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L’Amleto secondo Nekrosius

L'Hamletas: Shakespeare (l'arte della lingua) interpretato da Nekrosius (l'arte del corpo e degli oggetti). Quello che ne esce però è un capolavoro mancato.

Il rapporto fra Shakespeare e Nekrosius ha radici profonde e altre di superficie. "Hamletas" lo conferma, poiché contiene in nuce, già maturi, molti degli elementi che uniscono o separano questi due uomini, scrittori, drammaturghi e - perché no? - intellettuali. Ciò che li accomuna è la ricerca del mistero, l’addentrarsi nell’animo umano senza avere la certezza di svelarlo; ciò che li divide, a parte il tempo che gioca le sue carte, è come tentano di dire l’ineffabile. Shakespeare punta la sua arte sulla lingua, su battute somiglianti a enigmi, giochi di parole, scatole cinesi di cui a volte solo il personaggio possiede la chiave. Nekrosius, pur conservandole un posto di rilievo, sfronda invece la parte destinata alla voce per far parlare il corpo, la musica, gli oggetti. La simbologia ha una coerenza ferrea, forse fin troppo schematica, per quanto proceda per libere associazioni. In realtà l’intera pièce si basa su contrasti ricorrenti (freddo/caldo, acqua/fuoco, ghiaccio/liquido, squilibrio/armonia) che annunciano un cammino segnato da pipe, sedie, lampadari, catene, seghe circolari, persino una barca-tomba. I colori, poi, non sono assegnati a caso: Ofelia, il personaggio più indovinato, veste di verde e agita un fazzoletto rosso perché incarna giovinezza e passione, tutto ciò che Amleto respinge per adempiere il suo piano di vendetta; lo spettro del re, al contrario, è bianco come la morte, mentre gli altri personaggi si confondono con la terra, col grembo da cui si viene e in cui si torna. Ci si chiede, però, se la recitazione nasconda la sua monotonia dietro il pretesto della lingua…

Eimuntas Nekrosius.

"Hamletas"ha più forza nell’espressionismo della gestualità, nella fusione di danza e circo. Gli equilibristi non sono un semplice omaggio a Yorick, gioco e movimento nascondono il destino. Il "primo attore" è messo da parte, il teatro corale non concede protagonismi o pezzi di bravura. Alcune scelte, come il finale mutilo e la taciuta (ma prefigurata) morte di Gertrude, possono apparire tradimenti; ma la grandezza è proprio nel reinventare la forma cercando di non scalfirne il contenuto. Il testo torna anzi alla sua dimensione visivo-sonora grazie all’impatto emotivo, che talora sfiora la vuota suggestione degli effetti speciali.

Amleto ha una personalità sfuggente e, forse, Nekrosius non l’ha del tutto compresa. Ma quanti ci sono riusciti? Di Shakespeare "mai si sa esattamente quello che dice o, se si preferisce, si sa quello che dice, ma non ciò che significa" (Xavier Marias). Troppa passionalità a scapito del calcolo, d’una freddezza che non si scioglie. E mentre un tamburo annuncia che "il resto è silenzio", anche noi sentiamo "come se ci fosse solo una tenda, dalla quale esce una mano che sta scrivendo; si vede solo quella mano, del resto non sappiamo praticamente nulla". Tranne che "Hamletas" è un capolavoro mancato, o solo, da troppi, annunciato.