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QT n. 9, 1 maggio 2004 Servizi

Le correnti dei DS, i personalismi, la politica

Nei Ds è venuto a galla il problema a lungo taciuto, il rapporto con la Margherita. Cerchiamo di vedere con quali idee, al di là dei (prevalenti) personalismi.

Negli scorsi giorni è nata nei Democratici di Sinistra del Trentino una nuova corrente: definita dai promotori "Terza via", dagli avversari "Corrente del né-né": né subalterni alla Margherita, né pregiudizialmente contrari. L’occasione ci fornisce lo spunto per una panoramica di quanto si agita all’interno della sinistra trentina e del suo maggiore partito, i Ds ("o come si chiamano ora" - come ebbe a dire a suo tempo Walter Veltroni. Per la cronaca la risposta esatta è Sinistra Democratica e Riformista).

Questa panoramica non è semplice (la raffiguriamo graficamente in L'arcipelago Ds). Per un dato di fondo: i continui rovesci - o meglio, i continui cedimenti - hanno terremotato la stessa identità del partito, soprattutto nei dirigenti, nei quali, cedimento dopo cedimento, si è diffusa la convinzione che quello che conta non sono tanto le idee (alle quali di solito si deve rinunciare) ma il potere. Con tutte le conseguenze personalistiche (della serie "A questo punto, quel che conta è il mio posto al sole") e i conflitti che ne derivano. Da qui tutta una serie di posizioni tattiche – alleanze interne motivate solo da convenienze personali, giravolte, tradimenti, risentimenti (vedi La poltrona dei DS) – caratteristiche di una dirigenza in crisi.

Da queste miserie cerchiamo di prescindere, e di vedere, al di là di esse, le idee politiche.

Dunque, il tema fondamentale è il rapporto con il governo e con l’ingombrantissimo alleato Dellai. Tema ovviamente centrale, a lungo occultato dalla segreteria Bondi, che assicurava andare tutto benissimo, e poi logicamente fatto riemergere dalla forza delle cose.

Il rapporto con la Margherita è così il punto centrale dei "terzisti" e del loro leader, l’assessore Remo Andreolli, che si propone come punto di riferimento di quanti non vogliono essere subalterni alla Margherita restando comunque al governo. Una via che tocca un sentimento diffuso e forse maggioritario nella Quercia e in generale nel vasto orto botanico della sinistra trentina, che si sente umiliata dalle subalternità della scorsa legislatura.

Come si possa tradurre questo sentimento in proposta politica è difficile da capire: per ora comunque è abbastanza chiaro che Andreolli vuole soprattutto misurare le proprie forze in vista del congresso dell’autunno, anche se probabilmente non avrà le forze per presentare un proprio candidato segretario. Alcuni maligni dicono che finalmente l’assessore si è ricordato di quel partito che aveva largamente ignorato nel corso della precedente legislatura, in cui il suo lavoro di assessore, apprezzato da quasi tutti, lo aveva impegnato completamente.

Andreolli, dopo la vicenda della formazione della giunta provinciale, che lo ha scottato personalmente, si è reso conto che qualcosa nella designazione di Dellai come candidato presidente del centro sinistra non ha funzionato, e così rilancia l’idea di "costituzionalizzare il principe" attraverso maggiori strumenti di partecipazione. Basta deleghe in bianco, basta scelte calate dall’alto, serve una maggiore condivisione.

Ottimo: solo che sono frasi sentite molte volte, pronunciate come una litania dopo ogni rovescio diessino, dalla vicenda Casanova alla formazione della giunta, al condono, fino alla candidatura del margheritino Detomas. "La candidatura di Detomas sarà l’ultima calata dall’alto" - proclama Andreolli; ma sembra la storia dell’ultimo condono, o dell’ultima sigaretta. Insomma, la rivendicazione della dignità, lo scatto d’orgoglio, dopo gli anni del "Dellai nostro leader" sono un’ottima cosa, ma per ora, non c’è molto di più: i moti di indipendenza stentano a concretizzarsi in programmi, in cose da fare, in vere scelte politiche..

