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QT n. 9, settembre 2024 Servizi

Lona-Lases: fango sul Clp

Dalla frana dello Slavinac alla ‘ndrangheta: gli anni passano, ma le cose non cambiano. E a volte la stampa non fa il suo mestiere.

Walter Ferrari

Dalla frana dello Slavinac alla ‘ndrangheta: gli anni passano, ma le cose non cambiano. E a volte la stampa non fa il suo mestiere.

L’Adige del 20 luglio titolava a caratteri cubitali nella pagina dedicata a Lavis-Rotaliana: “Sul Comune botta da 70 mila euro” precisando poi “Rimborsi a 27 ex amministratori per gli esposti del Clp”. L’articolo veniva esposto con solerzia su tutte le bacheche del Comune per circa un mese con lo scopo evidente di infangare l’azione di denuncia del malaffare, condotta anche mediante gli esposti alla Magistratura, nella quale il Coordinamento Lavoro Porfido (Clp) è impegnato da un decennio.

Qualche giorno dopo lo scrivente inviava al direttore dell’Adige una nota di protesta, in quanto le dichiarazioni dell’assessora Letizia Campestrini venivano riportate nel predetto articolo senza alcuna verifica e men che meno l’autrice si era premurata di sentire in proposito cosa avevano da dire i rappresentanti del Clp. Tanto più che successivamente, mediante una delibera adottata dalla Giunta comunale il 28 agosto scorso, viene impegnata la somma di 22.210 euro in quanto la somma richiesta dagli ex amministratori per le spese legali sostenute risultava pari al doppio (51.121 euro) di quella giudicata congrua dall’Avvocatura dello Stato (25.617 euro), ma di tutto ciò nessun titolone è stato fatto dall’Adige.

Pur abituati ad essere snobbati dalle amministrazioni locali della zona del porfido, non fa certo piacere vedersi negato lo spazio per una precisazione da parte della stampa locale. In fondo il nostro impegno, del tutto gratuito e volontario, è stato volto ad un’opera “di presidio e tutela sindacale”, come recita la targa di ringraziamento conferitaci un anno fa dalle Acli trentine. Una “attestazione di vicinanza e condivisione” conferitaci, unitamente al direttore di QT Ettore Paris, “per il lavoro d’inchiesta, informazione e denuncia contro il crimine organizzato” che evidentemente però poco aggrada alla nuova amministrazione comunale guidata dall’avv. Giacomelli.

Si tratta tuttavia di un vecchio copione al quale siamo avvezzi, tanto da richiamare alla memoria gli improperi che l’allora (come ora) vice sindaca Mara Tondini mi rivolse all’uscita di un’ assemblea pubblica sulla frana dello Slavinac, presso la scuola elementare di Lases, nell’autunno del 2000. Anche allora (come oggi per le risultanze di “Perfido”) per questi signori l’enorme frana che incombeva sul lago di Lases era un’invenzione di quella mezza dozzina di persone che avevano dato vita all’omonimo comitato e semmai la frana ci fosse stata davvero le responsabilità erano sempre loro. Sarebbe come attribuire al termometro la colpa della febbre, per questi signori basterebbe non misurarla e tutto andrebbe bene!

Di lì a un anno Mara Tondini sarebbe succeduta a Roberto Dalmonego sullo scranno di primo cittadino e la sua prima dichiarazione alla stampa, pochi giorni dopo la vittoria elettorale, fu testualmente: “La frana dello Slavinac per noi non è mai stata un problema, sono stati gli altri a farla diventare tale” (L’Adige, 5 giugno 2002). Significativa in proposito la foto pubblicata dall’Adige del 21 maggio 2002, all’indomani delle elezioni, che la ritraeva raggiante mentre stringeva la mano a Nicolò Valenti, socio (siciliano) della ditta Trento Porfidi. Sì, proprio la concessionaria del lotto n. 8 in località Slavinac che, operando in violazione ai piani di coltivazione e alle prescrizioni del Servizio Minerario tra il 1996 e il 1999, ebbe un ruolo determinante nell’innescare la frana del versante che incombeva sulla sottostante S.P. Fersina Avisio e sul lago di Lases.

Purtroppo allora il Comitato Slavinac non presentò alcun esposto, confidando nelle autorità preposte alla verifica delle responsabilità che, a detta dell’allora dirigente provinciale della Protezione Civile ing. Claudio Bortolotti, erano chiare ed evidenti, tanto da fargli affermare in una pubblica assemblea: “Stavolta non pagherà il solito Pantalone!”. Invece Pantalone, cioè l’intera comunità provinciale, pagò ben 8 milioni di euro per la messa in sicurezza della frana, in quanto nessuna autorità preposta si preoccupò di accertare le responsabilità di quanto accaduto.

