liberale, più vicini al cuore - per ridurre il peso di Joerg Haider, e tenerlo fuori).

Ma perché mai - chiede Alexander van der Bellen, leader dei verdi, un Prodi in versione ecologica - uno dovrebbe votare "contro" Haider proprio votando Klima, capo di una coalizione che con il suo immobilismo non ha fatto altro che far crescere i Freiheitlichen, e leader di un partito sclerotizzato e degradato al punto di presentarsi (nella veste del ministro degli interni Schlögl) come la versione light, piú presentabile, dello xenofobismo e della negligenza dei diritti umani dei Freiheitlichen? Chi la svolta - per un riformismo democratico, ecologico, umano - la vuole per davvero, non può che votare verde (o liberale). E poi si andrà alla resa dei conti, e vedremo quali maggioranze è possibile costruire in base al giudizio degli elettori.

Dello stesso parere è Robert Menasse, uno fra i più noti scrittori (saggista, romanziere) del nostro paese, ed uomo di sinistra (e per questo tacciato dalla destra di "poeta del regime socialdemocratico"): "Questa volta, bisogna rafforzare l’opposizione proprio mandando i socialdemocratici all’opposizione."

Durante le ultime settimane della campagna elettorale Menasse stava facendo un tour promozionale per il suo nuovo libro, una collezione di saggi sulla situazione politico-sociale-culturale della nazione, intitolato "L’idiozia è fattibile". Dopo aver tracciato un ritratto feroce della socialdemocrazia realizzata e dopo discussioni accanite con il suo pubblico, finiva sempre con un forte appello: d’accordo, il programma di Jörg Haider è una schifezza. La sua campagna è stata scandalosa ed intollerabile Ma lasciate perdere i tatticismi, votate quello che volete, ma votatelo con convinzione. Cioè votate la vera sinistra riformista.

Una scommessa, non c’è che dire. Com’è andata a finire, voi, mentre state leggendo, giá lo sapete...