Menù
Home
QT
Questotrentino
Mensile di informazione e approfondimento
Utente
Cerca

Un ricordo di mons. Gottardi

Ho seguito con apprensione e tristezza, come molti altri trentini, il peggioramento inarrestabile delle condizioni dell’Arcivescovo emerito Alessandro Maria Gottardi che si sono concluse con la morte.

Per tutta la mia giovinezza l’Arcivescovo è sempre stato un’entità molto lontana e irraggiungibile, avvertita alla fine degli anni ‘60-primi anni ‘70 come un’entità avversaria dalla parte dei padroni, opposta alla voglia di libertà e di riscossa delle classi popolari, operai e studenti in lotta per un futuro migliore.

Ho avuto l’occasione di conoscerlo personalmente il 30 marzo 1984, in una circostanza poco piacevole: la chiusura della fabbrica dove lavoravo ed ero membro del consiglio di fabbrica nonché rappresentante sindacale, la Carbochimica di via Brennero, attuale sede del "Brico Center" e altre attività commerciali; da quel giorno la mia stima e il mio rispetto nei suoi confronti sono saliti al massimo livello, mostrandomelo come una persona magnifica , disposta ad ascoltare i problemi della gente e a farsene carico, simpatico e spiritoso come un amico od un buon padre.

La Carbochimica aveva cominciato la sua agonia il 28 dicembre 1983: quel giorno a Milano la signora Maria Grazia Stefenelli Prada ci comunicò la sua intenzione di chiudere lo stabilimento di Trento, e il 30 marzo era stata convocata l’ultima assemblea. Avevamo chiesto a Don Grosselli, responsabile della pastorale del lavoro che ci aveva sempre seguito e incoraggiati, di chiedere all’Arcivescovo di partecipare all’assemblea. La nostra era quasi una provocazione, ma non sapevamo più a chi rivolgerci per salvare il nostro posto di lavoro, un reddito per le nostre famiglie. Invece lui è venuto in mezzo a noi chiamandoci "cari amici", ha ascoltato le nostre proposte e le proteste contro l’insensibilità degli industriali e dei ricchi e verso lo scarso impegno delle parrocchie sui problemi del lavoro.

Ricordo di avergli chiesto perché la Chiesa non scomunicava gli evasori fiscali che danneggiano lo Stato impedendogli di assistere i deboli e i meno fortunati e la sua risposta arrivò forte e coraggiosa: "Chi commette un grave male contro il bene di tutti non è più in comunione con Dio e con la Chiesa e perciò non solo chi fa l’evasore fiscale, ma anche l’imprenditore che potendolo non procura lavoro; l’occupato che si accaparra un secondo impiego non lasciandolo a chi soffre di disoccupazione; le famiglie con più stipendi che potrebbero ridurre il loro benessere per lasciare un posto di lavoro a chi ne è privo…".

Le sue parole sono sempre rimaste nella mia mente e nel mio cuore; ci siamo incontrati altre due volte nel corso degli anni, una volta a casa mia in occasione del decennale della costruzione della chiesetta del passo del Cimirlo e l’ultima volta a casa sua, dove sono andato a visitarlo. Ora ci ha lasciati per tornare dal suo Dio che amava tanto; un grande che ho avuto la fortuna di conoscere e che non scorderò mai. Non ho mai incontrato il suo attuale successore, ma spero ardentemente che sappia seguire il suo esempio.

Parole chiave:

Articoli attinenti

Nello stesso numero:
Mons. Gottardi, il vescovo e l’uomo

Commenti (0)

Nessun commento.

Scrivi un commento

L'indirizzo e-mail non sarà pubblicato. Gli utenti registrati non devono inserire altre verifiche e possono modificare il proprio commento dopo averlo inserito.

Riporta il codice di 5 lettere minuscole scritto nell'immagine. Puoi generare un nuovo codice cliccando qui .

Attenzione: Questotrentino si riserva la facoltà di cancellare commenti inopportuni.