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Se vuoi la pace prepara la guerra?

Citando gli antichi romani la nostra presidente del Consiglioha giustificato in Parlamento l’innalzamento delle spese militari e l’adesione dell’Italia al piano di riarmo europeo. Coerentemente con il proprio pensiero politico di destra Giorgia Meloni ha pronunciato le parole con le quali i dominatori di allora identificavano la pace con il proprio dominio, tanto che al “se vuoi la pace prepara la guerra” faceva eco talvolta qualche osservatore critico con le parole “hanno fatto il deserto e lo hanno chiamato pace”.

Chi oggi ci governa esprime dunque una concezione da dominatore, in linea col carattere imperiale dell’antica Roma e quello imperialista delle potenze egemoni nel moderno ordine mondiale capitalistico. Concezione che coerentemente fa discendere la pace, o la pacificazione, da una precedente azione militare che determina (e divide) vincitori e vinti. Nessuno spazio alle ragioni dei più deboli o dei vinti, nessun dubbio che questo modo di concepire la coabitazione dei popoli in un mondo sempre più ristretto possa rappresentare non la civiltà ma la sua profonda crisi. Qui, in definitiva, sta il discrimine tra destra e sinistra!

Basterebbe, in tal senso, considerare le gravi condizioni in cui versa l’ecosistema Terra, aggravate tra l’altro dalle guerre in corso, per rendersi conto di quanto anacronistico sia continuare a pensare in questi termini, di quanto sia necessario e vitale per l’umanità intera sottoporre ad un severo vaglio critico il sistema capitalistico e la sua pretesa di rappresentare, in quanto vincente, il punto di arrivo della storia umana. Solo l’arroccamento dei dominatori nelle loro posizioni di dominio, sacrificando il resto dell’umanità, può giustificare una tale baldanza!

In una interessante riflessione sulla guerra (atomica) Luigi Manconi (La Repubblica, 24 giugno 2025), considerando la debolezza del movimento pacifista, ne attribuisce le cause all’esaurimento di “tutte le culture alternative, le ideologie antagoniste, le politiche critiche”, cosicché “ci si trova di fronte alla potenza irraggiungibile di chi esercita il comando: compreso quello di decidere la guerra”. Penso che la riflessione di Manconi sia importante e abbia ragione nell’indicare le cause della nostra attuale “impotenza” di fronte alle scelte di guerra.

Ma da cosa è dipeso quell’esaurimento? Sicuramente dalla tenace volontà dei dominatori (Capitale) di rendere perpetuo il loro dominio distruggendo tutti i ponti che ci avrebbero consentito di passare sull’altra riva del fiume, ogni strada diversa per l’umanità del futuro, impedendo in tal modo ogni alternativa possibile alla crisi di civiltà che stiamo attraversando. A ciò va però anche aggiunta la comoda adesione alle idee dei vincitori da parte di coloro che avrebbero dovuto rappresentare i vinti, gli oppressi, gli sfruttati. Da qui nasce quel misto fra “senso di impotenza” e “assuefazione” di cui parla Manconi, perché non basta manifestare una impotente (in quanto interna all’orizzonte dato) opposizione ad ognuna delle guerre che ci si parano davanti; occorre sia viva una idea alternativa di futuro per l’umanità intera, affinché tale opposizione abbia anche una sua reale efficacia e si alimenti di ragioni che vanno ben oltre il contingente. Una risposta di civiltà che può trovare le proprie ragioni, e le proprie visioni solo all’interno del patrimonio ideale e storico della sinistra, non quella dei salotti, però.

Il fatto che oggi ci si proponga come unica pace possibile quella derivante dalla guerra di dominio e di sterminio o dalla cosiddetta deterrenza nucleare, dove solo il possesso della bomba atomica è garanzia di sicurezza, significa semplicemente che ci si vuol confinare dentro l’orizzonte oggi dominante, plasmato dai rapporti sociali connaturati al Capitale.

Un’altra pace, però, è possibile e sta dentro un percorso di giustizia che scardini questo sistema ingiusto fondato sul dominio, l’oppressione e la distruzione del nostro ambiente di vita. Non ci sono garanzie di riuscita, in quanto la storia è aliena da ogni finalismo, tuttavia l’alternativa ad un futuro distopico, alla barbarie di cui Gaza è forse soltanto una tragica anticipazione, sta più che mai oggi nella nostra capacità di andare oltre rilanciando con forza l’utopia “socialista”. Più che mai attuale penso sia il dilemma: “socialismo o barbarie”!

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