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QT n. 21, 11 dicembre 2004 Servizi

Conferenza delle Alpi: una delusione

Come l’Italia riesce a rallentare l’attuazione della Convenzione delle Alpi e a perdere credibilità nei confronti dei partner europei.

Poche settimane fa a, Garmisch-Partenkirchen si è tenuta l’ottava Conferenza delle Alpi (la consulta dei governi dei paesi dell’arco alpino coinvolti nell’attuazione della "Convenzione delle Alpi").

I Paesi aderenti alla Conferenza delle Alpi.

Sulla stampa nazionale, ma anche locale, questo grande appuntamento che dovrebbe elaborare le strategie biennali dello sviluppo riguardanti tutta la popolazione dell’arco alpino (14 milioni di abitanti distribuiti su 191.000 kmq, 30.000 specie di animali presenti, 13.000 vegetali, uno degli ecosistemi più importanti del pianeta), è stato trascurato. E se affrontato, l’attenzione è stata superficiale.

In questa conferenza, che si tiene ogni due anni, gli otto governi dei paesi alpini fanno il punto sulla situazione di applicazione della Convenzione e affrontano temi con ricadute decisive sulla qualità della nostra vita: quale mobilità transfrontaliera sulle Alpi, quale sviluppo, come e fin dove utilizzare le risorse presenti?

La conferenza si è risolta con un clamoroso fallimento, cui ha concorso, con determinanti responsabilità, il governo italiano.

Si dovevano affrontare tre temi: la definitiva ratifica e quindi attuazione di tutti i protocolli da parte dei paesi coinvolti, l’avvio della procedura per l’approvazione del protocollo più importante, "Cultura e popolazione", e la nomina della nuova presidenza dopo il biennio a guida tedesca.

Il sottosegretario Roberto Tortoli (Forza Italia): autore dell'ennesima figuraccia dell'Italietta cialtrona.

Alla conferenza solo l’Italia non era presente con il Ministro, bensì rappresentata dal sottosegretario Tortoli: primo passaggio che ha creato sconcerto e confermato diffidenze già consolidate. In una situazione di rappresentatività tanto debole l’Italia si è permessa di porre il veto sul posto di Segretario Generale della Convenzione delle Alpi all’austriaco Ruggero Schleicher-Tappeser, pur sostenuto anche da Germania, Svizzera, Francia, Liechtenstein, Principato di Monaco. Al candidato austriaco l’Italia (con la Slovenia) aveva contrapposto il nostro connazionale Marco Onida, attualmente in forza alla Commissione Europea, candidato comunque di alto valore. Si è quindi prodotta una situazione di stallo con l’Italia che è riuscita ad umiliare due persone di alta levatura politica e culturale, una situazione che ha indotto i paesi di lingua tedesca e i francesi ad esprimere forti perplessità nei confronti del nostro paese, accusandoci di inviare al lavoro sulla Convenzione uno stuolo di burocrati abituati a non decidere nulla e a perdersi in lungaggini formali, personaggi che a Bolzano (sede di una vicepresidenza) hanno, con i loro comportamenti, portato alle dimissioni i ricercatori e i dipendenti più motivati.

La situazione uscita da Garmisch impedisce di guardare con serenità allo sviluppo dei contenuti della Convenzione delle Alpi. Oggi l’Italia, nonostante rappresenti il 27% del territorio alpino, è riuscita a costruire una contrapposizione frontale tra il nostro paese ed i partner confinanti: un crollo in termini di credibilità per l’Italia anche causa il disegno di legge di ratifica fermo alle Camere da ormai tre anni. Va ricordato come la Convenzione delle Alpi sia stata ratificata dal Parlamento italiano con la legge n. 403 del 14 ottobre 1999 ed è entrata in vigore definitivamente il 27 marzo 2000.

Nella valutazione del lavoro della Conferenza, la CIPRA (Commissione Internazionale per la Protezione delle Alpi, vedi scheda) ha dichiarato apertamente la sua delusione anche per la mancanza di volontà degli stati alpini di redigere il protocollo "Popolazione e cultura", un protocollo che come gli altri dovrebbe avere carattere vincolante. I ministri degli stati alpini hanno deciso invece che il tema della popolazione e della cultura alpini saranno trattati solo nell’ambito di una semplice dichiarazione. E’ un segnale negativo nei confronti di tutta la popolazione alpina, un segnale di sottovalutazione dell’importanza e della complessità della vita umana su queste giovani, fragili montagne. Non si comprende perché gli argomenti inerenti l’ambiente e l’economia ( come il turismo, i trasporti o la protezione della natura) siano trattati nel quadro di 8 protocolli a carattere vincolante, mentre quello della popolazione non trovi altrettanta considerazione e valore. Con un simile passaggio la Convenzione delle Alpi non tratterà in maniera equa temi importanti come l’approvvigionamento nelle regioni rurali, l’istruzione e la formazione, lo sviluppo della cultura, le ragioni urbanistiche e le forme di architettura locale nelle regioni alpine.

Questo protocollo doveva anche offrire una possibilità di coinvolgimento diretto della popolazione nell’attuazione degli altri protocolli già in vigore, aprire alla partecipazione dal basso, invitare gli enti locali ad un ruolo di protagonisti nel progettare lo sviluppo; attraverso questo investimento negli enti locali si sarebbe dato nuovo slancio all’attuazione della Convenzione, che da qualche tempo invece ristagna.

