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Una Svp di centro e di destra

Dopo un carosello di manovre e dissidi interni, astensione sulla fiducia al nuovo governo

Votazione alla maiuscola iniziale camera dei deputati

Il partito etnico di maggioranza in Sudtirolo riesce sempre a presentare all’esterno una posizione unita. Ci riesce, nonostante l’oggettiva difficoltà di fare politica tenendo insieme in uno stesso partito e facendo credere di tutelare gli interessi dei pochi ricchissimi senza legge e del resto dei cittadini; dei contadini che non pagano tasse e dei dipendenti e pensionati che pagano tutto, anche l’inflazione che qui c’è; mentre la forbice della ricchezza si allarga visibilmente sempre più.

Ci riesce quasi sempre, nonostante la ferocia con cui la maggioranza interna, ormai da due anni saldamente in mano alla destra, attacca il presidente della giunta provinciale in carica, che non è di sinistra, ma cerca la pace etnica e almeno si sforza di trovare un certo equilibrio fra i ceti che compongono il partito e gli interessi generali contro le prepotenze dei più potenti.

Il senatore Meinhard Durnwalder (nipote dell’ex-Landeshauptmann) ha tessuto in questi anni le fila del rapporto con Salvini; l’europarlamentare Dorfmann ha corteggiato e corteggia la Lega perché entri nel gruppo parlamentare europeo dei popolari; il segretario del partito Achammer non perde occasione per fare sgambetti a Kompatscher; perfino il segretario amministrativo non perde occasione per confermare le proprie posizioni di destra. Costoro sono appoggiati dal proprietario dei mass-media locali, i quali non perdono occasione di mettere in cattiva luce il presidente della giunta.

In Senato due senatori hanno votato più volte in modo diverso dalla capogruppo che condivide la linea di centro sinistra del gruppo Autonomie. Il collante nazionale comunque continua a funzionare. In mancanza di un nemico locale se ne è scelto uno all’interno del “governo di Roma” e in particolare il Movimento 5 stelle, tacciato di “nemico dell’autonomia” perché due suoi ministri non hanno aderito subito alle richieste Svp in materia di appalti e di sanità. Poi l’hanno fatto, ma si fa finta di niente.

Tuttavia la rapidità con cui a Ferragosto il governo italiano è stato fatto fuori da uno dei due suoi stessi componenti, e in ispecie quello con cui il partito etnico forma la coalizione di giunta provinciale, ha preso di sorpresa la Südtiroler Volkspartei. In un primo momento la decisione presa dal partito era di astenersi sulla sfiducia al Presidente del Consiglio Conte presentata in parlamento dalla Lega, partito di coalizione del governo.

Sull’ipotesi di governo di nuova coalizione non c’erano ancora opinioni consolidate. Addirittura non c’era ancora l’incarico a Conte, quando il senatore Durnwalder ha annunciato l’astensione della Svp e il segretario del partito Achammer si è subito allineato.

Le trattative M5S-Pd e la formazione in tempi ridotti di un governo di orientamento di centro sinistra hanno provocato reazioni dei vari esponenti della direzione del partito in forte contrasto fra di loro. Nelle dichiarazioni pubbliche, i più, anche quelli più a destra, hanno indicato nell’astensione la posizione che deputati e senatori Svp dovevano tenere sulla fiducia al nuovo governo: tutti realisti a sufficienza per capire che un voto contrario non avrebbe facilitato i rapporti con il nuovo esecutivo della Repubblica con la Lega all’opposizione.

Alcuni probabilmente, nel fare questo, erano ben consapevoli che al Senato l’astensione conta come il voto contrario. Infatti, secondo il regolamento del Senato, “non basta che i senatori favorevoli superino i contrari, ma occorre che superino la somma dei senatori che esprimono voto contrario e di quelli che dichiarano la propria astensione. Al Senato, infatti, i Senatori che si dichiarano astenuti sono considerati presenti, a differenza della Camera dove sono considerati presenti solo i deputati che esprimono voto favorevole o contrario. Ciò comporta che, per non prendere parte alla votazione, i senatori devono uscire dall’Aula”. Fino all’ultimo si contavano i voti, nella speranza di diventare l’ago della bilancia (speranza ancora in vita).

