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QT n. 5, 9 marzo 2002 Servizi

Mani Pulite, il maggioritario e Berlusconi

E' l'inamovibilità del ceto politico la fonte della sua impunità; e quindi della corruzione. Una polemica con Giorgio Tosi su società, leggi elettorali, e degenerazioni della politica.

Esiste un nesso tra i pesanti attacchi alla Magistratura dell’ultimo decennio e la vittoria dei sì al referendum elettorale del 1993? È un caso che il consenso popolare verso le inchieste della Procura milanese abbia iniziato ad esaurirsi proprio nel 1994, quando per la prima volta si elesse il Parlamento col sistema maggioritario?

Secondo Giorgio Tosi ("Democrazia maggioritaria e terzo potere", sullo scorso numero di QT) la democrazia maggioritaria, fondandosi sulla logica di assicurare tutto il potere a chi vince le elezioni, sarebbe strutturalmente avversaria dell’autonomia e dell’indipendenza del potere giudiziario. Lapidaria la conclusione: o l’Italia torna al sistema elettorale proporzionale, oppure il potere giudiziario sarà inevitabilmente assoggettato al sistema politico.

A mio giudizio le cose stanno diversamente.

D’accordo: quando nel 1992 iniziò l’inchiesta di Mani Pulite, si votava ancora col sistema proporzionale. Tuttavia, anche nei cinquant’anni precedenti si era sempre votato col proporzionale e lo stesso Tosi converrà che in Italia la corruzione era molto diffusa ben prima che Mario Chiesa fosse arrestato. Fino alla fine degli anni ‘80, le inchieste che riguardavano il ceto politico erano regolarmente insabbiate. I magistrati che osavano indagare sui politici potenti finivano spesso per essere trasferiti. Addirittura la piccola Procura di Trento, che pure aveva a che fare soltanto coi ladri di polli, si era creata la fama di insabbiatrice. La storia della cosiddetta prima Repubblica è insomma stata, se vogliamo essere sinceri, quella di un potere politico al di sopra della legge. Le vicende di Dalla Chiesa, Scopelliti, Livatino, come anche del "nostro" Carlo Palermo, ne sono evidente testimonianza.

Ciò accadeva a causa dell’anomalia della nostra democrazia. La frattura della società italiana attorno alla discriminante ideologica del comunismo aveva reso necessario adottare, al fine di evitare lo scontro sociale, un sistema elettorale proporzionale. Il proporzionale aveva impedito per mezzo secolo all’Italia di conoscere l’alternanza, assegnando il potere di scegliere il Governo, anziché ai cittadini, alle segreterie di partito. Partitocrazia e sistema delle preferenze, poi, avevano reso di fatto inamovibile, per cinquant’anni, il ceto politico. L’inamovibilità del ceto politico, infine, aveva finito per creare una casta di intoccabili.

In definitiva, fu l’inamovibilità a garantire l’impunità.

Perché allora - ci si chiederà - nel 1992 accadde ciò che sino a poco prima appariva impossibile?

Crollato nel 1989 il Muro di Berlino e sgretolatosi l’impero sovietico, scomparso il Pci, quel sistema di potere che dal pericolo comunista traeva la propria giustificazione era rimasto privo di consenso. Mario Chiesa non fu il primo corrotto d’Italia a finire in manette: a fare la differenza, quella volta, fu la diffusa sfiducia verso il sistema politico. D’un tratto, la democrazia bloccata non era più ritenuta necessaria e l’opinione pubblica faceva quadrato attorno ai magistrati, visti come attori del cambiamento.

Giorgio Tosi ha ragione quando sostiene che l’esperienza di Mani Pulite iniziò ad esaurirsi in corrispondenza con le elezioni del 1994, le prime col sistema maggioritario. Ciò accadde perché con quelle elezioni l’opinione pubblica ritenne raggiunto il risultato del cambiamento. D’altronde, nessuna democrazia può rimanere troppo tempo senza una guida politica, pena il rischio che quel vuoto sia riempito dal primo "uomo forte" in grado di catalizzare il malcontento, cavalcandolo a proprio beneficio. Per nostra fortuna, gli italiani andarono in massa a votare sì ai referendum elettorali, ripristinando col maggioritario una guida politica del Paese democraticamente legittimata.

Purtroppo, superata finalmente l’anomalia della democrazia bloccata, se n’è presentata un’altra: il monopolista dell’informazione televisiva privata si è messo a fare politica, proprio per sfuggire alle inchieste che lo riguardano. Il pericolo rappresentato da Berlusconi non sta certo nel maggioritario, bensì nella mancanza di concorrenza nel settore dell’informazione televisiva e soprattutto nel fatto che può usare le sue tre reti per ricattare gli alleati, rimanendo così saldamente a capo della sua coalizione. Con le sue tv Berlusconi sta garantendosi quell’inamovibilità altrimenti messa in pericolo dal maggioritario. Anzi, a dargli una mano c’è proprio la parte proporzionale rimasta nel sistema elettorale, con la quale i pezzi grossi continuano a garantirsi l’elezione in Parlamento e con la quale la scelta dei leader delle coalizioni rimane in capo alle trattative fra i partiti.

Tuttavia, si tratta di un’inamovibilità traballante. Anche se incompleto, il maggioritario sta dando i suoi piccoli frutti, rendendo possibile l’alternanza: l’impunità di Berlusconi è dunque costantemente in pericolo. Non a caso, non v’è giorno che Berlusconi non auspichi il ritorno ad un vero sistema proporzionale, in questo trovandosi pienamente in linea con gli inviti di Craxi ad andare al mare. E per giustificare il ritorno ad una democrazia bloccata, non si vergogna di agitare il pericolo comunista.