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Taccuino di capodanno

L’auditorium di Roma, Giorgio Gaber e gli E102.

L'anno vecchio termina sulle note un po’ stonate del nuovo mega auditorium di Roma: grandioso, avveniristico, stupefacente, progettato da Renzo Piano, con una capienza che supera i 2.700 posti a sedere...

Giorgio Gaber.

Purtroppo in Italia si pensa a fare le cose partendo dalla fine. L’auditorium è il congeniale alveo della musica che non si balla in discoteca o che non fa da sottofondo alle telenovelas. Quella musica che ha sonorizzato il cammino della nostra civiltà e che ancora oggi offre motivi per essere studiata e ammirata: la musica di Monteverdi, Bach, Stravinski... che per la complessità del linguaggio, evolutosi nei secoli, richiede un ascolto attento, concentrato e colto. Ma allora mi domando: quando mai questa musica trova udienza nelle istituzioni culturali e nei centri di potere italiani? Forse nella scuola, dove l’educazione musicale è una barzelletta? Forse nella televisione, dove i rarissimi concerti sono diffusi a orari impossibili e dove non esiste una sola rubrica di cultura o di storia della musica? O forse tra gli amministratori pubblici, la cui sensibilità musicale pare fermarsi all’occhio reso umido, sotto il fuoco delle telecamere, dalle note di Fratelli d’Italia?

Il magniloquente altare di Roma alla musa Euterpe pare forzato, voluto per emulare le sorelle europee: Parigi, Londra, Berlino... dove però la musica innerva davvero il tessuto culturale, scuola e mezzi di comunicazione. Da noi si pensa tanto alle canzonette, tranne quando si appiccica addosso a Verdi o a Vivaldi l’abito delle cerimonie per nobilitare passerelle di vip felicemente pieni di sé.

Anche l’anno nuovo comincia con toni resi dissonanti
dall’amarezza per l’aver perduto un vero artista. Giorgio Gaber è stato il più grande chansonnier italiano. Uso il termine francese perché è da Brel e Brassens che trae ispirazione la sua arte. Un’arte fatta di melodie semplici e accattivanti, di parole pungenti, tragiche, ironiche, semiserie, di sfumature interpretative intime e intense, di una verve cabarettistica trascinante.

Nella sua opera si riverberano spesso tematiche politiche e sociali, ma sono trattate in modo sottile e per questo risultano penetranti e universali, sfuggenti alle mode, quasi anarchiche. 25 anni fa Gaber aveva deciso di allontanarsi dalla televisione perché era uno spirito libero e la potenza del mezzo non lo soddisfaceva al punto di accettare le servitù che impone: ritmi serrati, cliché, compromessi di plastica, rapporti bidimensionali. E la tv con la sua connaturata perfidia gli aveva risposto, ignorandolo.

Eppure il Riccardo, Com’è bella la città, Le strade di notte, Goganga, Non arrossire… continuano ad essere custodite nella memoria della gente, come molti anni fa accadeva ai canti dei menestrelli più geniali. Addio, signor G.

Una lieta consonanza che accompagna questo inizio
2003 proviene invece da un cd, uscito proprio fresco fresco, che merita attenzione: si intitola "Piuma" ed è il frutto degli E102, un gruppo italiano emergente che fa del rock acustico assai raffinato.

Gli E102.

La matrice rock costituisce in realtà una ben simulata tessitura su cui si stemperano suggestioni etniche, richiami improvvisativi e armonici jazzistici, melodie crepuscolari, atmosfere timbriche che mai si banalizzano nella new age ma che reinventano un’ambient intima e rarefatta di fine anni Ottanta. Elemento di spicco è la cantante (e autrice dei testi), Claudia Bidoli, il cui controllo vocale le permette di essere straordinariamente versatile e duttile nelle varie situazioni stilistiche create sia dal contesto che da lei stessa. Sa usare la voce come uno strumento: un flauto, un clarinetto, un oboe. La sua bravura è tale che a volte la ricerca espressiva sconfina nell’eclettismo, allentando un po’ l’unità interpretativa.

Del cd la cosa che più colpisce è la completa simbiosi tra voce e suono: sarebbe impensabile una versione solo strumentale di qualsiasi brano. Una qualità preziosa che rende "Piuma" una coinvolgente rapsodia, nella connotazione originaria del termine: una raccolta di poesie modulate sulla musica.

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