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QT n. 15, 12 settembre 1998 Servizi

Vent’anni dopo

Calceranica: dopo una lunga attesa, un piano regolatore privo di logica, studiato solo per costruire nuova viabilità. Ma la gente non ci sta...

Il lago di Caldonazzo da decenni soffoca nelle polemiche, una storia lontana nel tempo, letta troppe volte nella gestione del territorio trentino: la vittima è sempre la stessa, si tratti di ambito lacustre, di campagna agricola, di montagna: l'ambiente, il paesaggio, il bene naturale sacrificato all'interesse di poche corporazioni.

Negli anni '60 il lago era l'arena di allenamento di motoscafi e di ogni possibile barca a motore. Un infuocata protesta, durata anni, ha messo fine a questa deleteria pratica che inquina il lago nella qualità delle acque, per i rumori, i pericoli, i danni alla fauna ittica e selvatica.

All'inizio degli anni '70 l'Unione Consumatori di Trento pubblicava un numero monografico della rivista dell'associazione dedicata al lago, un tempo definito 'la perla del Trentino'. La pubblicazione portava il significativo titolo "Guida per derubare il demanio ".

Infatti, nel corso degli anni, grazie ad una sommatoria di incredibili furbizie di privati, omissioni da parte delle pubbliche amministrazioni comunali e provinciali e del Genio civile, lungo la riva erano sorte villette abusive, abbaini, spiagge recintate. Quando le distanze dalla riva divenivano dubbie, venivano scaricati nel lago interi cassoni di camion di sabbia. E così il dettato della legge veniva ristabilito.

Davanti alle contestazioni degli speculatori, il Genio civile non si è mai preoccupato di sistemare i cippi che delimitano la proprietà pubblica demaniale, proprietà che per legge dovrebbe essere inalienabile.

Oggi la situazione presenta grande confusione sulle proprietà: casette e recinzioni che invadono proprietà pubbliche, un disordine urbanistico incredibile, spiaggette degradate, ricoveri faunistici improvvisati.

Era ed è ancora necessario quindi portare razionalità nell'area, nell'urbanizzazione, nelle scelte della viabilità, nelle prospettive di sviluppo, nelle garanzie di tutela ambientale e paesaggistica.

Per fare questo da vent'anni si lavora su una variante del Piano Regolatore Comunale di Calceranica.

Chi legge rimarrà sorpreso: una variante in un paesino tanto piccolo, poco più di mille abitanti, impiega un iter amministrativo tanto impegnativo? Certo, quando la confusione si presenta tanto articolata succede. Ma finalmente il .Piano è giunto alla sua conclusione, dopo essere stato rivisto da un commissario nominato dalla Provincia, in quanto diversi consiglieri comunali non potevano esprimersi perché soggetti direttamente interessati nelle scelte.

Nonostante questi tempi lunghi, non si è però riusciti a raggiungere una sintesi delle diverse esigenze della popolazione; gli scontenti, la maggioranza, sono proprio quelli che si aspettavano dal Piano un intervento deciso nella tutela del bene pubblico, dell'ambiente lacustre, del paesaggio.

I rappresentanti del Comitato che a Calceranica si oppone agli obiettivi previsti nel nuovo Piano Regolatore, ci dicono, e a ragione, che uno strumento urbanistico dovrebbe servire a risolvere i tanti problemi di una collettività. A Calceranica invece il nuovo piano sembra abbia un obiettivo opposto: complicare la necessità di mobilità, occupare con strade territorio prezioso e di alto pregio naturale, portare irrazionalità in un'area già degradata.

Eppure i presupposti che avevano dato vita all'incarico progettuale affidato all'arc. Renzo Giovannini erano diversi. Fra i 15 obiettivi previsti, si voleva riorganizzare e valorizzare ambientalmente la fascia del lungolago, caricare i campeggi presenti dalla via Andanta potenziandola, favorire la pedonalizzazione del lungolago e costruire la ciclabile, limitare la costruzione di nuove strade di collegamento. In piena campagna elettorale del 1995, il sindaco proclamava che il Piano doveva essere uno strumento discusso dai cittadini e dalle componenti sociali. Ma i risultati sono opposti, specie in tema di viabilità.

