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Un ambiente pieno di emergenze

Francesco Borzaga

La recente sentenza del T.A.R. che ha fermato gli impianti sciistici della Val Jumela rappresenta a mio avviso un segnale importante, volto a promuovere in Trentino un atteggiamento diverso, direi meno predatorio, nei confronti di risorse naturali inevitabilmente limitate. Sarebbe cosa altamente lodevole se i responsabili della cosa pubblica, invece di lamentare un asserito intento persecutorio da parte del mondo ambientalista o addirittura da parte dei giudici, si chiedessero se la via dello "sviluppo", da loro così ostinatamente seguita, non sia magari sbagliata e dannosa.

A tale riguardo, vorrei qui citare alcuni dati di fatto a mio avviso alquanto significativi. E’ però anche vero che non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere.

Come informa un quotidiano del 3 maggio scorso, la città di Trento si vede costretta a ricorrere a Rovereto per il proprio rifornimento idrico, con un progetto da 10 milioni e mezzo di euro. Secondo l’articolista la nuova rete idrica sarebbe rivolta a "sfruttare la sovrabbondanza di sorgenti".

Penso che la verità sia più modesta e più preoccupante. A quanto pare, lo sfrenato proliferare di insediamenti e di industrie a nord del capoluogo ha posto a rischio, ha reso cioè poco sicure e non utilizzabili le falde acquifere collegate al conoide dell’Avisio. Nulla dice il giornale di quanto potrebbe essere accaduto alle altri sorgenti, situate a valle di Pergine nei pressi della piana del Cirè. Anche qui infatti impianti ed insediamenti sorgono come i funghi.

Sarà magari vero che il territorio roveretano sia "ricchissimo di sorgenti". Lo stesso però si potrebbe dire anche della zona di Trento. Non penso tuttavia che la Città della Quercia abbia fatto un uso complessivamente migliore del suo patrimonio idrico rispetto al capoluogo provinciale. Valga al riguardo l’episodio "Siric". Per la bonifica di questa autentica bomba ambientale, peraltro nota a tutti da gran tempo, si stanno ora spendendo oltre due milioni e mezzo di euro. Resta il fatto che anche in questa zona, come a nord di Trento, la situazione delle falde acquifere appare tutt’altro che tranquillizzante. Bisognerà quindi far conto sulla sovrabbondanza di sorgenti.

Ma non è solo l’acqua a dare preoccupazioni. Nello scorso mese a Trento le "polveri sottili" hanno superato per ben tre giorni il limite massimo previsto dalle norme, confermando una situazione di stress. Direi che questo problema, direttamente legato all’incontenibile crescita del traffico automobilistico, ha ormai cessato di essere una calamità transitoria e superabile, per divenire piuttosto un nostro fedele compagno. Di questo sembra essersi reso conto il sindaco Pacher, il quale ha proposto agli altri sindaci dell’asta dell’Adige un patto contro il traffico che in effetti suona come pressante richiesta di aiuto. Noto qui come inquinamento dell’aria e intasamento degli abitati non siano problemi della sola Trento, ma interessino l’intera provincia.

Alla continua crescita del traffico motorizzato, e ai problemi che ne sono conseguenza diretta, la Giunta Dellai sa solo rispondere con costosissimi progetti di nuove strade, nuovi svincoli e nuove gallerie, puntualmente magnificati in un libretto elettoral-pubblicitario che in questi giorni sta colmando ogni cassetta postale. Come è facilmente prevedibile, le nuove opere promuoveranno altro traffico, incrementando intasamento e inquinamento.

A tali conseguenza va però aggiunto anche un altissimo costo in termini di consumo del suolo, un’altra risorsa di base che i nostri amministratori si ostinano a ritenere inesauribile. Non vi è limite alla prodigalità con la quale i sindaci e gli assessori propongono e autorizzano strade, capannoni, supermercati e centri sportivi. Ci si rende così benemeriti agli occhi delle categorie economiche e quindi degli elettori. Si dà però il caso che i trentini non siano i soli al mondo, e appunto in questi giorni il progetto di "ferrovia ad alta capacità", che non è stato partorito dalla Provincia Autonoma, ci sta presentando un assai pesante conto in termini di consumo del suolo agricolo. Di qui la disperazione del nostro mondo politico-amministrativo, che sembra essere giunto del tutto impreparato a queste emergenza.

Non vorrei dilungarmi troppo. Osserverò solamente che i campanelli d’allarme, numerosi e ben udibili, riguardano l’acqua, l’aria e pure il suolo.

E’ troppo richiedere una riflessione e un esame di coscienza?