Menù
Home
QT
Questotrentino
Mensile di informazione e approfondimento
Utente
Cerca
QT n. 11, novembre 2011 Servizi

Al S. Chiara una parola d’ordine: discontinuità

Intervista a Ivo Gabrielli, presidente del Centro Servizi Culturali Santa Chiara

Ivo Gabrielli

Discontinuità col passato è l’espressione più ricorrente nelle argomentazioni del presidente del Centro Servizi Culturali Santa Chiara, Ivo Gabrielli, in carica dal 29 ottobre 2009. I suoi cardini argomentativi si ripetono come un mantra da due anni: legge 15 sulla cultura, nuovo regolamento, gestione e programmazione disgiunte, rapporto centro-periferia, produzione locale, cultura giovanile (vedi una nostra precedente intervista nel dicembre 2009). Due anni in cui è venuta alla luce la pressione della politica sull’organizzazione e la progettazione dell’attività culturale in Trentino.

Alla presentazione delle “stagioni” del Santa Chiara (vedi QT, settembre 2011), sul tema del ritardo nella nomina del nuovo direttore artistico, dopo il recentissimo pensionamento di Oss Noser, se non erano volate parole grosse, perlomeno si era avvertita tensione tra alcuni giornalisti e la triade Panizza (assessore provinciale)-Maestri (assessore comunale)-Gabrielli. Il presidente Gabrielli, con la pacatezza che lo distingue, aveva cercato di attenuare la polemica, rassicurando la platea sui tempi della nomina. Ora gli abbiamo chiesto uno scoop:

Presidente, ci dica che la nomina è cosa fatta!

Per l’immediato, è stato prorogato l’incarico ad interim alla sig.ra Detassis (prima a capo dell’amministrazione, n.d.r.), fino al 31 dicembre.

Non è una buona notizia...

Una delle cose molto positive che ho notato è che la Provincia vuole avere un rapporto stretto, non tanto sull’attività in sé, sui titoli della prosa, ma nella gestione del cambiamento. Avevamo individuato una figura di direttore artistico, ma la PAT ha espresso parere negativo, per mancanza di garanzia di discontinuità rispetto al passato. È un segnale preciso: non fare quello che è stato fatto in passato, sia in campo amministrativo-contabile che artistico. Abbiamo bisogno di non essere focalizzati esclusivamente sulle “stagioni”, essere più presenti sulle realtà territoriali, favorire a tutti i soggetti culturali minimamente stabili l’accesso all’aiuto del Centro.

A questa centralità dell’assessorato alla Cultura sembra osti il suo funzionamento, molto impacciato nella gestione delle proposte, burocratico, lento.

Mi risulta che la PAT stia procedendo, da due mesi, a una revisione organizzativa...

La PAT ha riscontrato una “non discontinuità” nel curriculum della persona che era stata da voi selezionata. Per favore, ci faccia un esempio: in che cosa il curriculum di una persona può apparire “non discontinuo”?

La situazione del Centro era di forte indebitamento. In passato si faceva più di quanto si aveva a disposizione. Si è fatto ricorso al credito bancario, e così la situazione è divenuta insostenibile. La prima cosa che ho dovuto fare è stata risolvere questa situazione. Abbiamo quasi raggiunto il riassetto, ma la PAT esige che si eviti il ripetersi di situazioni di deficit. Esige discontinuità: sul piano della contabilità, nel modo di rapportarsi al mondo culturale, nell’impostazione gestionale, ossia una gestione unitaria amministrativa e culturale. Il nuovo direttore dovrà essere manager e direttore artistico, senza squilibrio tra l’uno e l’altro ruolo.

Se da un lato, con l’inclusione nel CdA di un rappresentante di Rovereto, il potere decisionale si è esteso anche a sud di Trento, dall’altro si ha l’impressione che la PAT voglia coprire il territorio sotto una cupola protettiva. Perché è stato deciso questo accentramento?

Non glielo so dire. È il risultato della costruzione della Legge 15, per cui alla fine noi abbiamo la Provincia come azionista di maggioranza, con due soci, i Comuni di Trento e Rovereto, ma con la PAT che è il punto di riferimento perché è lei che sostiene il Centro finanziariamente.

Dunque la Provincia pretende che, pur con un ruolo particolare del Comune di Trento, l’attività del Centro sia maggiormente provinciale. È un discorso meramente territoriale o in qualche maniera anche culturale?

Culturale: il Centro continuerà a organizzare le “stagioni”, con le risorse che ha, ovviamente, ma dovrà occuparsi di più della realtà culturale del territorio. Nelle nuove linee di indirizzo c’è scritto che il Centro deve diventare la struttura di vertice dello spettacolo in Trentino.

Moni Ovadia e Shel Shapiro in scena a Trento nella passata stagione

Questo implica due cose: il discorso sulla produzione e quello sulla circolazione degli spettacoli. Il Centro si occuperà di organizzare gli spettacoli sul territorio? Non c’è già il Coordinamento teatrale per questo?

Quella che ho menzionato è un’enunciazione di massima, l’obiettivo principale. Per tradurlo in pratica, non sono ancora fissate delle linee di condotta precise.

Ci sono segnali di movimenti in senso contrario: in periferia nascono iniziative autonome come, ad esempio, AIDA...

L’attività del Centro non esclude la possibilità che nascano tali iniziative; il Centro deve poter rispondere anche a esigenze di questo genere. Non dobbiamo dimenticare che il Coordinamento teatrale raggruppa un numero di comuni abbastanza elevato, ma non tutti. Però in questo momento di crisi qualche comune potrebbe pensare di organizzarsi

...arrangiarsi, ma ci vogliono finanziamenti.