Per contribuire alla caduta di credibilità del nostro paese il governo Berlusconi fin dal maggio 2004 aveva anche stralciato, su sollecitazione del ministro Lunardi, il protocollo dei trasporti dal disegno di legge di ratifica della Convenzione.

Peraltro, ad esclusione della Svizzera, sul tema dei trasporti negli altri paesi le cose non procedono meglio. Solo in questi primi dieci mesi del 2004 il trasporto merci su gomma sull’autostrada del Brennero è aumentato del 20%. In una simile contingenza ed emergenza non basta costruire i nuovi assi ferroviari del Lòtschberg e del Gottardo per trasferire quote significative di trasporto dalla gomma alla rotaia: servono misure complementari di politica dei trasporti, come l’introduzione di una efficace tassa sul trasporto pesante, la strutturazione della logistica che dai porti italiani e francesi indirizzi da subito il trasporto su ferrovia, una politica europea che incida nel settore industriale, nella distribuzione, affinché le specificità dei diversi territori vengano valorizzate e si limitino al massimo gli inutili, costosi trasporti internazionali, una politica che permetta il consolidarsi di vere e proprie imprese nazionali di trasporto superando l’attuale deleteria parcellizzazione delle imprese di carattere famigliare.

Nonostante la delusione ci sono comunque ancora spiragli, campi d’azione che permettono di nutrire fiducia. Non dovrebbe essere difficile costruire una collaborazione più stretta con la rete di comuni "Alleanza nelle Alpi". Questa rete riunisce circa 200 comuni impegnati nell’applicare la Convenzione delle Alpi, nello scambiarsi esperienze ed informazioni: si tratta di fornire a questi comuni risorse concrete, un fondo specifico per potenziare la rete di collaborazioni ed i progetti di attuazione della Convenzione già messi in atto negli otto paesi aderenti. E’ necessario che le Regioni italiane pretendano dal governo un maggiore protagonismo. Sarebbe necessario trovare alleati nella società civile, partendo dalle organizzazioni sindacali confederali, oggi clamorosamente assenti da un qualsiasi confronto su temi strategici per il nostro futuro.

La Commissione Internazionale per la Protezione delle Alpi (CIPRA) è un’organizzazione non governativa fondata nel 1952, strutturata in rappresentanze nazionali presenti nei paesi alpini, alla quale aderiscono oltre 100 associazioni ed enti dei 7 stati delle Alpi. La sua sede è a Schaan, nel Principato di Liechtenstein. La CIPRA opera in favore di uno sviluppo sostenibile nelle Alpi e si impegna per la salvaguardia del patrimonio naturale e culturale e per il mantenimento delle diversità regionali.

Sul sito (www.cipra.org) si possono trovare i testi della Convenzione delle Alpi e dei protocolli e lo stato della ratifica da parte dei Paesi alpini.

Ora, come emergenza, si deve sbloccare politicamente la situazione imbarazzante che il governo italiano ha costruito all’interno della Presidenza della Convenzione delle Alpi. Non appena si uscirà dall’attuale stallo e si sarà definita la nuova leadership organizzativa, bisognerà costruire linee guida che coordinino la pianificazione urbanistica nell’ecoregione delle Alpi. Sarà anche necessario aprire un confronto partecipato fra Conferenza delle parti, enti parco e le Regioni per definire un piano d’azione per la protezione della natura e la tutela del paesaggio di montagna, per individuare incentivi che promuovano misure innovative in campo agro-ambientale e per la promozione delle aziende e dei prodotti agroalimentari alpini.

Ma è anche necessario istituire un sistema di Riserve forestali che sappiano collaborare e confrontarsi fra loro, elaborare Piani di prevenzione del dissesto idrogeologico dei territori montani compatibilmente con le esigenze della biodiversità, istituire un tavolo interministeriale sul turismo di montagna aperto anche alle associazioni ambientaliste e sindacali, definire incentivi certi per la produzione di energia da fonti rinnovabili, condividere un provvedimento urgente per il trasferimento entro un anno su rotaia di tutte le merci infiammabili e pericolose che transitano attraverso l’arco alpino.

La CIPRA ha inviato alla Consulta delle Regioni e al Governo un progetto di dettaglio che individua questi percorsi. Se il sindacato e le forze politiche della sinistra italiana prestassero la dovuta attenzione a questi temi (la qualità del lavoro, la difesa dei diritti, la tutela della salute), ci sarebbero sul tavolo sufficienti energie per giungere all’attuazione concreta del protocollo "Popolazione e cultura" ben prima della ratifica ufficiale dei pigri governi europei.

Non possiamo certo permetterci il lusso di perdere ancora tempo nell’attesa di una qualche sorpresa politica positiva in Italia. Sprecare tempo significa consolidare sul nostro territorio il potere dei trasportatori su gomma, accettare la tragica conseguenza dell’inquinamento e della diffusione delle malattie respiratorie nelle vallate di transito e accentuare la caduta di identità del nostro territorio, della nostra economia, della specificità della vita sulla Alpi.