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QT n. 21, 5 dicembre 1998 Cover story

All’ombra della Margherita: questa destra a cosa serve?

Massimo D'Alema, se può, gli avversari se li sceglie. Ed è per questo che un avversario come Berlusconi, screditato, impresentabile, ricattabile, costituisce l'ideale; e infatti se lo coltiva come fosse un fiore, attento che non appassisca.

Noi pensiamo diversamente. Se un tennista si misura solo con avversari scadenti, anche lui peggiorerà; e anche in politica la mancanza di avversari, impigrisce, senza una sana competizione è l'insieme della politica che scade. Finché si potrà fare campagna elettorale dicendo "non vorrete Previti come ministro della giustizia?" (oppure "Boso assessore?") la politica potrà impunemente volare raso terra.

Partiti o aggregazioniProvinciali 1998Politiche 1996
Alleanza Nazionale6,01 %9,9%
Unitalia-Fiamma0,29 %-
Forza Italia CCD11,7 %18,7 %
Lega Nord8.76 %20,8 %

Per questo in Italia e in Trentino sarebbe importante che ci fosse un centrodestra robusto, capace di incalzare gli avversari, e che li costringa a dare il meglio. In quest'ottica, all'indomani della batosta delle ultime provinciali, vediamo quale è la situazione del centrodestra trentino. Se ha affrontato i motivi della sconfitta, se si sta attrezzando per porvi rimedio.

Forza Italia: tra il Berlusca e i culi di pietra

Forza Italia vorrebbe essere di destra. Eppure dei tratti specifici di una destra moderna non c'è traccia. Difatti, caduta in disuso la vetusta triade Dio-Patria-Famiglia, la destra degli anni '80 ha marciato su due slogan: Legge ed Ordine, Liberismo e Mercato. Ora, di Legge ed Ordine nel partito di Berlusconi non si vede ombra; anzi. Si sostiene un garantismo così estremizzato che ormai non riguarda più solo i problemi giudiziari del capo, ma ha finito con il coprire chiunque sia accusato di corruzione, e poi di mafia, e poi i generali ambigui, e i ragazzi che gettano sassi dal cavalcavia, e quelli che sparano dall'Università... Una posizione strampalata, che potrebbe avere un senso in un qualche partitino radicale non in un partito di massa, e per di più di destra. La deriva personalistica presa dal gran capo la si è vista anche nel comizio di Trento: un discorso tutto suo, su cose (il regime, la mancanza di libertà, i comunisti che opprimono, i giudici...) del tutto estranee all'esperienza di chi dovrebbe dare il voto; e allora i fan ancora applaudono, ma le urne rimangono vuote.

Di questo parliamo con Giacomo Santini, eurodeputato e capolista di Forza Italia alle recenti elezioni. "Nel mio apporto a Forza Italia io ho chiesto una certa indipendenza: per parlare delle cose locali; e della mia esperienza nel Parlamento e nelle commissioni europee. Non penso che si possano trasferire modelli politici, da Roma a Trento, è una sudditanza da cui dobbiamo distaccarci. Basta che venga qui un leader nazionale, di qualsiasi partito, e quello che dice diventa il verbo. E i nostri temi scompaiono." Passiamo al secondo punto, Liberismo e Mercato.

A livello nazionale Forza Italia si è distinta nel l'appoggiare indistintamente le varie corporazioni: gli allevatori del latte, i commercianti che vogliono le licenze, i tassisti contrari alla liberalizzazione. Insomma di liberismo se ne è visto poco, di tatcherismo, niente. A livello locale è ancora peggio. Perché le corporazioni assumono una fisionomia ben definita, e ancor più retriva, quella dei celebri culi di pietra. Infatti gli attuali vertici dell'Unione Commercio, Bort, Oss e Zecchini, controllano il Ccd, partito alleato di Forza Italia con cui (sia pur con contrasti) ha condiviso la lista; e in particolare controllano gli esponenti Ccd nella lista, peraltro tutti trombati (è noto che l'ascendente elettorale dei culi di pietra è nullo). Hanno però forti legami con tre dei quattro eletti della stessa Forza Italia (Perego, Cominotti, Mosconi); e attraverso i "consulenti" Marcantoni e Malossini (note vecchie volpi de, ora sul libro paga dell'Unione) hanno intrecciato ulteriori legami con il piccolo mondo del centrodestra trentino.

