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Gli angeli di Saint Michel

Bambini in Dahomey, foto-inchiesta. Da Narcomafie, mensile del Gruppo Abele di Torino.

Edoardo Gianotti

Sotto la pioggia torrenziale, di fronte alla strada scassata che collega il Benin al Burkina Faso, di bambini deportati in catene neanche l’ombra. Solo fango rosso, che diventa cemento a presa rapida sotto i passa-ruote del minibus pericolante che arranca attraverso la frontiera. Dentro, facce nere di adulti indifferenti. Da quando i media lanciarono la notizia della nave carica di bambini, in Benin sono piovuti giornalisti bianchi alla ricerca di schiavi e negrieri: il paese è tornato ad essere la "Costa degli Schiavi", come veniva chiamato in epoca coloniale.

La mappa punteggia la geografia del paese: Porga, Tangueta, Natitingou, Perma e le montagne dell’Atacora, mano a mano che si procede verso sud. Tra le pagine di roccia dei rilievi è nascosto l’oro. Circa 400 disperati, arrivati da ogni parte dell’Africa, vivono in un villaggio sul fiume Perma e cercano l’oro. In fondo, in una gola alluvionale, ecco le sagome dei cercatori con la divisa della disperazione: torso nudo coperto di croste di fango e pantaloni a brandelli. I bambini lavorano con gli adulti adeguandosi ai compiti più ingrati: macinare le rocce aurifere fino a farle diventare farina per estrarre meglio l’oro. A loro non spetta nulla, quando la sera, dopo il lavoro sfibrante di una giornata, giacciono esanimi sulla sabbia del fiume.

Proseguendo verso sud si arriva ad Abomey, ex capitale del regno del Dahomey. Poco distante dalle rovine del palazzo reale, una galassia di minuscole officine di fabbro batte il tempo immobile coi suoi martelli.

Il mercato di Saint Michel a Cotonou, la capitale, rappresenta una buona parte dell’immaginario e al tempo stesso della realtà di quest’Africa in vendita. Siamo sull’Atlantico e a pochi chilometri di distanza, nella vicina Ouidah del 1800, c’era l’imbarco di schiavi più importante del mondo. Difficile non pensarci e chiedersi quale sia l’eredità. A Saint Michel confluiscono i tanti mercanti ambulanti dell’Africa occidentale, i cosiddetti Baba, che si portano appresso i bambini-aiutanti comperati da qualche famiglia povera, carichi d’ogni genere di mercanzia. Qui, tra le bancarelle, vedi volteggiare gli angeli: sono i bambini dei Baba nigeriani. Sembrano sospesi per aria, perché non vedi quasi i loro piedini ed i loro volti, tanto sono carichi di vestiti appesi ad una cesta rotonda che portano sulla testa.

Guardi questi bambini e pensi che l’infanzia come gioia gioco e stupore, l’infanzia ignara di lavoro e responsabilità, l’infanzia insomma come la intendiamo noi europei (età dell’oro che abbiamo vissuto e che amiamo ricordare) è per i bambini di Saint Michel (ma per quanti altri, in Africa e nel mondo?) terra inesplorata e inesplorabile.