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La pillola della discordia

Sono un farmacista di Trento che si è sentito particolarmente coinvolto nella polemica scoppiata intorno alla Ru486. Nel giugno 2009, tramite una borsa di studio presso l’Università di Bologna, ho collaborato personalmente alla revisione della scheda tecnica della Ru486 (testo del foglio illustrativo, riassunto caratteristiche del prodotto, confezionamento): la mia attività, in pratica, consisteva nel verificare che la documentazione sul farmaco, in lingua italiana, fosse stata tradotta fedelmente rispetto alla scheda ufficiale in inglese, approvata e rilasciata dall’Agenzia europea dei farmaci (l’EMEA). Questa attività è richiesta ai fini della procedura di Mutuo Riconoscimento di un farmaco, come nel caso della Ru486. Pochi giorni dopo avere spedito le mie ultime correzioni all’AIFA, è stata deliberata ufficialmente l’autorizzazione all’immissione in commercio in Italia come farmaco per l’interruzione volontaria di gravidanza e poi... il nulla. Perchè il governo, da allora, ha scelto la via dell’ostruzionismo, ritardando il più possibile l’effettiva introduzione nella pratica clinica, peraltro senza fondate evidenze da un punto di vista strettamente medico-scientifico.

Dopo le recenti esternazioni dei governatori leghisti neo-eletti, ho sentito la necessità di mettere nero su bianco, in modo più chiaro possibile, la storia e l’iter che hanno visto protagonista l’Ru486. Ho preferito focalizzare l’attenzione sui metodi e sulle regole che governano il complesso mondo dei farmaci senza addentrarmi nel campo, minato e delicatissimo, dell’etica e della morale. Questo arduo compito spetta ad altre discipline: io non potrei che esprimere solo un’opinione, in tal senso.

La situazione in Trentino è la seguente: la RU486 è stata sperimentata con successo dal 2006, in regime di day hospital, senza particolari complicazioni. Adesso il nostro illuminato assessore alla salute (un ex assicuratore, un pozzo di scienza!) vorrebbe uniformarsi alle direttive calate dall’alto e applicare il ricovero ordinario (3 giorni), con un notevole incremento di spesa per la ASL e ovvie ricadute sul diritto di privacy. Peccato che le linee guida internazionali dell’OMS siano molto chiare in merito. Cliccare per credere, a pag. 37, colonna sinistra, secondo paragrafo.

Le recenti raccomandazioni del Consiglio Superiore di Sanità risultano alquanto inconsistenti rispetto alle evidenze scientifiche internazionali, prodotte e riconosciute da anni in tutto il mondo! È come se in classe un professore dicesse: “Ragazzi, da oggi per noi la terra è piatta. Dobbiamo attenerci scrupolosamente alle nuove raccomandazioni del Preside, la massima autorità culturale nel nostro Istituto”. Quante pernacchie si prenderebbero dalle scuole vicine?

La settimana prossima ci sarà un’interrogazione in Consiglio Provinciale per chiedere lumi all’assessore alla Salute sulla sua decisione di passare al ricovero ordinario (3 giorni), dopo 4 anni di sperimentazione. Una scelta che non può essere né giustificata né sostenuta da solide evidenze scientifiche. E visto che qui si parla di scienza, le opinioni non valgano un emerito...

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RU486: un pateracchio politico-istituzionale

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