Tutto questo è sfociato in una proposta surreale: l'ipotesi di candidare a sindaco di Trento, qualora non ricevesse la riconferma della Presidenza della Camera di Commercio, del presidentissimo Marco Oreste Detassis, professionista nel sedere in tutti i cda para-pubblici; e incredibile quale alternativa a Detassis, l'ex presidente dell'Unione Giuseppe Bertoldi, altro noto professionista della poltrona, di cui con una rivolta i commercianti si erano da poco liberati (per cadere dalla padella alle brace, ma questo è un altro discorso). Ora, di quale liberismo si può accreditare un partito così avvinghiato col ceto burocratico più immobilista della provincia? Di quale imprenditorialità si parla quando si rappresentano i professionisti delle poltrone pubbliche e para-pubbliche? (A parte l'ovvia considerazione: un sindaco viene votato dai cittadini, non da altri burocrati in un reciproco scambio di favori; come si può pensare che certi personaggi possano essere votati?)

Insomma, dov'è la destra? dov'è il mercato? dov'è l'impresa? "Nessuno di noi è dentro alcun consiglio di amministrazione pubblico - risponde Santini - non abbiamo alcuna inclinazione né a procurarci posti né affari. Noi siamo e rappresentiamo il popolo dell'Iva, quello che deve fare i conti con la globalizzazione, che deve fornire il prodotto migliore al miglior prezzo." Eppure i nomi di Detassis, di Bertoldi...

"In questa fase non facciamo nomi; l'importante è che sia un uomo di esperienza, poi dovrà accettare il nostro programma: che è di apertura europea, ed è ad esso che i candidati dovranno adeguarsi. Non abbiamo ancora fatto l'esperienza delle amministrative; è difficile trovare gente disposta a mettere fuori la faccia, e non è escluso che esca un giovane."

Insomma Forza Italia ha difficoltà a navigare fra i caimani della politica trentina. E, ammesso che riesca a non diventare l'ultima spiaggia del ceto burocratico ex dc, in cerca di nuovi sponsor politici (tutti i nomi citati - tranne Bertoldi - sono rigorosamente ex democristiani, oggi in difficoltà o in disgrazia) rimane il problema vero: cosa vuol dire oggi, in Trentino, essere di centrodestra? Con Santini passiamo a parlare della prossima legislatura.

"Da una parte dovremo scrollarci di dosso il concetto di politica autonomistica come "difesa dell'autonomia ", quando nessuno pensa di togliercela. Invece deve essere la spinta in più per poter andare a dialogare con il resto dell'Europa. Una quota dei 6000 miliardi della Pat, con l'agilità legislativa che dovremmo avere, può essere utilizzata per sfruttare i programmi europei, che procedono per cofinanziamenti (e noi, a differenza di altre realtà, abbiamo i soldi per la nostra parte di finanziamento)".

Dall'altra...

"Dall'altra dovremo riformare le istituzioni. Abolire i comprensori, decentrare i poteri ai comuni: il che vuol dire far rivivere le valli, aumentare il lasso di democrazia, di cultura, di possibilità economiche delle periferie." E Santini si lancia in un'efficace descrizione degli effetti di un reale decentramento sull'economia e sulla vita della gente.

Ma questa altro non è che la riforma istituzionale invano presentata la scorsa legislatura dal diessino Bondi... "Sulle istituzioni si dovranno avere convergenze che vadano oltre gli schieramenti." Perfettamente d'accordo. Rimane il problema: cosa vuoi dire oggi essere di centrodestra?

