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QT n. 3, 11 febbraio 2006 Servizi

Fisco, la privatizzazione fallita

La riscossione dei tributi tornerà in mano al settore pubblico. Come mai?

La recente legge finanziaria dello Stato prevede, in piena epoca di privatizzazioni, il ritorno all’amministrazione pubblica dell’importante settore della riscossione dei tributi. Seppur salvaguardando la forma privatistica, infatti, la gestione sarà affidata ad una società per azioni: un importante settore di attività fin qui affidato al privato (in sostanza alle banche), tornerà quindi ad essere gestito direttamente dal pubblico (Agenzia delle entrate, vale a dire fisco, ed Inps, in pratica previdenza pubblica).

Del cambio di orientamento si parlava già da qualche tempo: il fallimento dell’esperienza privata era, infatti, sotto gli occhi degli addetti ai lavori da troppi anni.

Marinus van Reymerswaele, “L’esattore” (1542).

Nel 1999 era stata tentata l’ennesima riforma, ma senza particolari risultati. Il fatto è che, ai tempi già troppo lunghi della pubblica amministrazione, ai condoni ed a tutto il resto, il privato ha aggiunto le proprie lungaggini alla faccia della presunta miglior efficienza. Si riportano di seguito due autorevoli prese di posizione che offrono un’idea dello stato dell’arte.

Vincenzo Apicella, uno dei relatori dell’ultimo rapporto della Corte dei Conti, l’organo che analizza la situazione dei bilanci pubblici, e dello Stato in particolare, ha segnalato "rilevanti elementi di preoccupazione" per il verificarsi della cosiddetta "evaporazione dell’imponibile", dovuta ai complicati meccanismi di riscossione. Ribadendo l’allarme già lanciato lo scorso anno, poi, pone l’accento sulla "bassissima percentuale di maggiore imposta accertata e effettivamente acquisita all’erario a seguito delle fasi del contenzioso e della riscossione da un lato, e la scarsa sostenibilità in sede di contenzioso tributario delle contestazioni elevate a seguito degli accertamenti effettuati dagli uffici e dai corpi tributari dall’altro". Insomma, al di là degli altisonanti annunci di lotta all’evasione con milioni e milioni di euro di cui ogni tanto si favoleggia il recupero, alla fine lo Stato rimane con il classico pugno di mosche in mano.

Le responsabilità, ovviamen-te, sono molteplici e diffuse ma il ruolo negativo della fase di riscossione appare sicuramente clamoroso. S. Sansonetti (vedi "Il Fisco bocciato sulla riscossione", in ItaliaOggi del 7 aprile scorso, p. 23) riporta i dati di un rapporto del Se.C.I.T (il gruppo dei cosiddetti super ispettori del ministero delle Finanze). relativo agli anni 2000 e 2001, nei quali la percentuale di riscossione, sul totale delle imposte contestate, è stata più o meno dell’1,80 per cento e nel 2002 dello 0,55 per cento. "L’attuazione dell’evasione da riscossione - si legge nel citato rapporto del Se.C.I.T. - non richiede, per la sua realizzazione, l’elaborazione di astruse operazioni, è sufficiente occultare i beni su cui il concessionario potrebbe rivalersi intestandoli a terzi o trasformandoli in liquidità di difficile individuazione".

A livello locale il servizio di riscossione è gestito da Uniriscossioni, una società di Unicredit, già Cassa di risparmio di Trento e Rovereto. Anche nella nostra provincia, secondo l’Agenzia delle entrate di Trento, il fenomeno della scarsa riscossione è evidente. Ogni cento euro affidati al servizio, solo tre vengono effettivamente incassati e riversati al fisco statale.

Uniriscossioni gestiva anche la maggior parte delle entrate tributarie patrimoniali dei comuni. Da alcuni anni, però, dopo che una recente norma lo ha reso possibile, alcuni enti locali, i comuni in particolare ma anche alcune aziende pubbliche e qualche comprensorio, hanno scelto di cambiare cavallo o di attivarsi in proprio. Direttamente o esternalizzando il servizio ad altri, hanno provato con alterni risultati a scrollarsi di dosso i condizionamenti del concessionario oramai ex monopolista. E per chiudere le fasi della riscossione, si sono trovati a dover utilizzare l’unica alternativa possibile, una vecchissima legge, il Regio Decreto.639/1910, che disciplina un processo esecutivo speciale, caratterizzato per certi aspetti da maggiore celerità e snellezza rispetto al processo esecutivo ordinario (quello, teoricamente più moderno, utilizzato dal concessionario).

A spingere gli enti pubblici ad abbandonare Uniriscossioni ha contribuito forse anche il recente comportamento assunto da quest’ultima che, unilateralmente, ha alzato il costo delle proprie prestazioni, peraltro non particolarmente eccellenti. Il passaggio del settore dalle banche alla società pubblica Riscossione Spa non risolverà forse il problema dall’oggi al domani ma una via d’uscita deve pur essere tentata, pena il permanere della grave situazione così ben descritta dalla Corte dei Conti. E anche la PAT, come lo Stato, sta seriamente valutando di istituire una propria Riscossioni Spa. Speriamo bene.