Su questa linea si attesta anche il sindaco di Borgo Laura Froner, che infatti parla di terza via "tra la ribellione e l’appiattimento" alla civica dellaiana. E così Sara Ferrari (coordinatrice dei Ds del capoluogo), che al Corriere del Trentino dichiara: "Esiste una terza via nei rapporti con il nostro principale alleato. E questa strada può essere costruita rafforzando la sinistra. In tal modo saremo per la civica un partner più forte e affidabile. L’esempio di Trento Democratica è importante."

Persino Pinter, che ha fatto la scelta di rottura di non entrare in giunta, afferma: "L’iniziativa di Andreolli ha sottolineato alcuni temi importanti. Fra questi l’idea che non si può essere né rancorosi, né subalterni al nostro alleato. Ma per fare questo la sinistra deve recuperare credibilità".

Con Pinter si entra nell’area degli oppositori decisi a questa Giunta, fra i quali troviamo lo stesso segretario Mauro Bondi. Una posizione però anch’essa debole. Non solo e non tanto perché sia Pinter che Bondi fino all’altro ieri erano supporter della Giunta; quanto perché non sembrano indicare prospettive. Sia sul piano politico (se Dellai ti prende a ceffoni hai il coraggio di rompere? E con quali prospettive?); sia su quello programmatico, perché oltre ai (deboli) no a Dellai non si va. Bondi, in un’intervista a Questotrentino, (Il problema: gli 8 consiglieri e deputati) lo ha addirittura teorizzato: "Non è compito dei partiti dare indicazioni programmatiche".

Queste considerazioni sono peraltro la critica maggiore che l’ala per così dire più desiderosa di recuperare una vera collaborazione con la Margherita rivolge a Pinter come ai terzisti. Su questo fronte (dei sostenitori della necessità/positività di mettersi a lavorare con Dellai) troviamo due posizioni distinte. Una è quella dei filo dellaiani: il consigliere Giuseppe Parolari (già alfiere del "Dellai nostro leader") e l’ex Ape on. Gigi Olivieri, abbastanza isolato dopo aver lasciato l’alveare riformista, onnipresente sui giornali, ma ormai malvisto e assente nel partito, come testimonia la sua recente esclusione dalla direzioneDS.

L’altra posizione è quella dei governativi: la vice presidente Margherita Cogo e il suo segretario nonché redattore di QT Michele Guarda, gli onorevoli Gianni Kessler e Giorgio Tonini, che guardando in avanti puntano direttamente al futuribile soggetto unico tra Ds e Margherita. Secondo loro le pulsioni dorotee della Margherita non si battono con i no, ma con i : non più opposizione al vecchio Trentino, bensì, finalmente, più progetti per il nuovo. Una posizione che presuppone una (tutta da dimostrare) capacità di proposta; che ha dalla sua la necessità di Dellai, ormai senza più alibi, di guidare una legislatura di cambiamento; che però sconta una debolezza micidiale: si è nelle mani di Dellai e quando il presidente si impunta sui suoi doroteismi, si deve chinare la testa: vedi questione del condono. In quest’area si può collocare anche il sindaco Pacher, che tuttavia per ora riesce ad incassare i complimenti e l’approvazione di tutti per il suo progetto "Trento Democratica", una versione cittadina del cartello delle sinistre, resa appetibile dalla positività con cui viene giudicata la sua amministrazione e probabilmente perché ritenuta l’unica soluzione percorribile per evitare alle elezioni comunali la magra figura di quelle provinciali.

Ancora da chiarire è la posizione di Bressanini e del cosiddetto "Correntone": non ha mai brillato per propositività (anni di opposizione a Bondi senza indicare mai uno straccio di linea alternativa), per sensibilità sarebbe più vicino ad Andreolli che ai governativi, e cerca in questa fase una sintesi; che ci sembra pasticciata, prospettando una grigia soluzione unitaria con il rischio di cambiare tutto per non decidere nulla.

In questo vortice piuttosto privo di idee il povero segretario Bondi non sa più che cosa fare o che cosa dichiarare alla stampa, visto che ormai il partito non conta nulla e lo stesso segretario è delegittimato: in questo modo tutto diventa polemica sterile, le iniziative giuste valgono come i grossolani errori e alla fine la politica è totalmente in subordine a logiche di rivalsa personale.

