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La critica, ma non il disprezzo!

Gli errori della sinistra e i modi della critica

Provo un acuto disagio nel leggere ciò che Questotrentino scrive sulla giunta provinciale, sulla sinistra in essa impegnata ed in particolare sui DS. Nell’ultimo numero in più interventi (Il “compromesso”; “La sinistra? Sbiaditi i contenuti, prevale la voglia di potere”; Ulivo: la convention degli equivoci), ma anche nei numeri precedenti a firma del nostro direttore (L'orribile estate del centro sinistra). Non credo che ciò dipenda dal fatto che, essendo iscritto al partito dei DS, mi senta anch’io bersaglio di quegli strali. Ho alle spalle una lunga consuetudine di critiche, di altre o mie, al partito cui ho appartenuto, e considero la dialettica interna alla sinistra al tempo stesso un provvido depuratore ed un motore propulsivo.

Ciò che mi turba è il veleno di cui sono intrise le punte di quei dardi. Del resto non è un fenomeno nuovo. E’ una delle spine pungenti di cui patisce la sinistra nel suo travagliato rapporto con il potere. O la conquista con la risoluzione violenta, ed allora degenera nel terrore. Oppure con metodo democratico, da sola o in alleanza con altri, riesce ad esercitarlo per periodi determinati più o meno durevoli. In questi casi, si imbatte nel drago della mediazione, cioè nella necessità del compromesso con la realtà, con altri poteri, con gli opposti interessi rappresentati dall’eventuale alleato.

Dinanzi a questo scenario nascono immancabilmente nel suo seno due schiere, gli apocalittici e gli integrati. Gli uni vedono in ogni compromesso la rinuncia a valori essenziali, la perdita di identità, il tradimento, ed invocano il ritorno all’opposizione per evitare la sconfitta elettorale o addirittura la propria estinzione, l’apocalisse appunto. Gli altri al contrario vedono nel compromesso l’unico mezzo realistico per gradualmente modificare l’esistente, per attuare sia pure in parte il comune patrimonio ideale, per evitare alternative peggiori, in tal modo accettando una parte della aborrita realtà ed in essa quindi in una certa misura integrandosi.

E’ evidente che ambedue le posizioni contengono una dose di verità. E’ ragionevole attendersi che dopo due secoli di sperimentazione lacerante questo salutare confronto avvenga in modi civili? La civiltà del confronto ed il rispetto del tuo contraddittore, tanto più se della stessa parte, non sono anch’essi valori di sinistra?

Tornando a noi, troviamo per l’appunto che la quota maggioritaria della sinistra trentina è im- pegnata in una scelta strategica di alleanza, suffragata anche da una consultazione elettorale, con la “Margherita”. Purtroppo la vittoria elettorale della coalizione è stata risicata e non vi è stata, dopo, capacità e possibilità di ammansire le opposizioni o di guadagnare ulteriori adesioni tali da consentire in Consiglio una qualsiasi progettazione riformatrice. L’unica novità positiva paradossalmente sta arrivando da Roma.

Ma anche dentro la coalizione le cose vanno male. Non ho conoscenze per esprimere valutazioni sulla scuola o sul servizio sanitario. So che i comprensori a due anni dalle elezioni sono ancora lì e non se ne vede all’orizzonte la soppressione. So che lo scontro interno è stato imposto da Dellai nel modo e sul terreno peggiore, quello dell’aggressione al territorio. Era parso ad un certo punto che la Val Jumela fosse diventata il simbolo dello scontro. La sinistra lo ha perso. Ma non è la Val Jumela di per sé il punto più dolente. Si può perdere anche qualche bandiera senza perdere la battaglia. Peggio è stato accettare che sui punti nodali si votasse in Giunta. In una coalizione ogni gruppo deve avere il diritto di veto. Rinunciarvi è stato, assieme ad altri, un grave errore tattico. Rimediarvi è possibile, deve essere possibile.

Questa è la condizione per la continuità della coalizione. Far fronte ad un fiume limaccioso che viene da lontano, risospinto dalle forze attive della società, che non saranno la maggioranza dei cittadini, ma sono quelle che contano, costruire una diga per arrestarlo, non è compito da poco. Non lo può assolvere una sinistra minoritaria, frammentata, labilmente collegata attraverso i partiti alla società, priva di strumenti di intervento. La Val Jumela può essere stata l’ultima scoria di tendenza non ancora efficacemente contrastata.

La sinistra deve adeguarsi a questo compito: unendo le sue energie, proclamando la sua cultura, esigendo gli strumenti di intervento. Certamente non la aiutiamo a maturarsi come forza di governo ed a raggiungere i suoi obiettivi se partiamo dalla indimostrata premessa che Dellai è la personificazione del male, che è il peggio del peggio e rappresenta i settori più arretrati della società. Né attribuendo gli errori, pur gravi e reali, che sono stati commessi a presunzione sposata all’amore per il potere o a mera voglia di potere. Né presentandola come rassegnata ad ogni più ignobile cedimento ed indifferente ai propri valori e solo preoccupata degli assessorati. Questa non è critica, è solo disprezzo, perfettamente congeniale alla destra. Se queste valutazioni fossero fondate il problema sarebbe ben altro che la Val Jumela!