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QT n. 7, luglio 2021 Cover story

Il disastro NOT

Il progetto dichiarato vincente non rispetta le prescrizioni, sarà più piccolo, inadatto, male attrezzato. Tutte le responsabilità della Commissione di Gara, del Responsabile Unico ing. De Col, della Giunta Fugatti

Un ospedale molto più piccolo di quanto richiesto: 28.000 metri quadrati di superficie in meno, tanti quanto tutto l’ospedale di Cavalese. Questa notizia apparsa sui quotidiani (o meglio, sul Corriere del Trentino) rende sempre più paradossale la vicenda del Nuovo Ospedale Trentino. Con la Provincia che fa vincere l’appalto a una impresa che presenta un progetto gravemente sottodimensionato rispetto alle sue stesse richieste. Una cosa inconcepibile.

Eppure c’è molto di più. E di peggio. Andando a esaminare le carte (poche, perchè la documentazione non viene resa pubblica, forse se ne vergognano) vediamo che le carenze progettuali sono molto maggiori. Carenze, ripetiamolo, rispetto al disciplinare di gara, rispetto cioè alle caratteristiche che la stessa Pat aveva fissato.

Eccone alcune. Le stanze di degenza del progetto Guerrato sono in numero molto minore di quanto richiesto (un esempio, in ostetricia sono richieste 30 singole e 20 doppie, Guerrato le riduce a 34). La Pat richiede che Terapia intensiva e Pronto Soccorso siano contigui, Guerrato li pone alle estremità opposte. La Pat richiede che le fondazioni non scendano oltre una certa quota, per non far abbassare la falda acquifera e mettere a rischio le costruzioni vicine (tra cui Protonterapia), Guerrato scende oltre. La Pat chiede due elisuperfici, una sulla copertura e una a terra, quella a terra della Guerrato non è omologabile. La Pat richiede uno studio dei nuovi flussi veicolari indotti dall’ospedale, la Guerrato non lo presenta, fa di fatto convergere tutto il traffico nella rotatoria del ponte di Ravina, che a questo punto è a forte rischio di intasamento, e nonostante ciò la fa fungere da percorso obbligato anche per le ambulanze. La Pat chiede la presentazione delle caratteristiche tecniche di una serie di macchinari sanitari previsti (sistemi per esami radiologici, ventilatori polmonari, ecc), la Guerrato le presenta solo per alcuni dei macchinari.

Queste, in estrema sintesi, alcune delle gravi, macroscopiche inadempienze del progetto dichiarato vincitore. Le spieghiamo meglio e approfondiamo nelle prossime pagine.

Prima però dobbiamo chiarire due punti.

Il primo è che l’approvazione di un progetto siffatto, non solo è contro l’interesse pubblico, contro il buon senso, è anche contro le norme di legge. Non si può fare. Non si può dire “avete ragione, ma la legislazione è confusa, la giustizia amministrativa è quello che è... non si poteva non approvarlo”. È il contrario: se la stazione appaltante fissa certi criteri, deve poi approvare un progetto che li rispetti.

Infatti l’Articolo 171 del Codice degli appalti (D.Lgs.50/2016), stabilisce che le concessioni, come quella del NOT, “sono aggiudicate sulla base dei criteri di aggiudicazione stabiliti dalla stazione appaltante …, purché siano soddisfatte tutte le seguenti condizioni: a) l’offerta risponde ai requisiti minimi prescritti dalla stazione appaltante; b)” l’offerta soddisfa “le condizioni e le caratteristiche tecniche, fisiche, funzionali e giuridiche” previste.

Il progetto approvato deve inoltre rispettare le norme di legge e i criteri per l’autorizzazione e l’accreditamento della struttura ospedaliera.

A questo punto può sorgere un’obiezione: se il progetto vincitore è viziato da errori e non rispetta le prescrizioni del disciplinare di gara può sempre essere corretto nelle successive fasi di approvazione e di sviluppo (progetto definitivo ed esecutivo) senza alcun costo aggiuntivo per l’Amministrazione. L’obiezione è infondata ed insostenibile: ammesso anche che il concorrente vincitore che si trovi in questa situazione sia poi disponibile a tale operazione, si tratterebbe di una palese ed inammissibile turbativa della gara di appalto. Perché così facendo si finirebbe con l’avvantaggiare il concorrente che ha elaborato la propria offerta senza attenersi ai vincoli e standard richiesti dai documenti di gara e dalle normative, e che quindi non si è assunto gli oneri economici conseguenti, a discapito dei concorrenti che a tali vincoli si sono attenuti. Insomma, si lede la par condicio tra i concorrenti, non solo, si seleziona l’offerta peggiore.