In tale quadro si colloca la vicenda della candidatura del l’on. Detomas alle elezioni europee di giugno nella lista Uniti per l’Ulivo. Benché il capogruppo della Margherita Giorgio Casagranda affermi con tono sicuro che la Margherita "non ha mai preso e non prende ordini da Roma", la scelta del candidato ladino segue metodi rigorosamente partitocratrici. A Roma si decide tutto; ed è lì che alla fine vengono approvati i candidati secondo rigide quote stabilite a tavolino. La necessità ineludibile di un successo della lista Prodi, condizione stimata necessaria per poi battere Berlusconi, spinge i vertici dei partiti a sorvolare su ogni coinvolgimento democratico nella scelta della lista, ritenendo che da Roma, al di sopra delle beghe locali, si possano meglio giudicare i candidati. Si è così deciso che nelle due regioni dove si può recuperare un elettorato "autonomista", Trentino e Friuli Venezia Giulia, venga presentato un solo candidato regionale per far convergere i voti solo su di lui: in Trentino si candiderà un margheritino, in Friuli un diessino. Fin qui il ragionamento ha un suo senso: ci si aspetterebbe poi che almeno il nome proposto possa essere digerito (e poi votato) dalle altre sensibilità della composita lista. E qui casca l’asino: la Margherita trentina propone l’on. Giuseppe Detomas, non certo un campione di alcune scelte ambientali e infrastrutturali care alla sinistra, ma accanito fautore di Val Jumela e Valdastico. Su questo punto ovviamente i DS ritornano a essere una maionese impazzita.

L'on. giuseppe Detomas (Margherita).

Incontriamo così un Olivieri raggiante: "Con lui faremo Bingo… Detomas è l’uomo migliore da mettere in campo perché trentino, perché preparato, perché non esiste un’alternativa… La Margherita ha fatto una proposta ma altre idee, da parte dei DS, non sono emerse… un margheritino al Parlamento europeo è un compromesso accettabile". Cossali e Bressanini sono prudenti e pragmatici: "Ciò che conta è il successo della lista Prodi" - dice il primo; "L’indicazione di Detomas può andare bene… occorre guardare avanti e dare più importanza alla lista unitaria" - afferma l’assessore alle riforme. Sulla stessa linea anche la Cogo, Kessler e probabilmente Giorgio Tonini, che avrà dato il suo assenso in sede romana.

Dall’altra parte della barricata Pinter tuona: "Vogliono i nostri voti… non si può andare avanti chiedendo atti di fede. Mi interessa relativamente la discussione sul candidato territoriale. Abbiamo detto che ci sono diversi candidati che possono suscitare il nostro interesse politico."

E Bondi afferma: "Kessler e Cossali parlano senza sapere. Nulla di personale contro Beppe (Detomas). Però lui rappresenta la Margherita e non tutta la lista Prodi. Detomas potrebbe essere in lista, ma la candidatura territoriale non ha senso, non mi interessa sapere se a Bruxelles c’è un rappresentante trentino…".

Queste ultime parole non convincono del tutto: ovviamente un trentino in Europa sarebbe un elemento utile per noi, per spingere per una legislazione più attenta alle peculiarità della montagna, come per prendere le decisioni più opportune sull’importante e delicata questione dell’asse del Brennero. Per questo motivo, guardando realisticamente la questione, ci sembrano più ragionevoli alcune precedenti affermazioni di Bondi che chiedevano al candidato in pectore Detomas di dire come la pensa su questi temi e di sostenere le linee guida della convenzione delle Alpi, già condivise dai socialisti dell’area alpina. Se Detomas, per logiche romane, sarà candidato, almeno condivida alcuni programmi del centro-sinistra europeo. Una via giusta per salvare capra e cavoli. Ma ahimè, in maniera sconcertante, Detomas afferma che il suo programma è quello di Dellai. Ma come, vai in Europa con il programma di Dellai, magari con la sua PiRuBi contrapposta alla diminuzione del traffico alpino?

Purtroppo i DS trentini, divisi al proprio interno, "per l’ultima volta" cederanno.