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Anno dell’acqua: un bilancio

Francesco Borzaga

Si è appena concluso l’ Anno internazionale dell’acqua, e già l’ Assessore all’Urbanistica di Trento, prof. Andreatta, si affretta a presentarci il 2004 quale "anno dell’ambiente". Tra tante benedizioni, sembra doveroso tirare un bilancio e magari azzardare una previsione.

Nell’anno dell’acqua, le celebrazioni non sono mancate. Neppure è rimasta assente la consueta attività informativo-celebrativa indirizzata alle scuole, pubblico tanto più apprezzato perché privo di possibilità d’intervento. Non sono tuttavia mancate altre realizzazioni, meritevoli di citazione.

E’ in attesa di entrare in vigore il Piano Generale di utilizzazione delle acque pubbliche, dovuto all’impegno dell’ex Assessore Pinter. Tra le realizzazioni "sul terreno", darei rilievo alla "laguna biologica" di Terlago, indirizzata alla fitodepurazione ed estesa su 25.000mq. Lo sdoganamento da parte della P.A.T. della fitodepurazione, tecnica naturale, efficace ed economica fin qui tenuta in disparte, è un segnale notevole. Ugualmente positive sono le iniziative dell’Ufficio provinciale Biotopi, in particolare gli interventi sul biotopo "Fontanazzo" in quel di Grigno. Così pure meritano una citazione, in campo agricolo, le riconversioni in corso degli impianti di irrigazione, per l’utilizzo della tecnica a goccia, che elimina un gigantesco spreco di acqua.

Sono segnali positivi, ma insufficienti a controbilanciare un ritmo di crescita e di consumo delle risorse di base al quale il nostro mondo politico non sembra intenzionato a mettere freno. Anche qui, farò qualche esempio.

Nello scorso settembre il Consiglio comunale di Trento ha dato via libera ad un piano di urbanizzazione in località Stella di Man, con previsione di residenze, struttura alberghiera e ristorante. Per spese di esproprio e per realizzare una strada di servizio, si sono stanziati 319.000 euro: assai più dei 209.000 destinati alla laguna biologica di Terlago. L’operazione immobiliare comporterà però anche la canalizzazione e lo spostamento a ridosso della ferrovia della "fossa della città", che costituisce l’ultimo esempio rimasto a Trento sud di roggia in condizioni più o meno naturali. I lavori e la spesa saranno ovviamente a carico della Provincia, i profitti saranno dei privati. Ho dato spazio all’episodio perché da più di dieci anni il nostro WWF si batte per la conservazione e la rinaturalizzazione della "fossa", e per la tutela di una residua zona agricola in un quartiere ogni giorno più soffocato da case e cemento.

Un ritaglio dello scorso novembre dà notizia di 35.000mq. di nuovi capannoni in corso di realizzazione a Spini di Gardolo. Fin qui la zona era rimasta libera dal cemento, poiché la presenza delle falde sotterranee che riforniscono Trento aveva fermato le ruspe. Ora i lavori di realizzazione del nuovo collettore delle acque bianche e una provvidenziale "messa in sicurezza" del conoide dell’Avisio si sono rivelati una benedizione per i grossi interessi economici. Ricorderò che mentre si impermeabilizza l’area delle sorgenti di Spini per farvi dei capannoni, la giunta Pacher ha dato il via a un progetto da 10,5 milioni di euro per la ricerca e utilizzazione di nuove sorgenti. Un terzo caso meritevole di menzione è quello dei progetti per la messa in sicurezza di Borgo Valsugana. Questo centro è a rischio alluvione, e appare urgente una diversa sistemazione del Brenta, malamente canalizzato. Sarebbe necessario un vasto intervento di riprofilatura dell’alveo, creando casse di espansione e di sfogo delle piene. Tali lavori sono però incompatibili coi faraonici progetti dell’amministrazione comunale, decisa a promuovere l’espansione urbana sia a monte che a valle. Si sta perciò dando il via a costosi progetti di gallerie e di riprofilatura dell’alveo, che non affrontano la progressiva impermeabilizzazione dei suoli.

Ultimo in ordine di elenco, ma non per importanza, è il massiccio impegno della Provincia per realizzare una miriade di impianti di innevamento, a scapito di magri corsi d’acqua in territori quasi privi di risorse idriche. A Folgaria, l’inverno scorso, il paese fu rifornito con autobotti. Non diversa è la situazione a Tremalzo, a Brentonico, alla Predaia, in Bondone, ecc.

Concludendo: la progettazione "urbanistica" del Trentino, e il conseguente consumo di suolo, acqua ed altre risorse, risultano invariabilmente in funzione delle esigenze di grossi interessi economici, indirizzati a moltiplicarne i guadagni a scapito dell’interesse collettivo. In questa chiave leggo gli ambiziosi progetti del Comune di Trento (tra i 3 e i 5 milioni di mc.) ma anche quelli di quasi tutti i centri del nostro bel Trentino: di Rovereto, Calliano, Arco, Pergine, Borgo...

Per considerazioni di segno diverso non c’è posto: non sono neppure pensabili quelle opere di ricostituzione degli alvei fluviali e di rinaturalizzazione portate a termine ormai da tempo in Svizzera, Austria, Germania: sul Danubio, sul Reno, sull’Inn, ma anche sulle modeste fosse e sui canali che attraversano la città. Di conseguenza, le pur meritevoli iniziative dell’Ufficio Provinciale Biotopi risultano alla fin fine un’operazione di cosmèsi, un alibi destinato a coprire una realtà ben diversa.