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QT n. 6, giugno 2022 Trentagiorni

Welfare: demagogia, cattiveria e arroganza

La xenofobia leghista, pur più volte sconfitta, persevera

La giunta Fugatti, che si tratti di sanità (il NOT) o di welfare, continua a caratterizzarsi per un dilettantismo al quale si aggiungono poi, di volta in volta, delle deplorevoli motivazioni. Per quanto riguarda l'ospedale, aspettiamo di vedere come si concluderà la vicenda, ma appare improbabile che la sola incompetenza sia stata capace di provocare il pasticcio cui stiamo assistendo. Quanto al welfare – inparticolare il trattamento riservato ai cittadini extracomunitari – a penalizzare questi soggetti c'è la tradizionale xenofobia leghista, una cattiveria insensata che mentre lamenta la mancata integrazione dei migranti, per complicargli la vita fa poi tutto quanto in suo potere . E, come vedremo, anche quanto in suo potere non è.

Per non andare troppo indietro nel tempo, nel 2019 una legge provinciale richiede dieci anni di residenza in Italia a chi domanda un alloggio pubblico o un contributo per il pagamento dell'affitto .

Un cittadino etiope escluso da questa clausola fa ricorso e il Tribunale di Trento lo accoglie. La Provincia però non si dà per vinta e ricorre in appello, ma nel giugno 2021 la Corte respinge il ricorso, ribadendo il carattere discriminatorio della legge in questione, in evidente contrasto con una direttiva europea. Viene anche confermata la decisione, emanata in primo grado, che condannava la Provincia a una sanzione di 50 euro per ogni giorno di ritardo nell'esecuzione dell'ordinanza.

Vabbè, si erano sbagliati. Adesso avranno capito?

No, la Giunta tira fuori di nuovo la storia dei 10 anni di residenza per poter usufruire del cosiddetto bonus bebè, o assegno di natalità che dir si voglia, e stavolta a fare ricorso è un cittadino pakistano.

E il Tribunale di Rovereto, con un'ordinanza emessa il 19 aprile scorso, gli ha dato ragione, ordinando alla Provincia (condannata anche al pagamento delle spese legali) di “pagare al ricorrente l’assegno di natalità (…), modificare il Regolamento (…), dare adeguata informazione alla popolazione della intervenuta modifica dei requisiti (...), con condanna al pagamento della somma di euro 50 per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione degli ordini”.

Gli avvocati del ricorrente commentano: “La con danna era facilmente prevedibile, considerato quanto avvenuto con l’analogo criterio previsto per l’access o alla domanda di case popolari Itea e al contributo sull’affitto e dopo che, a inizio anno, la Corte costituzionale per ac cedere al bonus bebè aveva definitivamente cancellato dall’ord inamento gli stessi criteri, consentendo l’accesso alla prestazion e a tutti coloro che hanno un permesso di almeno 6 mesi che consente di lavorare”.

A questo punto, vista la decisione del Tribunale, il consigliere del PD Alessandro Olivi aveva presentato un disegno di legge per abbassare a due anni di residenza il requisito necessario per l’ottenimento del beneficio, così come funziona nel resto d'Italia. Una correzione appoggiata da sindacati, associazioni, Acli, comunità di accoglienza... perfino dall'Ordine degli psicologi.

Ma la maggioranza ha ribadito ancora il suo no e nei giorni scorsi l'apposita commissione consigliare ha bocciato il disegno di legge.

Neppure il diritto ferma la propaganda cattiva – ha commentato Olivi – Colpire le famiglie e i bambini non ‘puramente trentini’ pensando di raccattare qualche voto equivale a fare violenza alla cultura solidale del Trentino