AN: Tosolini per uscire dal ghetto

Alleanza Nazionale ha aumentato i voti (ma non rispetto alle politiche) è passata a due consiglieri: ma è uscita dal ghetto? Il ghetto del Msi: fascisti, nazionalisti, quindi antiautonomisti e ostili ai vicini sudtirolesi, con cui invece tutti a Trento vogliono andare d'accordo. Il risultato non sembra confortare speranze di evoluzione: i due eletti, Taverna e Plotegher, sono fascisti da sempre e missini doc; il terzo della graduatoria poi. Cristiano de Eccher, ha addirittura un torbido passato di picchiatore. E' possibile superare tutto questo? Dare finalmente vita a una destra moderna, che abbracci la democrazia e ripudi il nazionalismo e il mito della forza (xenofoba)?

"Gli ostracismi verso di noi sono in gran parte di comodo - ci risponde Marco Zenatti, consigliere comunale a Rovereto, ex Dc approdato a AN proprio sull'onda dei cambiamenti promossi da Fini - Adesso abbiamo due consiglieri; sarà loro compito creare le condizioni per cui si sviluppi una nuova classe dirigente, che li sostituisca."

A parte il fatto che Taverna sembra incastonato nel Consiglio provinciale, quali i contenuti di questa politica? I vecchi valori Dio-Patria-Famiglia per AN hanno ancora dei significati ( "il concetto di onore, di fedeltà alla parola data") magari attualizzati rispetto ai problemi della società multietnica ( "è sbagliato il senso di inferiorità, che tanti hanno, rispetto alle altre culture e religioni"); anche se su alcuni fronti sembrano proprio retro ( "siamo nell'Europa, ma l'Europa è formata da nazioni; ed è negativo togliere il sentimento della Patria, perché allora non resta più nulla "). E il Trentino? "Non siamo contro l'Autonomia; ci viene appiccicata l'etichetta di antiautonomisti per poterci escludere ".

Il che molto probabilmente è vero. Ma il fattore su cui AN conta per svolgere un nuovo ruolo è paradossalmente lui, il vincitore, Dellai, "l'espressione dei poteri forti del Trentino: la cooperazione, la classe imprenditoriale che investe solo se coperta dall'Ente Pubblico; ma li avete visti i giornali, come gli hanno fatto mesi di campagna elettorale gratis?" Su questo AN, meno legata di Forza Italia da certe sudditanze, ha intenzione di esercitare l'opposizione, acquisendo visibilità e credibilità, "per di più visto che la sinistra rischia di trasformarsi nella stampella dei poteri forti..."

Insomma AN aspetta Dellai al varco, convinta che debba ripagare pesanti supporter: non appena Lorenzo il Magnifico proporrà un qualche "affare" con Tosolini, Taverna & C sapranno di poter iniziare a contare davvero.

Lega: dopo la secessione, che cosa?

Non sono state queste le elezioni della protesta; e la Lega ne ha subito risentito. "Siamo stati penalizzati da due fenomeni - ci dice il presidente Sergio Divina - Da una parte la borghesia, spaventata anche dalla proposta di secessione, ci ha abbandonato: decretando l'insuccesso dei nostri moderati come Tosadori, o di quelli come Boldrini che sono visti come intellettuali; mentre escono i Boso, o gli esponenti della periferia come Bertolini. Dall'altra chi intendeva protestare ha preferito rimanere a casa, o annullare la scheda. D'altronde era velleitario pensare di tenere insieme entrambi i fronti."

D'accordo, però la Lega ha perduto su entrambi. Il fatto è che forse ci sono ragioni profonde: il federalismo, e ancor più la secessione, sono obiettivi strani, importati, in un Trentino già ampiamente autonomo, e che per di più da Roma ha preso bei soldoni. E poi il progetto di Bossi aveva un senso se l'Italia non entrava in Europa, e si poteva dire per colpa del Sud. Ma adesso, che si ragiona in termini di Bruxelles, di politiche comuni con Germania e Francia, la Padania scompare.