Quindi primo, ineludibile compito della Commissione di Gara (nominata dalla Giunta Provinciale) e del Responsabile Unico del Procedimento (ing. Raffaele De Col, mammasantissima tra i dirigenti provinciali) era verificare nei progetti presentati l’ottemperanza delle richieste del Disciplinare di Gara. “Non è ammissibile che la stazione appaltante aggiudichi il contratto ad un concorrente che non garantisca il minimo prestabilito” ha sentenziato il TAR di Trento presieduto dal dott. Carlo Polidori, con atto del 20 luglio 2017 in merito a un contenzioso per l’appalto del Polo della Meccatronica di Rovereto, così bacchettando: “Del resto non è sostenibile che una Commissione composta da tre ingegneri - come nel caso in esame (nel nostro sono cinque, n.d.r.) - non abbia la competenza necessaria per operare tale preliminare verifica dell’ammissibilità dell’offerta tecnica”. Insomma il Tar scrive: ma come hanno fatto questi laureati della Commissione di Gara a non accorgersi di quanto stavano approvando? Quesito che riproponiamo pari pari per i laureati della Commissione del Not.

La sentenza Polidori (successivamente confermata dal Consiglio di Stato) illumina poi un altro – poco lodevole – comportamento della Pat. “Inoltre, se si seguisse la tesi prospettata dall’Amministrazione resistente, secondo la quale ogni tipo di errore od omissione commesso nella fase di redazione del progetto definitivo potrebbe essere emendato nella fase di approvazione dello stesso o nella fase di approvazione del progetto esecutivo, si finirebbe per avvantaggiare il concorrente che ha elaborato il proprio progetto definitivo senza attenersi ai vincoli derivanti dalle scelte operate con il progetto preliminare e senza tener conto dei connessi oneri di carattere economico”.

Ma allora è un vizio! La Pat, già con la Meccatronica, approva il progetto peggiore, che non rispetta i vincoli da essa stessa dettati, e poi sostiene che verranno fatti rispettare con integrazioni successive. Malissimo.

È all’interno di questa opacità, se non proprio autentico malcostume, che si spiega un secondo aspetto: la renitenza della Provincia a fornire gli atti relativi ai progetti di cui stiamo discutendo. Infatti gli elaborati resi disponibili dalla Provincia sono solo una parte di quelli che costituiscono l’intero progetto, anche nella situazione attuale, in cui si è già passati all’aggiudicazione a Guerrato e le bocce sono ferme. È incomprensibile e non condivisibile questa scelta dell’Amministrazione. Né è comprensibile, anzi siamo nell’assurdo, che di fronte a un’interrogazione in Consiglio Provinciale del consigliere Filippo Degasperi (ex 5 Stelle, oggi Onda) intitolata “NOT: bando e disciplinare di gara non rispettati” se ne siano ufficialmente “secretati” gli atti, non disponibili sul sito del Consiglio. Ma di cosa ha paura Fugatti?

Noi da queste secretazioni non ci facciamo fermare. Nelle righe a seguire, in attesa di avere la documentazione completa, utilizziamo quella raccolta da Degasperi, che ringraziamo, ed altra ancora. Aiutati nell’analisi da vari tecnici, che pure ringraziamo.

Le superfici mancanti

Il consigliere Degasperi riporta i dati di un’analisi tecnica del progetto Guerrato. Abbiamo visto questo studio, del quale riportiamo a pag. 12 una tabella riassuntiva. I risultati sono disarmanti: all’ospedale, rispetto alle richieste mancano oltre 20.000 metri quadri funzionali (che sono 28.000 compresi corridoi, servizi ecc). Una superficie come 200 appartamenti.

Si dirà: quelli della Guerrato sono stati bravi, hanno realizzato una costruzione compatta, ottimale, riducendo al minimo gli spazi morti. Assolutamente no. Quelle richieste infatti sono “aree funzionali”, con le metrature indispensabili per soddisfare le esigenze (sale operatorie, stanze di degenza, ambulatori, studi medici); a parte vengono conteggiate le “superfici accessorie” (ad esempio i servizi) e quelle “connettive” (i corridoi).

