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Confusione…

Da Calisto Tanzi, a Chirac e il velo delle ragazzine, al vescovo Bressan e i soldi (non suoi) per la moschea.

C’è davvero molta confusione sotto il cielo. Quell’embrione di ordine internazionale che doveva essere l’Organizzazione delle Nazioni Unite giace inerte come uno straccio lacero e sciatto, travolto da una selvaggia esplosione di guerre preventive ed unilaterali inutilmente scatenate dalla più grande potenza della storia per reagire al pullulare misterioso di inafferrabili attentatori suicidi fanaticamente risoluti a diffondere il terrore. Il mito dell’armonioso e fecondo equilibrio dell’economia capitalista sta vacillando sotto le scosse violente provocate da crisi fallimentari di grandi imprese, crisi generate dalla più sofisticata creatura del sistema, il mercato finanziario. Per restare solo in Italia, i casi Cirio e Parmalat mostrano due storiche aziende solidissime dal punto di vista industriale, portate alla rovina dalla spericolata ed avventurosa inclinazione dei loro padroni e dirigenti alla rischiosa speculazione finanziaria, all’occultamento della verità, alla truffa ed all’imbroglio. Calisto (Mefisto?) Tanzi incarna un modello di imprenditore che ha sostituito la cultura d’impresa con la cultura dell’illegalità. Non è l’unico. E’ forse solo il più sfortunato. C’è chi è riuscito ad evitare le sanzioni per le illegalità commesse semplicemente impadronendosi del potere legislativo. Una confusione più grande di questa è impossibile immaginare: tutta sotto il cielo, nel mondo, nell’economia, nella politica.

Ma anche nel cielo le cose non vanno meglio. Anche lassù vi è non poca confusione. Fino a quando i seguaci delle tre grandi religioni monoteiste vivevano in un vasto mondo, in gruppi separati e lontani, ogni gruppo poteva senza problemi adorare il proprio dio o, quando le cose andavano male, in nome di esso, crogiolarsi in sanguinose guerre sante gli uni contro gli altri. Oggi il mondo è diventato piccolo ed i seguaci delle diverse fedi entrano in forzato contatto, si mescolano, e scoprono che il loro unico dio non è più l’unico. Allah, Javeh e il Dio cristiano sono compresenti e questa loro compresenza contraddice fatalmente la loro rispettiva pretesa unicità.

Non so come in cielo sarà superata questa imbarazzante confusione. Sulla terra essa pone questioni gravide di importanti conseguenze. Pensare di risolverle con la reciproca eliminazione significa aprire prospettive catastrofiche per l’intera umanità. Una guerra fra religioni combattuta con la potenza distruttiva dei nostri tempi porterebbe il vincitore a dominare su un desolato mondo di macerie. Non resta che volere e ricercare i modi di una pacifica convivenza e di una reciproca integrazione. E’ questo un processo che muta radicalmente le culture esistenti, tutte, anche la nostra. E tuttavia disponiamo di valori, attinti dalla nostra tradizione, il cui rispetto è decisivo per imprimere il giusto corso a questo processo. La tolleranza laica, che impegna ciascuno a rispettare l’identità del prossimo, è un criterio prezioso ed inderogabile per governare queste situazioni.

Non mi pare che la Francia di Chirac ne abbia fatto una buona applicazione vietando l’esibizione di segni distintivi di appartenenza religiosa nelle scuole. Naturalmente se la religione fosse vissuta come esperienza privata, addirittura interiore, come dovrebbe essere secondo la sua essenza puramente spirituale, non esisterebbe alcun problema. Purtroppo invece essa assume forme organizzate, con i propri simboli e con il conseguente sentimento di appartenenza, ed è ciò che determina contrapposizione e fanatismo. Ma non è nascondendo queste realtà che se ne immunizza la virulenza. Al contrario è una laica educazione ad accettare le differenze la sola capace di privarle della loro potenziale conflittualità.

Il vescovo di Trento, Luigi Bressan.

Ed anche la tradizione cristiana ci addita un percorso virtuoso per uscire dalla situazione complessa e complicata in cui ci stiamo venendo a trovare. Ed infatti l’arcivescovo di Trento monsignor Bressan ha recentemente affermato (Adige, 4 gennaio 2004) che "le soluzioni per la convivenza vanno studiate e vagliate assieme a loro, con gli strumenti del dialogo". Però mi pare che anch’egli sia caduto in una trappola quando, dopo aver ricordato che le chiese cattoliche nelle missioni nei paesi islamici non ottengono contributi, afferma che anche qui gli islamici se vogliono costruirsi la moschea devono arrangiarsi. Ma il Vangelo non ci insegna che bisogna porgere l’altra guancia? Non è, questa nient’affatto velata ritorsione, assai poco cristiana?

Piuttosto il problema è se lo Stato laico debba o meno contribuire all’attività delle religioni: o sì o no. Ma nell’uno o nell’altro caso il trattamento non può essere diverso rispetto alle diverse confessioni. Questo è il postulato della nostra Costituzione .