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Competenza

A proposito di Lidia Menapace, mancata presidente della commissione difesa.

L’ho incontrata alle ore più improbabili ad aspettare treni che la portavano in qualche luogo dove si voleva sentire di pace, pacifismo e femminismo. Piccola e con un piccolo bagaglio. Spesso era ancora notte, io infreddolita per aver percorso il tratto fra casa e stazione sulla pista ciclabile, lei arrivata chissà come. Andava a Bergamo o a Genova e in tanti altri posti, ovunque la chiamavano a parlare o a manifestare.

Lidia Menapace

Eletta senatrice, non eletta a Bolzano, ma comunque di Bolzano, dove sempre ritorna, Lidia Menapace doveva diventare presidente della commissione difesa della seconda camera. Bastavano anche la metà dei voti, ipotesi probabile, per la fragilissima maggioranza di cui gode l’Unione: avrebbe prevalso per l’età. Ma un giochetto fra componenti di destra e un eletto della Lista Di Pietro ha fatto passare un altro candidato. Di Pietro, pare, ha chiesto poi, inutilmente, le dimissioni dell’intruso. Si sa come è andata a finire. Per giustificare il pesante sgarbo, si sono fatte pesare le dichiarazioni della militante pacifista a proposito delle "Frecce Tricolori", la squadra acrobatica aerea che fa spettacolo alle manifestazioni militari. Lei le considera superflue e da sopprimere perché inquinano. Inoltre poco prima della votazione in commissione, ha anche ribadito di essere contraria agli interventi all’estero di militari italiani. La destra, e non solo, ha denunciato queste posizioni come un’offesa e un’umiliazione di tutti i soldati che hanno sacrificato la loro vita per la patria. La destra, e non solo, ha deciso che chi è per l’abolizione dell’esercito non può presiedere la Commissione difesa. I più "buoni" hanno chiesto per quale ragione Menapace sia stata proposta per questa commissione e non per altre in cui poteva dare un contributo di maggiore competenza.

A me pare che Menapace fosse altamente competente per fare la presidente della commissione difesa. Non si tratta di eleggere il comandante dell’esercito. E inoltre difendere la patria non significa di per sé usare le armi, salvo forse in situazioni straordinariamente infelici, significa piuttosto salvaguardare l’onore e la dignità della Repubblica, elevare la cultura generale verso i diritti umani, diffondere lo spirito di critica e di responsabilità in modo che i cittadini e le cittadine ne possano fare uso favorendo così il permanere e l’estensione della pace. Aiutare gli altri popoli con interventi di pacificazione non significa mandare i nostri giovani militari ad appoggiare, come avvenuto di recente, le iniziative avventuriste dei ladri di petrolio. Molto meglio creare e mandare un corpo civile di intervento, capace di favorire la fine dei conflitti. Meglio ancora usare tutte le armi pacifiche di collaborazione, comprensione, diplomazia per trovare soluzioni non violente ai contrasti. Così si difende meglio la patria. L’esercito è una parte della questione difesa, e si spera sempre meno rilevante in un futuro auspicabile. Dunque una pacifista alla difesa a mio parere garantisce che il pensiero di un mondo, in cui le relazioni fra popoli siano improntate al massimo dell’amicizia possibile, entri nelle istituzioni governative.

Mi pare anche curioso che si consideri un delitto dire che si può risparmiare in materia di spettacoli acrobatici, quando si chiedono, di nuovo e sempre agli stessi, sacrifici economici, i cui proventi non si sa dove verranno investiti. Per ora si sente: tagliare la sanità per investire nella TAV; non tagliare la pattuglia acrobatica "tanto amata dagli italiani" e alzare l’età pensionabile delle donne (gli asini da soma dell’economia italiana, lavorano molto più degli uomini e guadagnano molto meno), che tanto in parlamento e nei sindacati non sono rappresentate. E quando ci sono non vengono elette alla presidenza della commissione difesa, perché notoriamente l’Italia è un paese guerriero.

Infine, in questa brutta vicenda non si capisce perché si sia ritenuto che in una commissione legislativa, che costituisce una delle tante istanze nelle quali si forma la decisione politica, non possa essere rappresentata a un livello alto, in questo caso la presidenza, una posizione che intende la difesa come una questione non squisitamente militare. La decisione politica non dovrebbe essere frutto del confronto di posizioni diverse? La posizione di rifiuto della guerra rappresentata da Lidia Menapace è condivisa da un numero altissimo di persone, molto maggiore dei voti che l’hanno eletta.

Fra i cambiamenti che ci si aspetta dal nuovo governo vi è anche quello di un atteggiamento meno cinico nei confronti delle regioni del mondo in cui ci sono conflitti, che dia luogo a una politica attiva di riduzione della violenza e di apertura a un cambiamento verso la pace, nella convinzione che di qui inizia la difesa del nostro paese.

E’ troppo sperare che una coalizione di centro sinistra si ponga questo problema?