Menù
Home
QT
Questotrentino
Mensile di informazione e approfondimento
Utente
Cerca

“Papà fermati, non vedi che è rosso?”

Papà fermati, non vedi che è rosso? A cura di Marco e Giuliana Franceschini. Trento, 2003, pp. 112. Distribuzione gratuita alle scuole da parte di Associazione Sicurstrada, Polizia Municipale di Trento, Unipol Assicurazioni.

Alzi la mano chi era al corrente che dal 1994 è obbligatoria nelle scuole italiane di ogni ordine e grado l’educazione stradale. Io, che mi sono diplomato nel 1997, di tutto questo in aula non ho mai sentito parlare. Al di là dell’essere nato forse un po’ troppo presto, rimane che nemmeno negli anni successivi l’educazione stradale ha trovato ampio spazio nella scuola italiana, vuoi per mancanza di formazione dei docenti, vuoi per snobismo nei confronti di una materia senza classiche prove e interrogazioni, vuoi per iperinflazione dell’orario scolastico. Tuttavia ci pensano la Polizia Municipale di Trento (con un’idea degli agenti Marco e Giuliana Franceschini) e l’Associazione Sicurstrada a rinfrescarci la memoria con materiale di riflessione e di lavoro per chi affronta questo tema, pubblicando un testo dal titolo "Papà fermati, non vedi che è rosso?" che raccoglie numerosi brani di bambini e ragazzi delle elementari e delle medie coinvolti negli ultimi anni nei progetti di educazione stradale, offrendo alcuni esempi utili per gli insegnanti nella realizzazione di simili progetti. Il testo si propone di far riascoltare la voce di chi non ha ancora la patente, ma che non può esimersi dal vivere ed assorbire quotidianamente l’atmosfera delle trafficate strade cittadine, spesso ricoprendo lo status di passeggero suo malgrado sull’auto dei genitori o di semplice pedone.

Nell’introduzione si afferma che "interiorizzare le regole stradali" fin dalla più tenera età permetterà di avere nel futuro guidatori più disciplinati e meno pericolosi, dubitando che tale educazione possa rivolgersi a chi sta arrivando o e già arrivato alla maggiore età (per i quali resta solo il deterrente dei controlli e delle contravvenzioni).

Benché una simile dichiarazione, che non tiene conto della concreta possibilità di una maturazione responsabile da parte dell’individuo, sia opinabile, è indubbia l’efficacia del lavoro educativo rivolto ai bambini, che, come dimostrano alcuni brani, possono diventare vere e proprie sentinelle della maleducazione stradale degli adulti. Di fronte alle abili imbeccate preparate dagli insegnanti su temi che vanno dalla più stretta sicurezza stradale del rispetto delle norme fino al più generale rapporto con le trasgressioni, le risposte date ci consegnano bambini e ragazzi estremamente sensibili nell’assorbire il mondo degli adulti, indisciplina compresa ("Quando guida il mio papà non ci mettiamo mai le cinture"), capaci altresì di evidenziare con naturalezza le "scandalose" infrazioni dei genitori al volante ("Suona il telefono e la mamma risponde, però io le dico che mentre si guida non si parla al telefono poiché può provocare un incidente"), mossi da un profondo istinto di autoconservazione ("Potrei attraversare la strada senza guardare ma non lo faccio perché voglio evitare di finire secco sotto un macchina"), disillusi quanto basta per vivere nel terzo millennio ("Ultimamente non credo più alle regole: sono inutili perché anche la stessa Polizia e lo stesso Governo le infrangono") e normalmente trasgressivi, in cerca della ribalta tra ragazzine appollaiate e amici meno arditi ("A me piace trasgredire le regole perché mi sento più furbo se non mi beccano").

Questo testo, seppur privo di scientificità (evidente tra l’altro il filtro politically correct, da libro Cuore, chegli insegnanti hanno impresso alle loro lezioni e che soprattutto i più piccoli hanno pedissequamente e artificialmente riportato in alcuni dei loro brani), ha il pregio di aprire un pertugio sulla materia scolastica meno conosciuta, benché effettivamente affine alla vera e propria educazione civica. Il racconto di un bambino, al riguardo, dovrebbe valere come monito: "Ad un certo punto mio papà si fermò perché c’era il semaforo rosso, e si arrabbiò perché aveva fretta. Poi mio papà guidò in fretta così arrivammo a casa ed entrammo. Alla fine siamo arrivati in anticipo di 5 minuti". I soliti, interminabili, evanescenti 5 minuti.

Parole chiave:

Commenti (0)

Nessun commento.

Scrivi un commento

L'indirizzo e-mail non sarà pubblicato. Gli utenti registrati non devono inserire altre verifiche e possono modificare il proprio commento dopo averlo inserito.

Riporta il codice di 5 lettere minuscole scritto nell'immagine. Puoi generare un nuovo codice cliccando qui .

Attenzione: Questotrentino si riserva la facoltà di cancellare commenti inopportuni.