I risultati si vedono. Abbiamo già scritto per le degenze in Ostetricia, con le stanze ridotte da 50 a 34. Stesso discorso per il Reparto Infettivi: il disciplinare prevede 14 stanze singole, la Guerrato fornisce 6 stanze singole e 4 doppie. Arriva in questo caso ai 14 letti, ma permettendosi di metterne otto in stanze doppie. Furbi loro! Tanto la Commissione di Gara (e il Responsabile De Col) non se ne accorgono. Se avessimo a disposizione tutti gli incartamenti, forse potremmo evidenziarne altri di inghippi.

Le aree mmancanti
Aree funzionali NOT 2018Superficie funzionale netta indicata dal Disciplinare di gara in m2Superficie funzionale netta mancante nel progetto Guerrato in m2 e in %
Area emergenza urgenza3.53488825.1
Area degenze17.7534.06822.9
Area ambulatoriale3.20070021.9
Area operatoria2.93667923.1
Area materno-infantile2.69991233.8
Area diagnostica per immagini3.70965717.7
Area radioterapia-fisica sanitaria 1.215504.1
Area dei laboratori7.1151.22517.2
Gastroenterologia e end. digestiva1.17040234.4
Dialisi824718.6
Medicina fisica e riabilitazione1.37015211.1
Farmacia1.09018016.5
Fisica sanitaria3373510.4
Centrale di sterilizzazione1.03018618.1
Altre aree23.16410.109-
Totale71.11620.31428.6

Il Pronto soccorso

Il disciplinare di gara indica che tra Pronto Soccorso e Terapia intensiva (cioè, Rianimazione) è “indispensabile” assicurare un “legame funzionale diretto”. Devono cioè essere contigui, con immediato passaggio dall’uno all’altro. Per ridurre al minimo le scene che vediamo nei film di ambito ospedaliero, con medici e infermieri che corrono trafelati per i corridoi spingendo la lettiga con il paziente moribondo.

Bene, che fa la Guerrato? Pone il Pronto soccorso all’estremità ovest dell’ospedale, la Terapia intensiva all’estremità est, a una distanza di 150 metri e su due piani diversi. Ottimo per realizzarvi una serie tv (qui avremmo anche l’inedito del cambio di piano, oltre la corsa anche lo stipamento nell’ascensore) pessimo per i cittadini trentini, e per il personale sanitario. E pessimo anche per il rispetto delle prescrizioni di gara, ma di quelle sembra non interessi a nessuno.

Il percorso dal Pronto Soccorso alla Terapia Intensiva.

Le fondazioni e i rischi per la falda acquifera

La planimetria del progetto Guerrato: indicati la piazzola a terra dell’elicottero, e immediatamente a ridosso, l’area destinata ai futuri ampliamenti

Dalle sezioni generali rese pubbliche, risulta che la quota di imposta delle fondazioni del NOT proposto da Guerrato è collocata alla quota assoluta di 183m sul livello del mare circa. La quota ci è sembrata piuttosto profonda in considerazione della prossimità dell’area del futuro cantiere NOT al centro di protonterapia ed abbiamo quindi verificato se il disciplinare di gara imponesse limitazione agli offerenti.

Ricordiamo bene le notizie di stampa e le interrogazioni in consiglio provinciale che segnalavano problematiche per i consistenti cedimenti che la costruzione del centro per cure oncologiche di via al Desert aveva subito a causa della natura del terreno su cui è stato edificato.

Nel disciplinare di gara è riportata una chiara prescrizione del Servizio geologico della PAT che dispone “siano limitati al massimo gli emungimenti idrici nella fase di costruzione del NOT”. Infatti la falda idrica nell’area NOT è molto alta per la prossimità all’Adige. Se si scava sotto la falda, l’acqua ne uscirebbe, con conseguente abbassamento del terreno circostante e problemi statici per gli edifici vicini, tra cui il Centro di Protonterapia. Per questo il Servizio geologico ha espressamente indicato nel disciplinare di gara che si eviti “la realizzazione di strutture la cui quota di fondazione si colloca al di sotto della superficie freatica dei periodi di magra”. Ora, la falda nell’area di via al Desert oscilla normalmente tra le quote di 185.5m (periodi di piena) e 184m sul livello del mare (nei periodi di magra). E a che quota si trovano le fondazioni del NOT progettato da Guerrato? 183 metri. Decisamente più bassa della falda nei periodi magra.