Le cose si sapevano

Eppure bastava un’occhiata a QT e precisamente al n. 23 del dicembre 2000 per trovare l’elenco dettagliato delle violazioni da parte della ditta concessionaria Trento Porfidi e delle omissioni da parte del sindaco Roberto Dalmonego. Gli articoli, firmati da Ettore Paris (“L’apocalittico effetto domino”) e da Walter Micheli (“Cronaca di una frana annunciata”), unitamente alla cronologia curata dal Comitato Slavinac, contenevano sia la notizia di reato che la lista di mandanti, esecutori e complici, ma la Procura di Trento non aprì alcun fascicolo d’indagine o, se venne aperto (a nostra insaputa), fu anche frettolosamente richiuso! Fu solo distrazione? Dopo quanto portato alla luce dall’indagine “Perfido” relativamente alle relazioni all’interno del Tribunale di Trento, ci si permetta qualche dubbio.

Mara Tondini

Di certo, come scriveva allora su QT l’ex vice presidente della Giunta provinciale Walter Micheli (il cui apporto al Comitato Slavinac fu assai prezioso), “la frana dello Slavinac, con la sua drammatica pericolosità”, metteva a nudo “i rischi di una politica incapace di rapportarsi correttamente con l’ambiente”, mentre la Giunta provinciale latitava, “paralizzata dagli interessi delle lobby e da un macroscopico conflitto d’interessi interno (l’assessore Casagranda)”. Problemi non solo di sicurezza e di tutela ambientale, sottolineava Micheli, “ma anche problemi di costume politico”. Parole che potrebbero essere ripetute oggi di fronte all’indecente restaurazione avvenuta a Lona-Lases, riducendo tra l’altro la questione della presenza ‘ndranghetista in Trentino ad un problema di paese.

Lona-Lases ha voltato pagina?

Per rendersi conto di come il tanto sbandierato “voltar pagina” sia stato e sia un grande bluff basta dare un’occhiata all’archivio dell’Adige e precisamente all’articolo del 21 maggio 2002, il giorno dopo le elezioni comunali che per la terza volta sancivano il successo della lista sponsorizzata dai cavatori e guidata prima da Roberto Dalmonego e stavolta da Mara Tondini. Ben tre nomi di peso dell’attuale amministrazione, vale a dire la vice sindaca Mara Tondini, l’assessore Letizia Campestrini e l’eminenza grigia Piermario Fontana comparivano accanto a Giuseppe Battaglia nella lista vincitrice nel 2002, andando a ricoprire rispettivamente i ruoli di sindaca (Tondini), vice (Fontana) e assessore (Campestrini). Per inciso faccio notare come della stessa compagine elettorale faceva parte anche Massimiliano Ferrari, attuale presidente dell’Asuc di Lases, uno degli enti facenti parte del famigerato comitato contro le infiltrazioni criminali istituito dal Prefetto in accordo con il neo sindaco. E dato che ancora la memoria non ci fa difetto, ricordiamo che trattasi di quel Giuseppe Battaglia che, assieme al fratello Pietro, aveva portato a termine giusto due anni prima l’acquisto della cava di Camparta con i cugini Carlo e Tiziano Odorizzi: un’operazione da 12 miliardi di lire in odore di riciclaggio, come ebbe ad affermare uno dei PM durante il recente processo “Perfido” nel quale erano imputati proprio i fratelli Battaglia.

Mi pare utile ricordarlo, in quanto nel 2002 i fratelli Battaglia erano ancora soci dei cugini Odorizzi nella Camparta (e lo resteranno fino al 2004) e la neo sindaca di Lona-Lases era coordinatrice provinciale della Margherita che l’anno seguente porterà in Consiglio provinciale nientemeno che Tiziano Odorizzi (a sostituire quale rappresentante politico della lobby porfidara il cav. Sergio Casagranda, prematuramente scomparso nel 2001). Di certo Tiziano Odorizzi (già sindaco e vice sindaco di Albiano 1990-2000, coordinatore della conferenza dei sindaci dal 1994 e responsabile del Patto territoriale della Valle di Cembra dal 2001) sapeva da quali ambienti provenivano i soldi maneggiati dai fratelli Battaglia e Mara Tondini sapeva, essendo allora di dominio pubblico, che i due erano soci.

Ma ad oggi nessuna di queste persone ha ritenuto doveroso fornire alcun chiarimento in merito a quelle vicende e ciò fa pensare facesse comodo a tutti godere dell’appoggio elettorale di soggetti legati o provenienti da certi ambienti, così come partecipare ad operazioni economiche alquanto opache. Così come la frana dello Slavinac per questi signori non è mai stata un problema, evidentemente nemmeno quanto portato alla luce dai Carabinieri del Ros con l’indagine “Perfido” per loro è un problema.

A questo punto vale la pena ricordare come il compianto Walter Micheli evidenziasse allora che la questione dello Slavinac non potesse essere chiusa “entro i confini di quel Comune”, in quanto “pone problemi per tutti” essendo “una questione che intreccia temi vitali per il presente e il futuro del Trentino”. Parole profondamente attuali e che egli avrebbe sicuramente usato anche di fronte a quanto emerso nell’indagine “Perfido” e attestato dalle prime risultanze processuali. Parole che prendo volentieri a prestito per interrogare l’intera comunità trentina che non può crogiolarsi pensando che a Lona-Lases si è voltato pagina, in quanto il radicamento negli anni della criminalità organizzata nel settore del porfido è “una questione che intreccia temi vitali per il presente e il futuro del Trentino”.

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