La presidente del gruppo delle Autonomie in Senato, Julia Unterberger, appoggiata dall’ex deputato Zeller, ha inutilmente cercato di far cambiare idea al partito o almeno di ottenere dalla direzione del partito il diritto di votare in modo diverso per chi - come lei - non era d’accordo con l’astensione e voleva dare voto favorevole. Come votare contro il Pd, dopo aver eletto con i propri voti la renziana Elena Boschi che nessun altro collegio in Italia aveva accettato? E dopo avere ottenuto molte concessioni in cambio di questa operazione?

La senatrice Unterberger si augurava un governo europeista, “attento alle minoranze linguistiche e in particolare alle regioni a statuto speciale”, e con una parte significativa di “moderati” (?), e sosteneva che i 5 stelle hanno molto più in comune con il Partito democratico che con la Lega.

I pochi che le davano ragione aggiungevano motivi di opportunità nelle future relazioni con il nuovo governo. Inoltre la Svp ha sempre appoggiato i governi, in cambio di concessioni, in parte legittime a favore della Provincia o della minoranza, in parte per gli interessi di partito.

Arno Kompatscher

Il senatore Meinhard Durnwalder (nipote del più famoso) era per il no al nuovo governo. Il senatore Dieter Steger annuncia l’astensione prima che ci siano gli incontri con il presidente incaricato. “Non possiamo – dichiara - dare la fiducia in partenza al governo giallo-rosa... Ci regoleremo poi di volta in volta, non escludiamo un appoggio esterno, senza chiedere poltrone, a specifiche misure”. Traduzione: se volete i nostri voti, preparatevi a sganciare concessioni. Fra i motivi, la scarsa fiducia nel M5S. Curioso che anche Arno Kompatscher ce l’avesse con i ministri di Sanità e Lavori pubblici del governo Conte 1, ma entrambi non erano confermati nella proposta di governo Conte 2.

Nei giorni della trattativa di governo, si viene a sapere che il Pd e il Movimento 5 Stelle si sono trovati d’accordo nel cambiare almeno due dei tre componenti della Commissione dei Sei, nominati dalla ministra leghista del precedente governo agli Affari regionali e della Autonomie, e cioè Maturi, deputato della Lega, che ne è anche il presidente, e Michl Ebner, ex parlamentare europeo, presidente della Camera di Commercio, proprietario dell’Athesia, ecc. ecc. Rimangono ovviamente i nominati provinciali: Carlo Vettori, capogruppo della Lega in Consiglio provinciale, e per la Svp il deputato Manfred Schullian e Meinhard Durnwalder. Figurarsi la reazione sulla stampa a direzione unica!

Michl Ebner

Il 2 settembre, durante le consultazioni di Conte per la formazione del governo, l’Obmann della Svp, Achammer, va a Roma e partecipa all’incontro con il presidente incaricato Conte insieme ai parlamentari Svp. Ma nessuno di loro avvisa Kompatscher dell’invito all’incontro, di cui viene a conoscenza per caso, durante una telefonata fatta per altri motivi alla capogruppo, mentre la delegazione sta davanti alla porta di Conte. Achammer spiega la dimenticanza dicendo che aveva solo tre ore di tempo per arrivare a Roma, suscitando una valanga di commenti e battute ironiche, specialmente sulla sua velocità. Mai in passato, agli incontri con il governo o in vista della formazione di un nuovo governo, era mancato il presidente in carica della Provincia. A suo tempo Luis Durnwalder portò con sé Arno Kompatscher, che ancora non era entrato nella sua funzione di nuovo presidente eletto, alle consultazioni con il presidente incaricato Enrico Letta. Il presidente rappresenta la Provincia e l’Autonomia...

Per Kompatscher è l’ennesimo schiaffo ricevuto dalla cordata, colpita dal crollo delle sue ipotesi di lavoro (o trame), legate alla Lega, ma ancora decisa a far saltare la prossima candidatura del presidente in carica.

Il risultato della riunione accesissima della direzione del partito è l’obbligo per deputati e senatori di astenersi. Senza eccezioni. Compresa la senatrice che al suo bel discorso, sostanzialmente favorevole al nuovo governo, fa seguire l’astensione, di fatto voto contrario. E che deve poi condurre le consultazioni a nome del gruppo Autonomie, ma senza poter presentare richieste e proposte della Svp. Una sconfitta per l’Autonomia sudtirolese.

Ora i dirigenti della Svp dovranno augurarsi il fallimento della coalizione o la possibilità non aleatoria di ricattare una maggioranza indebolita da defezioni. Nel Pd ci sono comunque molti amici. Ma fino a che punto gli amici veri nel nuovo governo sono disposti a capire l’ambiguità dei filoleghisti nostrani?