La Commissione di gara non ha battuto ciglio.

La piazzola per elicotteri che non si potrà usare

La torre di cristallo situata nel cono di decollo e atterraggio dell’elicottero.

Il disciplinare prevede una elisuperficie principale collocata sulla copertura e una di back-up a livello del piano di campagna, idonea anche per velivoli che non possano accedere a quella principale per motivi di ingombro o altre cause tecniche.

Una elisuperficie (che per semplicità chiameremo da qui in poi piazzola) deve rispondere a precise norme tecniche per consentire agli elicotteri di arrivare e partire in sicurezza.

In particolare è necessario che non vi siano interferenze di alcun genere con i cosiddetti coni di decollo e atterraggio. Non basta cioè che sia libero lo spazio sovrastante la piazzola perché un elicottero non arriva ad alta quota sopra la piazzola per poi scendere in verticale come fosse un ascensore, ma vi arriva scendendo lungo un immaginario sentiero inclinato, analogamente agli aerei. La stessa cosa avviene quando l’elicottero riparte. Lo spazio aereo racchiuso da questo ipotetico cono inclinato puntato sulla piazzola, all’interno del quale resterà l’elicottero mentre si avvicina o si allontana, deve essere completamente privo di ostacoli. Ed è chiaro il motivo. Perché è vero che gli elicotteri sono usati anche per atterrare in zone problematiche. Ma sarebbe criminale che un’operazione di routine come l’atterraggio in ospedale con un trasporto in emergenza sia resa ardua, problematica e pericolosa, sempre, a causa della localizzazione impropria della piazzola.

Nel caso della valle dell’Adige, e quindi del Not, i due coni di atterraggio (che vanno orientati nella direzione dei venti dominanti) sono diretti uno verso nord ed uno verso sud. Se controlliamo la posizione della piazzola del progetto Guerrato, abbiamo subito delle amare sorprese. In direzione sud all’interno del cono finisce la linea dell’alta tensione che attraversa la valle partendo dalla Centrale elettrica a sud dell’area ospedaliera: a meno di non spostare l’intera linea, il problema è insormontabile. In direzione nord invece all’interno del cono finisce addirittura la decantata torre di cristallo prevista dal progetto. E non per poco visto che per eliminare l’interferenza bisognerebbe mozzare la torre e ridurla in altezza di quasi una dozzina di metri. Una torre mozza: decisamente una soluzione architettonicamente meno appariscente, ma soprattutto improponibile, i metri cubi dovrebbero essere altrimenti recuperati, insomma si dovrebbe cassare il progetto e redigerne un altro. Stando invece così le cose, la piazzola a terra non è utilizzabile.

Volendo ignorare per ora le questioni esposte, squisitamente di carattere aeronautico e sulle quali la parola definitiva spetta all’Ente nazionale per l’aviazione civile, vi è però una terza ulteriore grave problematica: la piazzola, così posizionata, preclude la possibile futura estensione dell’ospedale, che pure rappresenta una ineludibile precisa richiesta del bando di gara. Non proprio una cosetta su cui “sorvolare”.

A questo punto ogni lettore starà pensando: “Vabbè e fategliela spostare quella benedetta piazzola”. Più facile a dirsi che a farsi: i tecnici ci dicono che anche qui, per liberare uno spazio adatto bisognerebbe rifare da capo tutto il progetto.

Ancora una volta inevitabile porsi una domanda. È già molto grave che la Commissione di gara non abbia rilevato come nel progetto Guerrato le problematiche di tipo aeronautico siano state completamente ignorate e non vi sia traccia di elaborati che documentino posizione e quote dei coni di atterraggio/decollo (documenti invece presenti nel progetto concorrente); è poi incredibile che sia stata passata sotto silenzio l’imbarazzante ed inaccettabile scelta a cui viene obbligata l’Amministrazione: o ampliare l’ospedale rinunciando all’elisuperficie a terra o rinunciare alla possibilità di ampliamento dell’ospedale per poter utilizzare l’elisuperficie a terra. Insomma, una carenza del progetto inaccettabile; come pure il lavoro di controllo della Commissione.

