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QT n. 6, giugno 2011 Cover story

Referendum: contro un privilegio feudale

Legittimo impedimento: una legge ad personam già resa inefficace dalla Corte Costituzionale, ma che conserva una valenza politica

Il referendum sul cosiddetto “legittimo impedimento” riguarda la possibilità di abolire la Legge n. 51 promulgata il 7 aprile 2010, relativa a “disposizioni in materia di impedimento a comparire in udienza”. In parole semplici è la richiesta di abrogare una delle tante leggi “ad personam”, volute dal centrodestra per cercare di salvare Silvio Berlusconi dai processi penali, garantendogli, per la sua carica di Presidente del Consiglio, la possibilità di non comparire alle udienze penali che lo riguardano.

Berlusconi

Tale possibilità, in realtà, riguarda tutti i cittadini italiani. L’art. 420 ter del Codice di Procedura Penale riguarda infatti la possibilità dell’impedimento a comparire per qualsiasi imputato, quando l’assenza: 1) è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento, 2) o anche appare probabile che l’assenza dell’imputato sia dovuta ad assoluta impossibilità di comparire. Tale corretta regola processuale valeva ovviamente anche per l’imputato Presidente del Consiglio, per il sacrosanto principio per cui la legge è uguale per tutti, ma quello stesso articolo, oltre a prevedere ristretti casi di assenza giustificata, stabilisce che tali possibilità di assenza sono liberamente valutate dal giudice e non possono formare oggetto di discussione successiva né motivo di impugnazione.

La legge voluta da Berlusconi stabilisce due principi diversi e ben precisi: 1) la carica di Presidente del Consiglio è, di fatto, un legittimo impedimento a comparire, 2) il giudice non può valutare alcunché, ma limitarsi a rinviare il processo a fronte dell’imputato premier.

Il referendum del 12 giugno, il primo su una delle tanti legge “ad personam” del quasi ventennio berlusconiano, è nato con il lodevole scopo di abrogare una legge che pone il Presidente del Consiglio al di sopra degli altri cittadini, e ciò in evidente contrasto con il principio per cui “siamo tutti uguali di fronte alla legge” dettato dal comune sentire democratico prima ancora che dalla nostra Costituzione.

Su rinvio del Tribunale di Milano è stato così promosso un giudizio di legittimità costituzionale e la Corte Costituzionale, con sentenza n. 23 del 13 gennaio 2011, ha svuotato la legge sottoposta a referendum abrogativo poiché, per la Corte Costituzionale, in una lunga e articolata sentenza, sono illegittimi i due passaggi fondamentali della legge voluta da Berlusconi. Senza entrare nel dettaglio tecnico, la Corte ha stabilito che: 1) il legittimo impedimento del Premier deve essere comunque puntualmente provato, non essendo possibile addurre un impedimento “continuativo”, 2) “al giudice non può essere sottratto il potere di valutazione dell’impedimento addotto”.

Per la Corte Costituzionale si è introdotto, con la legge sul legittimo impedimento, una prerogativa (in parole povere: un privilegio) in favore dei titolari di cariche governative in assoluto contrasto col principio di eguaglianza di cui all’art. 3 della Costituzione per cui “tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge”.

Quel democratico principio che Berlusconi voleva abrogare in favore di quell’altro famoso aristocratico principio proposto dall’indimenticabile Sordi, alias Marchese del Grillo, per cui, di fronte alla legge apostrofava così i sudditi che, contro di lui, si erano inutilmente rivolti al Tribunale: “Io so’ io e voi non siete un c...”.

L’intervento della Corte Costituzionale, sul piano tecnico processuale, ha rimesso le cose a posto, così da rendere inutile, giuridicamente parlando, il referendum abrogativo del 12 giugno.

Solo però sul piano tecnico processuale, perché sul piano squisitamente politico quel referendum mantiene intatto tutto il suo dirompente potere. Abrogare, da parte di quelli che Berlusconi vorrebbe cittadini di serie B, una legge degna del peggior sistema feudale è certamente un ottimo motivo per recarsi convinti alle urne e dimostrare al Marchese Berlusconi del Grillo che Lui sarà Lui ma noi cittadini lo possiamo legittimamente rispedire a casa sua.

Finalmente libero lui di occuparsi dei suoi processi e liberi noi di far ripartire, dopo Milano e Napoli, anche l’intero Paese.