La Provincia non vuole finanziare il territorio attraverso il Centro. Può mettere a disposizione del Centro degli strumenti, perché esso possa erogare servizi verso il territorio, soprattutto per ciò che riguarda l’individuazione delle potenzialità di creatività culturale che già esistono.

Un esempio?

Se dal territorio emergono esigenze di attività per piccole produzioni, il Centro deve dare una mano sul piano del supporto, non finanziare. Mettere a disposizione risorse, strutture, consulenze, organizzare tra le attività del Centro anche proposte che vengono dalla periferia...

L’atteggiamento del Centro rispetto alla produzione locale sembra un po’ arretrato. Facciamo due esempi: Andrea Castelli per produrre “Avevo un pallone rosso” se n’è dovuto andare a Bolzano e Roberto Marafante, regista cinematografico e teatrale professionista, ormai radicato qui da anni, collabora con diverse piccole realtà, come la Comunità di S. Patrignano e le scuole, ma la sua professionalità non è mai stata valorizzata.

Credo che abbiate colto nel segno. La necessità di ‘rivedere il sistema di relazioni con l’esterno’ è uno dei cardini del futuro del Centro. Non posso sapere perché le cose andavano in un certo modo nel passato: dico solo che oggi dobbiamo attrezzarci per essere attenti a queste cose. L’obiettivo è guardarsi intorno, trovare risorse, recepire le attività di qualità. Anche se non si può dire che il Centro non abbia mai fatto niente: ad esempio l’anno scorso è stato prodotto ‘Mito e amore’.

Il problema dei finanziamenti resta, tuttavia, per le piccole produzioni, come per personaggi come Castelli. Se vogliamo valorizzare artisti di una certa levatura, dobbiamo sbloccare le risorse, anche finanziarie. Ci stupisce che Castelli debba emigrare a Bolzano per tornare a Trento “da eroe”.

Ma non ha stupito mica soltanto voi: ha stupito probabilmente un sacco di gente...

Anche lei, dunque...

Sì. È chiaro che il futuro del Centro dovrà prevedere una presenza anche di tipo produttivo. E l’obiettivo va messo in relazione con una rinnovata collaborazione con lo Stabile di Bolzano, soprattutto sugli aspetti della produzione, anche per recuperare finanziamenti e allargare il circuito. È un progetto esistente da anni, ma non si è mai concretizzato. Vorremmo arrivarci, anche se non posso prevedere quando. Ma per relazionarsi con l’esterno bisogna essere in due...

Ci vuole il Direttore Artistico...

 [Ride] No, anche l’esterno deve essere d’accordo.

Beh, sull’esterno noi registriamo una situazione molto positiva, oltre a 3 teatri professionali, abbiamo almeno 5 teatrini che fanno attività con due soldi, con performer locali e da regioni limitrofe, con l’Università che fornisce un ampio pubblico giovane. E poi anche il resto: Pergine, Dro, Oriente Occidente... C’è una cultura dello spettacolo che è progredita di molto, negli ultimi decenni. È vitalissmo il “teatro negli scantinati”, ma si ha l’impressione che nessuno del Centro vada a vederlo.

La prendiamo come una sollecitazione a cercare di rapportarci anche con queste realtà, ma questo è appunto il nuovo obiettivo del Centro, che va aggiunto agli obiettivi della stagione teatrale ordinaria, che rimane essenziale, anche perché ci assicura, attraverso sponsor, biglietti, contributi statali, il 25-30% delle entrate. In questo momento di crisi, la PAT ha mantenuto gli investimenti per il Centro, malgrado una diminuzione da parte del Comune. Dobbiamo garantire una coerenza rigorosa tra finanziamenti e attività.

Eh, ma se tagliate sulla pubblicità a QT, risparmiate un bel po’...

 [Ride] Non penso che sia...

Il tema comunque è: vi interessano i rapporti con le altre realtà culturali? Oppure diventate solo un’impresa, come la Showtime che nel campo dello spettacolo opera con successo?

Noi dobbiamo ragionare in termini di impresa, ma impresa culturale.

Lei ha scritto cose interessanti in presentazione del bilancio 2010, alludendo a spettacoli di interesse giovanile, con cui costruire un solido rapporto...

Ci sono problemi di complessità nella programmazione: dobbiamo programmare con almeno un anno di anticipo le attività senza avere certezza dei futuri finanziamenti. Ora dobbiamo occuparci di quel che andrà in scena a fine 2012, inizio 2013 e dislocare in modo ragionevole le risorse. Innovare nelle proposte teatrali richiede una specie di censimento, contatti, progetti, prevedendo le relative risorse.

E se si facessero degli Stati generali della cultura in Trentino, per raccogliere idee e ascoltare opinioni, esigenze, suggerimenti?

Il presidente Gabrielli non risponde, o, meglio, ritorna a parlare della PAT e delle sue esigenze. Evidentemente la proposta è troppo populista per poter essere presa in considerazione...

Al termine dell’intervista, si ha un’impressione positiva, di persona franca, corretta e cordiale, ma anche diplomatica, accorta e prudente, come si conviene al ruolo. Se torniamo a rileggere l’intervista concessa a QT nel dicembre 2009, però, si ritrova pari pari buona parte di quanto da lui detto due anni dopo. Forse siamo noi che facciamo sempre le stesse domande; o forse, come si diceva all’inizio, esiste un Discorso Pubblico dal quale non ci si deve discostare, affinché le linee della nuova politica culturale trentina, anche attraverso QT, si diffondano e penetrino bene nella testa della gente. Lo ha detto chiaramente, il presidente Gabrielli: “Il compito attuale è di portare nella mente delle persone il nuovo approccio gestionale richiesto al Centro”.

Vigileremo, come sempre, al di là delle parole.