Traffico ed ambulanze

Il disciplinare richiede due accessi all’ospedale, uno principale a sud, verso la tangenziale, uno secondario a nord, verso via al Desert. Guerrato prevede una cosa strana: per quanto riguarda la struttura vi si entra dentro sostanzialmente solo a nord, dove c’è la torre e l’area dell’accoglienza (l’accettazione); per quanto riguarda il traffico vi si entra prevalentemente da sud, dalla tangenziale.

Questo comporta una serie di inconvenienti. Il primo è che i parcheggi sono da una parte, l’ingresso dall’altra, per cui visitatori e utenti deambulanti dovranno farsi un lungo tratto a piedi all’aperto, esattamente come al Santa Chiara attuale, che non è un mostro di efficienza, mentre gli ospedali moderni (e il progetto concorrente) prevedono l’accesso dentro la struttura, all’interno della quale poi ci si muove con ascensori e corridoi. Il secondo inconveniente, più grave, è l’influenza sul traffico. In proposito il disciplinare richiede uno studio sui flussi veicolari indotti e il loro impatto sulla viabilità urbana ed extra-urbana, con una previsione progettuale di lavori (non a carico della costruttrice del Not) di adeguamento della tangenziale.

La Guerrato non presenta lo studio del traffico, si limita a prevedere un breve interramento della tangenziale, sopra la quale prevede una grande rotatoria (sostanzialmente quella di oggi al ponte di Ravina) su cui fa confluire tutto il traffico: i visitatori, il personale, la logistica, e quelli che con l’ospedale non c’entrano, ma sono diretti o vengono da Ravina e la destra Adige. Una situazione a forte rischio intasamento.

Pazienza? Un bel niente: perchè questo risulta anche l’unico accesso delle ambulanze al pronto soccorso, un imbuto in cui concretamente rischiano di essere bloccate. Guerrato nella sua relazione parla di un “sistema viario circolare” che però risulta solo a chiacchiere, non dai disegni di progetto.

Apparecchi medici di marca ignota

La gara di appalto prevede anche l’offerta per la fornitura di 40 milioni di euro di apparecchiature elettromedicali. Non proprio una piccolezza. Per documentare la qualità di tali forniture gli offerenti hanno dovuto produrre le schede tecniche dei prodotti prescelti per consentirne la valutazione da parte della Commissione di gara. La quale però rileva (da documentazione non resa pubblica e che faticosamente siamo riusciti a reperire) che la Guerrato non ha prodotto le schede tecniche di una cinquantina di apparecchiature tra cui sistemi per esami radiologici, frigoriferi per farmaci, cabine di sicurezza per preparazione farmaci, sistemi per lavaggio pazienti, sollevatori e autoclavi di varie tipologie, lettini elettrici per esami, tavoli operatori per chirurgia ambulatoriale, ventilatori polmonari, ecc.

La Commissione, verbalizza l’impossibilità di “valutare compiutamente le caratteristiche tecniche” di tali apparecchiature. Per alcune di esse in altra parte dell’offerta sono disponibili la marca ed il modello che la Guerrato intenderebbe fornire. Ma la commissione tecnica ribadisce che: “Ne deriva, dunque, che la valutazione in relazione alle caratteristiche tecniche, prestazionali e qualitative delle apparecchiature proposte può essere effettuata, ma non compiutamente”.

Ci si aspetterebbe quindi che il punteggio attribuito su questa sezione dell’offerta Guerrato sia pari a 0 punti perché l’offerente non ha consentito alla commissione di valutare la sua offerta compiutamente.

La Commissione attribuisce invece e comunque a Guerrato 6,222 punti degli 8 disponibili per questa sezione dell’offerta, premiando così in modo assai consistente anche la fornitura di materiali ed apparecchiature sconosciute. Così l’ospedale di Trento sarà dotato di attrezzature mediche ignote.

