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QT n. 11, novembre 2019 Cover story

“Il nostro fine ultimo è valorizzare le Rurali”

Intervista a Giorgio Fracalossi, presidente di Cassa Centrale Banca

Sede della CCB a Trento

Il Gruppo CCB si è appena formato. Invece di consolidarsi sta attuando la scalata a un grosso istituto come Cassa di Risparmio di Genova, in pessime acque. Non rischia di essere una mossa arrischiata? Anche perché CCB è un gruppo cooperativo che viene così ad inglobare una spa, cosa altra - come natura giuridica e obiettivi strategici - rispetto alla rete delle BCC.

L’intervento di CCB non è una scalata, ma rientra in un’operazione di salvataggio di un importante istituto di credito: nella prima fase avrà solo una valenza finanziaria, peraltro molto limitata rispetto alle rilevanti risorse patrimoniali del gruppo (circa il 2%), e sarà realizzata solamente dopo che la banca avrà completato la pulizia di bilancio. Solo più avanti, in una seconda fase, tra l’altro eventuale, e quando anche il nostro Gruppo si sarà ulteriormente consolidato, Cassa centrale potrà decidere se valutare sinergie arrivando ad una integrazione industriale attraverso l’acquisto del controllo, ad un prezzo scontato in misura significativa.

La valenza per il nostro Gruppo potrebbe essere molto importante sia perché la presenza territoriale di Carige è complementare rispetto alle nostre banche, sia per le rilevanti sinergie ed economie di scala che potremmo realizzare a beneficio di tutte le banche del Gruppo.

Tutto questo non incide sulla natura del nostro Gruppo e sulle caratteristiche delle banche affiliate, anche perché Carige da sempre ha un importante radicamento territoriale a servizio delle famiglie e delle PMI. Sono convinto che questa possa essere un’operazione strategica e positiva per il futuro delle BCC, del Gruppo, di Carige, ma anche dell’intero Paese.

Le Casse Rurali risultano per legge legate alla capogruppo da un “patto di coesione”. Questo patto però, contrariamente alle aspettative di chi immaginava (e QT tra questi) la trentina CCB rispettosa delle autonomie dei territori, risulta molto stringente, i singoli membri dei CdA delle Casse Rurali devono essere del tutto allineati con la capogruppo, altrimenti vengono cacciati. È un “patto di dominio” si è commentato. In questo contesto, dove finisce la cooperazione? Che ruolo ha il socio, che dovrebbe eleggere rappresentanti che devono essere graditi ad altri?

Giorgio Fracalossi, presidente di Cassa Centrale Banca

Per comprendere la natura del contratto di coesione bisogna ricordare che esso collega l’autonomia delle banche alla loro rischiosità: più una banca è ben gestita più spazi di autonomia le sono riconosciuti. D’altro canto, i vincoli posti alle banche meno virtuose hanno l’obiettivo di riportarli in condizioni di efficienza superando in tal modo la loro autonomia. Perché questo meccanismo funzioni, è necessario che la Capogruppo disponga di adeguati poteri di direzione, coordinamento e controllo. E tutto questo ha il fine ultimo di preservare, anzi di valorizzare il ruolo che le Casse Rurali possono e devono continuare a giocare nei loro territori.

Oggi in Trentino, con le recenti fusioni, si è arrivati a 17 Casse Rurali. Si vuole ridurne (dimezzarne) ancora il numero. Perché? Istituti così grandi, con numeri spropositati di soci (oltre 20.000) non finiscono con il perdere il rapporto con il territorio?

Va anzitutto ricordato che il processo delle aggregazioni tra BCC è iniziato ben prima della costituzione del Gruppo. Solo due anni e mezzo fa le banche che avevano aderito al nostro progetto erano 122 e oggi, per effetto delle fusioni, siamo arrivati a 78: questo processo sta continuando, perché è l’evoluzione del mercato bancario e dell’economia stessa a richiederlo.

Vi sono situazioni locali in cui processi aggregativi non sono possibili o opportuni, ma è indubbio che le BCC debbano rafforzarsi per garantire il proprio futuro e continuare a essere banche locali: le fusioni, quando sono ben fatte e con il coinvolgimento dei soci, portano benefici e non fanno venir meno il legame con le comunità.

La ratio delle Casse Rurali era la conoscenza del territorio, e quindi la capacità di valutare l’affidabilità di chi (contadino, artigiano, albergatore) chiedeva credito. Ora, nuovi istituti così grandi e distanti non rischiano di concedere il credito secondo le solite metodologie del sistema bancario, cioè dare soldi ai ricchi, a chi può dare garanzie? In cosa viene a distinguersi un siffatto sistema dalle altre banche? (E in effetti, gli industriali lamentano difficoltà nella concessione del credito, e spingono perchèéMediocredito non venga fagocitata da CCB)

I nostri dati in termini di erogazione del credito non evidenziano una contrazione: il nostro mestiere è erogare credito, ed erogarlo bene. Quindi, quando ci sono casistiche specifiche, vanno analizzate – appunto - nello specifico.

Le Casse Rurali hanno un valore aggiunto rispetto alle grandi banche, ovvero possono valorizzare le informazioni di prossimità che solo le realtà autenticamente locali possiedono. Questo è quello che le Casse Rurali storicamente fanno, e che continueranno a fare anche aderendo a un Gruppo bancario che ribadisco essere cooperativo.

Detto questo, è vero che andremo verso un approccio più strutturato nel dialogo con le imprese, in ragione anche delle forti innovazioni normative che riguardano tutti i settori economici, comprese le modalità di redazione dei bilanci. Ma è una tematica che riguarda tutto il sistema bancario.

I clienti si lamentano della stretta nei rapporti con la loro Cassa Rurale (posso testimoniare come anche noi ci siamo visti investiti da nuovi balzelli semplicemente odiosi, come la sostituzione dell’accesso al banking on line non più attraverso il token, ma con un codice inviato via cellulare; e questo va bene, ma non va bene che quando si richiede che il codice venga inviato a più di un numero di telefono – in azienda non c’è una sola persona – ci siamo visti chiedere ulteriori immotivate commissioni; e di fronte alle rimostranze abbiamo trovato un muro inscalfibile). Queste lamentele sono generalizzate, come ci ha confermato il Centro consumatori, raccontando di clienti semplicemente affranti dalla china presa dalla “loro” Cassa Rurale. Non state sbagliando qualcosa?

Dispiace se questa è la sensazione. Nello specifico dell’esempio che porta, si tratta di un adeguamento a una nuova normativa (come ce ne sono tante: lo scorso anno, oltre mille provvedimenti hanno investito l’intero sistema bancario), che è entrata in vigore a settembre, e che riguarda i sistemi di pagamento in ambito europeo, imponendo alle banche nuove modalità di servizio e rilevanti investimenti.

Per quanto riguarda le commissioni, credo invece che ci venga dato atto che i nostri servizi sono e restano a livelli di prezzo e qualità competitivi sul mercato.

Questo è il nostro obiettivo come Gruppo, e anche l’auspicio della Vigilanza: sappiamo che il percorso non è semplice, e che lo scenario sta cambiando continuamente, ma siamo anche consapevoli che solo trovando il giusto equilibrio tra l’autonomia delle banche e le sinergie derivanti dall’essere un Gruppo, si potrà valorizzare e ulteriormente migliorare il nostro essere cooperatori realmente locali, con quella funzione sociale che la Costituzione attribuisce alla Cooperazione.

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