Il Piano proprio non è gradito dai residenti e 319 persone hanno costituito il combattivo comitato di opposizione ed hanno presentato 155 osservazioni. La frattura fra la popolazione e il Consiglio comunale è netta, visto che in Consiglio neppure la minoranza si oppone alle scelte della variante al Piano Regolatore..

I motivi dell'opposizione sono semplici ed evidenti. Si prevede la costruzione di una strada che a monte affianca in parallelo il percorso della ferrovia della Valsugana partendo dalla stazione per congiungersi alla via Andanta.

Una rete di sette strade a pettine doveva collegare la strada esistente a questa nuova arteria distante al massimo 300 metri e che corre parallela. Durane la revisione del Piano operata dal commissario ci si è accorti che alcune di queste strade a pettine erano previste sopra i tetti di abitazioni esistenti, o che la nuova arteria toglieva interi angoli di abitazioni.

Per ovviare a questo, oltre ad aver ridimensionato l'originaria larghezza della strada da 8 metri a 5 e mezzo, si sono ridotte le fasce di rispetto dalle abitazioni. Un risultato sarebbe comunque ottenuto: privare le case esistenti di pertinenze necessarie come orti, giardini e altri spazi vitali. Una lista di superficialità incredibile, se non risultasse documentata; ma l'irrazionalità delle scelte continua.

Con l'obiettivo dichiarato di togliere il traffico dalla strada provinciale esistente, si obbligherebbero le auto ad assurdi giri dell'oca, arrivando in riva al lago per poi ritornare verso il centro scavalcando così il torrente Mandola e poi ritornare sul lago. Invece di liberare la riva da un eccesso di strutture, si complica tutto. Vi dovrebbe passare una pista ciclabile, c'è già la ferrovia per la quale è previsto il potenziamento e si dovrebbe costruire questa nuova strada che collegherebbe due misere aree di parcheggio, una da 20 posti auto e l'altra da 80, ovviamente posta a ridosso di ferrovia o strada, quindi vicina alla costa.

Esterna al paese, la vecchia strada romana, via Andanta, solca un'area agricola secondaria; una strada che deve essere potenziata perché necessaria ai campeggi, una strada che potrebbe ospitare parcheggi ben più consistenti ed esterni all'abitato, una strada che collegherebbe direttamente il lago con la zona di Vattaro. Non si capisce perché il pianificatore non si sia soffermato su questa ipotesi sollecitata da più parti. Non si capisce nemmeno come possa succedere che in una zona ad alta vocazione turistica si preveda una sola area di espansione alberghiera, oltre tutto sistemata in un'area marginale, minima.

Vent'anni di riflessione sullo strumento di pianificazione potevano portare a risultati qualitativi ben più consistenti.

Le scelte, specie dal punto di vista ambientale, saranno invece penalizzanti. Invece di far rivivere il lungolago, lo si sottopone al passaggio di viabilità pesante in spazi ristrettissimi.

Non si è aggredito il nodo delle proprietà pubbliche e del loro ripristino ambientale, non si sono avanzate concrete proposte di ripristino ambientale, la pista ciclabile dovrebbe quindi passare su proprietà che di fatto sono state recintate e davanti al silenzio assenso delle pubbliche amministrazioni sono divenute pubbliche, le linee guida che dovevano ispirare i pianificatori sono state disattese.

La vittima di questo assurdo cartello?

Il cittadino che pretende correttezza. Chi nel 1995 aveva votato auspicando soluzioni rispettose dell'ambiente e uno sviluppo turistico equilibrato.

Chi grazie al lago, prova ancora a vivere emozioni, suggestioni, momenti di poesia e incontro con la bellezza.

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