Conclusioni

Dalla documentazione (difficilmente) reperibile, queste sono le principali carenze riscontrabili, almeno finora. Noi le riteniamo gravissime, inaccettabili. Rischiamo di avere una sanità incentrata su un ospedale che nasce con inaudite carenze. Tutto questo perchè, dopo aver redatto un disciplinare di gara preciso ed articolato, non si è avuto la capacità o la volontà di farlo rispettare. Finendo con consegnare i lavori a un’azienda che non ha rispettato il disciplinare, ha progettato un ospedale non all’altezza, ha alle spalle (come spieghiamo nelle pagine a seguire) una serie di precedenti nella costruzione di altri ospedali, non completata e finita in Tribunale, ha avuto serie traversie economiche, ed ora è finanziariamente garantita da una oscura società di Malta.

Un disastro.

I prezzi della Commissione e quelli veri

Uno degli elementi fondamentali per decidere a chi affidare costruzione e gestione dei servizi accessori dell’ospedale è stato, com’è logico, il prezzo.

La struttura del prezzo di un bene costruito in project financing però è composita: prima di tutto l’investimento per la costruzione viene individuato e poi diviso, all’incirca, a metà tra ente pubblico e impresa costruttrice. La quale va a recuperare l’investimento iniziale con i canoni di affitto che l’ente pubblico pagherà per - nel nostro caso - 25 anni. Negli stessi canoni sono poi compresi anche i servizi accessori che vengono affidati in appalto all’impresa: le mense, la lavanderia, i parcheggi, ma soprattutto riscaldamento, condizionamento e manutenzione degli immobili/impianti.

Nel caso del Not la Provincia mette, all’incirca, 150 milioni - arrotondiamo le cifre per comodità di calcolo - nella fase di costruzione. Altrettanti, sempre più o meno, dovrebbe metterli l’impresa costruttrice. E non sappiamo quanto spenderà l’impresa per garantire i servizi accessori. Però è chiaro che il canone deve permettere sia il recupero dell’investimento iniziale che il costo dei servizi.

Ognuna delle due società che hanno partecipato alla gara ha proposto un prezzo per il canone che noi trentini dovremo pagare.

Sempre arrotondando diciamo che Guerrato ha proposto un canone annuo di 35 milioni di euro. Pizzarotti ne ha proposto uno di 37 milioni. La Commissione di gara ha detto che il prezzo di Guerrato era il più conveniente.

Ovvio, no?

E invece no. Perché il prezzo proposto da Guerrato è più basso sì… ma per un ospedale più piccolo e incompleto.

Facendo una banale proporzione infatti vediamo che, a parità di superficie costruita, il canone proposto da Guerrato, per essere almeno pari a quello della concorrente, avrebbe dovuto essere di 28milioni e 500mila euro.

Il nostro è per ora il conto della serva e ci sarà tempo per farne di migliori. Partendo dalla superficie totale mancante di circa 28mila metri quadri (risultante dai 20mila di superficie funzionale più altri 8mila circa tra superfici accessorie e connettive) e considerando un costo di costruzione di 2.000 euro al mq, si ottiene un risparmio sull’investimento iniziale di quasi 60 milioni. Tutti a favore del costruttore perché l’investimento provinciale è fissato dal disciplinare.

Poi va tenuto presente che superficie in meno significa anche una corrispondente riduzione dei costi di pulizia, manutenzione e soprattutto riscaldamento/condizionamento. Costi che per contratto vanno sostenuti dall’impresa che vince la gara.

Insomma, chiunque capisce che per comparare due prezzi le quantità e le prestazioni devono essere le stesse. E parificando le quantità - i metri quadri di costruito - il nostro conto, in linea di massima, è che la proposta di Guerrato ci costa circa il 13 per cento di più dell’altra.

A questo punto la domanda è obbligata: come ha fatto la Commissione di gara a “dimenticare” di comparare i prezzi tenendo conto delle superfici?

La commissione valutatrice

Ma dove l’hanno trovata questa Commissione di gara che ha operato nel modo qui descritto?

Nella delibera del 22 agosto 2019 con la quale la giunta provinciale ha nominato i commissari troviamo scritto: “si ritiene che l’ing. Paolo Simonetti, l’Avv. Valentina Milani, l’ing. Paola Freda, il dott. Michele Conversano e l’arch. Chiara Tonelli siano dotati di professionalità pertinente ed adeguata rispetto ai criteri di valutazione previsti negli atti di gara, avuto riguardo ai rispettivi curricula vitae ed alle competenze assegnate”.

Nella delibera troviamo alcuni dati relativi ai commissari.

