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Ho tutto nel Cloud

Sempre più persone salvano tutto in rete, così da poter accedere alle informazioni anche tramite smartphone o tablet, grazie alla rete Internet. Guida ai servizi di Cloud.

“Non ho il pdf del documento qui con me, è sul computer di casa”. “Ho lasciato la chiavetta con le foto in ufficio, te le porto la prossima volta”. “Vorrei avere una copia di sicurezza delle foto del matrimonio, ma ho paura che poi i dischi si rovinino”…

Tutti problemi connessi con l’uso di strumenti informatici che prima non avevamo, o non sentivamo come impellenti. Di ogni foto si conservavano i negativi, per poterle ristampare. Le versioni elettroniche dei documenti non erano nemmeno pensabili. Oggi invece tutto questo è quotidianità e la velocità con cui sono cambiate le nostre abitudini impone un diverso modo di gestire le informazioni più importanti, in modo che siano facilmente recuperabili. La soluzione c’è e non è difficile da applicare. Si chiama cloud.

Si tratta di servizi online in cui è possibile depositare le proprie informazioni, per poterle recuperare ovunque da qualunque sistema informatico, purché collegato a Internet. Si chiamano Google Drive, Dropbox, iCloud, OneDrive solo per citarne alcune. Funzionano tutte allo stesso modo: al servizio si accede gratuitamente fino ad una certa capacità massima, poi si paga per spazi più consistenti. Con username e password si accede a una pagina che consente di creare cartelle e sottocartelle dove si possono trascinare i file che vogliamo depositare in rete. È l’equivalente online della cartella Documenti di Windows o di Apple, col vantaggio di potervi accedere da qualunque dispositivo collegato in rete. L’accesso ai dati normalmente usa i protocolli sicuri: l’utente deve aver cura di non diffondere la password, o di cambiarla spesso (ogni sei mesi, ad esempio).

Prima di Internet, i documenti elettronici erano legati al computer in cui si trovavano. Per poterli trasportare con sé occorreva copiarli su dischetto (fino agli anni 2000) o su pendrive. E qui iniziavano i problemi: creando un duplicato del file per modificarlo altrove, si generano due versioni del documento, una aggiornata e una no, che possono generare confusione. La duplicazione incontrollata delle informazioni è l’incubo dell’ingegneria informatica, perché è fonte di problemi nel tempo, tanto che esistono ferree regole tecniche per contrastarla.

Il cloud è uno dei modi con cui il problema si risolve: si accede a internet, si modifica direttamente il documento originale, e punto. Si può anche creare un duplicato, se necessario, ma tutto sarà sotto controllo.

Qualunque servizio di cloud si scelga, c’è sempre l’app dedicata sia per iOS che per Android, per i PC Windows e per gli Apple. Se poi si cambia computer o disco, poco male. Basta connettersi al servizio dal nuovo computer per ritrovare tutto. Stessa cosa se il computer viene perduto: in quel caso è possibile anche inibire l’accesso ai file cambiando la password di accesso.

Col miglioramento della qualità dei servizi di rete, anche cellulari, e la riduzione del loro costo, accedere alla propria documentazione è più rapido ed efficiente rispetto ad anni fa, si risparmia tempo, ci si porta dietro meno oggetti e cosi via.

Se non si vuole spendere troppo in servizi cloud, il consiglio è di usare le versioni gratuite come deposito dei documenti usati più spesso. In tal modo non c’è bisogno di portarsi dietro chiavette o dischi esterni. Non ci sarà più distinzione tra i computer del lavoro e di casa: da qualunque postazione si può accedere ai documenti più importanti.

Con una spesa comunque contenuta (dai 40 ai 120 euro annui in questo 2019) è possibile avere più spazio a disposizione sui server in rete (fino ad un Terabyte, ossia 1000 Gigabyte). Ogni servizio di cloud poi si attrezza con altri servizi: OneDrive offre un Terabyte e la licenza Office a 120 euro annui, Google Drive in versione gratuita offre 15 GB di spazio, ma con 40 euro annui si hanno 30 GB e la possibilità di gestire le email col proprio dominio con lo stesso software di Gmail, comodissimo.

Sull’uso di cloud esistono alcuni dubbi relativi alla proprietà dei file e alla loro sicurezza. Adottando la soluzione cloud, i file risiedono su server di un’azienda terza. Il proprietario ne perde il controllo diretto ed esclusivo. Esattamente come lo stipendio versato in banca e non direttamente a noi. La sicurezza, dei nostri dati o dei nostri soldi, dipende quindi dalle politiche di sicurezza che un’azienda terza adotta, sia essa un fornitore di servizi di cloud o una banca.

La cosa da non fare è rifiutare a priori per paura di raggiri o problemi. Nulla è sicuro al 100%, qualcosa può sempre capitare: così come le banche più sicure possono subire delle rapine, nonostante le precauzioni, allo stesso modo i dati possono andar persi per intrusione nei sistemi da parte di malintenzionati.

Per far fronte a questi rischi, le banche adottano polizze assicurative, mentre i servizi cloud più seri adottano protocolli di sicurezza che prevedono la duplicazione dei dati in diverse server farm (magazzini in cui sono ubicati migliaia di server) dislocate in giro per il mondo: se una di queste va a fuoco o perde i dati, si recuperano le informazioni dai server duplicati.

In conclusione, quindi, niente panico o rigetto a priori: basta un po’ di attenzione alla qualità dei servizi offerti, leggendo bene i contratti e sarà possibile godersi i benefici delle innovazioni tecnologiche senza preoccupazioni.