"La secessione era prematura. Parafrasando al contrario Cavour, prima bisogna fare i Padani, poi la Padania. Per questo puntiamo a creare l'identità, attraverso le Olimpiadi Padane, le feste, le miss..." A noi sembra il ghetto, tanto folklore per i militanti, e basta. "Ma no, perché poi ci sono i giornali, la Tv Padana..." Sarà. Per il Trentino la Lega prevede momenti di difficoltà, legati alla diminuzione delle risorse: "Bisognerà affrancarci dai trasferimenti romani attraverso un fisco trentino. Ma questo da Roma non ce lo daranno, perché con i soldi del Nord devono coprire le spese del Sud. Ecco perché noi dobbiamo costruire una comunità del Nord, che darà anche una mano al Sud, ma che dovrà essere una realtà economica indipendente." Su questi presupposti, contando sul proprio "zoccolo duro", la Lega pensa di andare avanti. Bastano?

Patt: il boss Tretter il fragile Carlo  e l'Autonomia che non tira più

La batosta del Patt (24.863 voti svaniti, da 7 a 4 consiglieri) ha vari padri (incerti). E una madre, certa: l'Autonomia. Non si può pensare di tenere insieme un partito di massa, attorno ad un obiettivo già raggiunto da venti anni, e che nessuno minaccia: è lo stesso concetto di partito autonomi sta ad essere ormai vuoto. Della cosa gli esponenti più avvertiti si erano da tempo resi conto: e avevano sperato di spendere l'inaspettato successo del '93 (ottenuto dai voti in uscita dalla Dc morente) per trovare un nuovo ruolo. Di qui l'ipotesi dell'allora segretario Moreni: il Patt doveva fungere da cerniera, da traghettatore del mondo trentino rurale e conservatore verso la nuova società del 2000, attraverso un'alleanza con il centrosinistra: un Ulivo, una Margherita ante-litteram, per dare sbocchi duraturi ai voti ex Dc.

Ma qui sorse il secondo grosso problema del partito: Franco Tretter. Persona notoriamente modesta, ma detentrice delle leve dell'apparato, Tretter ritiene il Patt cosa sua, si ingelosisce e defenestra chi inizia con il fargli ombra. E così fu per Moreni, costretto alle dimissioni, il suo progetto bollato come "cedimento ai comunisti": e avanti a chiacchierare di Autonomia, se il partito perde pazienza, l'importante è che rimanga nelle mani del boss.

In questi anni però è cresciuta una leva di amministratori autonomisti (alcuni nomi: Spagolla, Dalfovo, Radam, Penasa, Carlini, sindaci o vice a Telve, Mezzolombardo, Mori, Rabbi, Lavis, e altri ancora) "che si rende conto che il partito movimento, il partito che sa di malga, non può esprimere più niente - ci dice un dirigente pattino - lo zoccolo duro del partito è destinato, anche dal punto di vista anagrafico, ad esaurirsi. Le buffonate tipo la manifestazione di Pattini sul Kaserjager, non solo sono falsi storici, ma fanno ridere, fanno perdere elettori " a Trento si è passati da 11.000 a 5.000 voti, e un candidato come Cristofolini ha piantato il Patt, andando a farsi eleggere nella Margherita.

A questo punto, perso il treno del progetto Moreni, per gli amministratori pattini l'unica via di uscita è riuscire ad esprimere il buon governo, soprattutto in periferia. Di qui la necessità dell'accordo con il centrosinistra; ma, prioritaria, la necessità di essere credibili, e quindi, di mettere in un angolo l'imprevedibile e inaffidabile Franco Tretter. E questo poteva essere il momento buono: Tretter è uscito dalle elezioni umiliato, superato nelle preferenze da Andreotti, nella "sua" Val di Non è passato da 3996 preferenze a 1868. Ed ecco il piano: silurare il segretario organizzativo Franzinelli (ridicolizzato dal responso delle urne), puntare su Andreotti ed avviare subito trattative con Dellai.

Ma qui è uscito un ulteriore elemento: la fragilità di Andreotti. Che volendo rimanere abbarbicato ad una poltrona ormai persa, ha mandato tutto all'aria, inseguendo impossibili giunte alternative con lui presidente.

E così il Patt non ha una politica, si deve tenere il boss Tretter, non ha l'alternativa Andreotti. Probabilmente finirà con l'accodarsi a Dellai: ma con pochi entusiasmi e ancor meno prospettive.