L’ingegner Paolo Simonetti - che presiede la commissione - è dirigente generale dell’Agenzia provinciale per le risorse idriche e l’energia; l’avvocato Valentina Milani è consigliere esperto del ministero dell’Economia; l’ingegner Paola Freda è responsabile dell’ingegneria clinica dell’Azienda sanitaria Città della Salute e della Scienza di Torino; il dottor Michele Conversano è direttore del dipartimento prevenzione e del servizio Igiene e Sanità pubblica dell’azienda sanitaria di Taranto; l’architetto Chiara Tonelli è professore associato di architettura all’università di Roma 3.

I titoli professionali dei commissari sono corposi. Abbiamo trovato qualcosa in rete. L’ingegner Freda si occupa di ingegneria clinica da molti anni a Torino ed è stata presidente nazionale degli ingegneri clinici. L’avvocato Milani da anni è consulente del ministero e anche della presidenza del Consiglio sui contratti d’appalto per le grandi opere, con una specifica esperienza sulla finanza di progetto. Il dottor Michele Conversano è un esperto di Igiene e Sanità pubblica e lavora da anni in Puglia, dove, da esperto di vaccini, è anche responsabile della campagna di vaccinazione anti-Covid. Proprio per via di questo ruolo ha collaborato spesso con il nostro attuale dirigente dell’assessorato alla sanità, il dottor Giancarlo Ruscitti, quando quest’ultimo ricopriva lo stesso ruolo per la regione Puglia, dal 2016 ad inizio 2019.

Infine l’architetto Tonelli, professore associato di architettura all’università, è esperta in sostenibilità ambientale ed efficienza energetica delle costruzioni. Una curiosità: l’architetto Tonelli è anche un volto televisivo. È stata infatti giudice nel programma “Cortesie per gli ospiti” di Discovery Channel per vari anni.

Tuttavia, benchè i curricula sembrino consistenti, i problemi che stanno emergendo ci hanno spinto a chiedere alla Provincia in base a quali criteri siano state scelte proprio queste persone. Infatti non vi sono evidenze di quali commissari abbiano partecipato ad attività di progettazione e costruzione di ospedali della dimensione del NOT, in particolare per appalti in finanza di progetto. Rimangono abbondantemente scoperte nei cv dei commissari aree di competenza particolarmente importanti per la valutazione dei progetti: l’ingegneria impiantistica elettrica e termomeccanica, l’ingegneria stradale e trasportistica, la geotecnica e l’ingegneria strutturale, l’ingegneria aereonautica, la sicurezza e l’organizzazione del cantiere in relazione alle realtà circostanti. Nessuna di queste aree trova copertura nei curriculum dei commissari coinvolti. Dunque chi ha valutato la progettazione stradale ed il tema del traffico dei progetti presentati? Chi ha valutato il tema dei voli di categoria HEMS (emergenza) e non con gli elicotteri? Chi ha verificato i delicatissimi aspetti geotecnici e strutturali, la cantierizzazione e le fasi dell’intervento? Chi e come ha controllato i computi metrici e le stime delle opere?

Premesso che noi siamo della scuola di pensiero del dott. Polidori (“Non è ammissibile che la stazione appaltante aggiudichi il contratto ad un concorrente che non garantisca il minimo prestabilito... non è sostenibile che una Commissione composta da tre ingegneri - qui cinque laureati, n.d.r. - non abbia la competenza necessaria”), vorremmo sapere chi e con quali competenze e modalità (a volte bastavano le quattro operazioni) ha valutato i temi di cui sopra.

Una prima richiesta che abbiamo rivolto all’Agenzia provinciale per gli appalti è stata immediatamente dirottata all’ufficio stampa, con la motivazione che tutte le dichiarazioni dei funzionari devono passare attraverso quell’ufficio. Il responsabile dell’ufficio, Giampaolo Pedrotti, a sua volta ci ha consigliato di mandare richiesta scritta al presidente della Giunta.

Cosa che abbiamo fatto via mail il 3 di giugno. E abbiamo aspettato.

Non vedendo risposte di alcun genere, il 14 giugno abbiamo telefonato direttamente alla segreteria del presidente chiedendo se la nostra mail fosse arrivata.

La segretaria ci ha confermato l’arrivo della mail e ha promesso che avrebbe sollecitato una risposta. Che, al momento di andare in stampa, non è ancora arrivata. (Laura Mezzanotte)