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Commenti (7)

Turbato, è la parola chiave Diaolin

Ho letto e, come scritto nel titolo, rimango turbato dalla chiarezza della spiegazione ma altrettanto dal sorvolo a pié pari delle problematiche inerenti l'affido dei propri dati a terzi.
Non so, è vero che faccio il sistemista ma è pur vero che senza una filosofia che vi porti a riconoscere il valore dei propri dati discutere sul dove metterli diventa un mero esercizio di retorica del senso.
Che dire? Non è un manuale, come detto nei commenti ma qualcos'altro che non racconta bene del problema.
Pazienza

Cloud, ma il soggetto che lo gestisce? rob

Non sono d'accordo. La tecnologia non esiste nel vuoto, ma qui e in questo mondo. Capisco che ai sistemisti e sviluppatori la geopolitica possa risultare sgradita e "fonte di confusione", ma occorre tenerla presente, perché la tecnologia ormai influenza le nostre vite personali e anche la nostra vita sociale.
Chiudo qui, mi premeva solo introdurre una dimensione che nell'articolo manca, senza polemica.

Ogni cosa nel suo contesto Salvatore Leo

L’articolo è una spiegazione al pubblico di cosa significa la parola Cloud e a cosa si riferisce.
Questo articolo è un manuale semplificato di istruzioni, che per forza di cose deve essere semplice e comprensibile, cosa che ai sistemisti non sempre riesce.
Mescolare in un pezzo di questo tipo argomenti di geopolitica significa far confusione, a discapito della chiarezza espositiva.
È una scelta stilistica, che difendiamo, e che può essere soggetta a critiche, lo comprendiamo.

Conoscere per decidere rob

Mi dispiace Salvatore, ma non si tratta di paranoia, ma di consapevolezza. Come tu dici, ci sono fatti incontrovertibili, cui non si fa cenno in alcun modo nel tuo articolo. Informiamo e diamo alle persone gli strumenti, poi sta a ciascuno decidere.

Bando alla paranoia, Salvatore Leo

Concedimi il diritto di replica.
Ciò che è successo, le rivelazioni al vaglio della magistratura europea sono fatti incontrovertibili, e come articolisti ne siamo a conoscenza.
È bene evitare però di diffondere il panico più del necessario.
Succedono rapine, ma continuiamo ad andare in banca, anche perché le banche hanno aumentato il livello di sicurezza.
Tuttavia il rischio di una rapina continua ad esserci.
La stessa cosa succede con i servizi informatici. Un po’ di prudenza dell’utente, un progressivo aumento del livello di sicurezza da parte dell’Europa, fanno si che questi strumenti possano ancora essere usati senza troppe paure.
Nell’articolo si vuole raccontare alle persone come ci si può semplificare la vita con strumenti web. Diamo a ogni cosa le giuste proporzioni.
Siomo prudenti, non paranoici.

Materiali per una riflessione critica rob

A complemento del mio commento precedente, lascio un po' di materiale per ulteriore riflessione:
- Snowden illustra le sue rivelazioni in un video di TED (sottotitoli e trascrizione italiana disponibili):
https://www.ted.com/talks/edward_snowden_here_s_how_we_take_back_the_internet/transcript
- "The NSA files" del Guardian (che è uno dei giornali ad aver raccolto le rivelazioni di Snowden, grazie al lavoro dei giornalisti Glenn Greenwald, Ewen Mc Askill e della documentarista Laura Potras, oscar per il documentario CITIZENFOUR su Snowden):
https://www.theguardian.com/us-news/the-nsa-files
- Il libro "Nothing to hide - sotto controllo" del premio Pulizer Glenn Greenwald:
https://rizzoli.rizzolilibri.it/libri/no-place-to-hide-sotto-controllo/
- Recentissima intervista a Snowden, dove mette in guardia sul "Capitalismo della Soeveglianza":
https://podcasts.apple.com/us/podcast/edward-snowden-on-surveillance-capitalism-threats-facing/id1011668648?i=1000455654039
- Appena uscito sul Guardian:
https://www.theguardian.com/business/2019/nov/08/how-big-tech-is-dragging-us-towards-the-next-financial-crash

Ma fidarsi è veramente giusto? rob

Questo articolo mi ha lasciato esterrefatto. Sembra che l'autore ignori completamente che dal 2013 una persona chiamata Edward Snowden ha reso noto al mondo il programma di sorveglianza condotto dall'intelligence USA nei confronti di tutti noi. Programma che coinvolge, con il nome in codice PRISM le aziende informatiche americane. Questa immagine mostra la tempistica di entrata dei colossi tecnologici in PRISM: https://archive.org/download/NSA-PRISM-Slides/PRISM-Dates%20Began.jpg
Le attività rivelate da Snowden hanno condotto l'UE ad abolire, con una sentenza della corte di giustizia europea, il trattato di libero scambio (cosiddetto "Safe Harbour") che permetteva alle aziende USA di trattare dati personali di cittadini europei.
A parte la collaborazione a PRISM, le aziende tecnologiche lucrano sui dati forniti dagli utenti, indifferenti al fatto che questo li danneggi o meno, nella piú completa opacità.
L'associazione LinuxTrent cerca di sottolineare da anni queste problematicità, organizzando incontri pubblici già dal 2015: https://www.linuxtrent.it/incontro-maurizi-riferimenti
Spiace notare che QT questa volta non abbia reso un buon servizio ai lettori.
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