Menù
Home
QT
Questotrentino
Mensile di informazione e approfondimento
Utente
Cerca
QT n. 5, 9 marzo 2002 Monitor

“Larjines”, il poema ladino di Emilio Galante

Una composizione in ladino in forma di concerto, per flauto, coro e live-electronics: il senso e il percorso culturale di un evento della prossima estate.

Le sinfonie o le sonate di un tempo si identificano con un semplice numero progressivo. Le fughe di Bach sono quelle che sono grazie alla loro pura sostanza musicale e per etichettarle basta uno scarno indice cronologico-evolutivo. Nelle stesse opere, se escludiamo possenti eccezioni, il libretto forniva spesso il pretesto per la musica. Sostituire con numeri di serie i titoli delle opere di compositori dignitosi come Paisiello o Cimarosa, ma anche di ordine superiore, non infliggerebbe un serio danno alla loro identità musicale. Nella musica d’oggi invece un’operazione "iconoclasta" risulterebbe impraticabile: le composizioni sono sempre più concepite come eventi. L’autore espande i suoi confini formali e pare intenda rigenerarsi ogni volta attraverso eventi unici e irripetibili. In un panorama musicale tanto multicolore, popolato di interconnessioni culturali, contaminazioni e ardite invenzioni, è possibile ritrovare quei fili di coerenza che aiutino ad riconoscere la personalità di un compositore d’oggi? Forse sì. Allora parliamo di Emilio Galante.

Emilio Galante.

Anzitutto l’evento: è stato presentato alla stampa la composizione "Larjines", commissionata dall’Istituto Ladino, che si terrà in forma di concerto in prima assoluta questa estate a Pera di Fassa il 17 luglio e il 7 agosto all’interno della rassegna di manifestazioni "Le notti dei musei" e che vede impegnati il Gruppo corale Quadrivium e lo stesso Galante (anche in veste di esecutore) in una sorta di cantata su testi poetici scritti da Stefano Dellantonio. L’organico, oltre al coro diretto da Luigi Azzolini e al flauto di Galante, prevede l’adozione di live-electronics con campionamenti preparati o rigenerati in loco.

"Larjines" è un poema in ladino ispirato ai fiori e alle stagioni della val di Fassa. Il ladino per Galante rappresenta una lingua di suggestioni antiche, ma viva. Usarla in un’opera contemporanea non significa semplicemente valorizzare un patrimonio della nostra terra, ma è soprattutto un modo per rivitalizzare la nostra cultura, per conservarle la continuità dal passato e l’identità nel presente. Ma l’apporto del ladino va oltre ed investe l’ambito specificamente compositivo: le fonazioni ora dolci ora percussive, peculiari di questa lingua, sempre poco prevedibili per il nostro orecchio istituzionalmente educato, divengono elementi di stimolo per l’invenzione musicale: molto ci hanno affascinato nel recente passato i Penderechky, i Ligeti, i Berio con le loro ricerche nelle ecolalie, nelle onomatopee, nelle sonorità più primitive del linguaggio, quasi che da alcune sillabe possa scaturire la cellula musicale risolutiva del brano. Ma non serve andare a pescare nel cosiddetto colto: abbandonarsi a suggestioni ludiche, di gusto quasi infantile, mutuandole da parole e fonemi riveste una parte di primo piano nella musica d’oggi, nel rock e nel jazz. E Galante è sempre stato attento e sensibile agli sviluppi di qualsiasi tipo di musica: commerciale o di nicchia. Quando studiava flauto al Conservatorio, suonava parallelamente il sax nei primi gruppi pionieristici trentini di jazz. Sono passati quasi trent’anni da allora, ma non è cambiato lo spirito da Indiana Jones che lo ha spinto ad esplorare i più svariati campi e ambienti musicali, assimilandone gli idiomi come una carta assorbente. Un aspetto si è delineato col tempo rispetto al suo approccio iniziale di puro esecutore: il flauto si è rivelato un utile strumento espressivo, ma da usarsi specialmente all’interno di un progetto, di un’ambizione creativa che con gli anni si è fatta sempre più prepotente. Galante è oggi un musicista a tutto raggio e, sottolineiamo, un valido compositore italiano, di gusto raffinato e poliglotta. Ha lavorato per anni nel decifrare e appropriarsi degli stilemi della musica rock e jazz affinché potessero offrirgli quell’apertura di linguaggio da cui la sua musica non prescinde mai. Da questa ricerca nasce il cd "Camera in Rock", costituito da rielaborazioni e trasfigurazioni, per quintetto di fiati, su brani del Progressive-Rock anni ‘70 dai Genesis ai King Crimsom, agli Emerson Lake & Palmer. Della sua produzione discografica va segnalato specialmente il superbo "Sciare di Fuoco", per gruppo strumentale. Il titolo richiama l’immagine pittoresca delle colate laviche dell’Etna (anche la Sicilia, come il Trentino, è una terra cara al compositore). Ma, diciamo noi, quasi tutta la musica di Galante si configura in "sciare" di note vivide e incandescenti che seguono percorsi sinuosi, capricciosi e poco prevedibili, si anfrattano in una piega del terreno per ricomparire inaspettatamente più a valle. E’ il segreto e il mito sirenico della vera musica: ammaliare ma sfuggire, farsi desiderare ma scorrere via senza lasciarsi afferrare.

Esistono però momenti in cui l’artista sente di dover buttare giù l’ancora. Soprattutto quando il legame col territorio è forte e supera il puro fatto culturale: l’anima e la personalità del progetto "Larjnes" stanno proprio qui, nella tensione morale del compositore verso la propria terra, nel voler portare in una valle dolomitica i propri suoni acustici ed elettronici maturati nell’esperienza di una vita, per scommettere sull’esistenza di un punto di equilibrio tra creatività cosmopolita e tecnologica, ambiente naturale e tradizione montana. La posta in gioco nelle parole di Galante: "La produzione tutta è consapevolmente intrapresa con forze trentine, quasi a voler provare una potenzialità creativa autoctona ed insieme la forza espressiva di una lingua regionale, profondamente legata alla cultura alpina".

Larjines è una parola ladina che significa: "aghi di larice". Non c’è vocabolo italiano corrispondente: solo in comunità che conservano con orgoglio la memoria del proprio passato può ancora accadere che abbia un senso conferire nome e dignità a espressioni della natura così piccole e marginali. Ma è osservando con gli occhi dei bambini che nascono le fiabe.

Parole chiave:

Commenti (0)

Nessun commento.

Scrivi un commento

L'indirizzo e-mail non sarà pubblicato. Gli utenti registrati non devono inserire altre verifiche e possono modificare il proprio commento dopo averlo inserito.

Riporta il codice di 5 lettere minuscole scritto nell'immagine. Puoi generare un nuovo codice cliccando qui .

Attenzione: Questotrentino si riserva la facoltà di cancellare commenti inopportuni.