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Tre falsi luoghi comuni

Non facciamoci troppe illusioni. Le riforme, in Italia, sono perseguitate dal malocchio. Eppure, raggiunga o meno l’ambizioso obiettivo, l’istituzione della Commissione dei 28, la nostra bicameralina regionale, avrà quanto meno il pregio di far maturare il dibattito sulla riforma dello Statuto.

Se il problema più urgente, quello della governabilità del Trentino, dovrebbe in qualche modo risolversi (dea bendata permettendo) con l’approvazione di quella miniriforma dello Statuto già oggi all’esame del Parlamento, l’argomento che sembra tenere maggiormente banco nella discussione politica è quello del futuro della Regione.

E che il dibattito su questo tema sia ancora acerbo è dimostrato dall’attuale difficoltà a confrontarsi in maniera serena, anziché scontrarsi brandendo slogan come fossero clave. Ecco perché è assolutamente necessario iniziare a fare chiarezza su alcuni falsi luoghi comuni. In particolare, sono tre gli argomenti più gettonati da coloro che in una seria riforma della Regione vedono - o ci fanno credere di vedere - una sorta di catastrofe.

Il primo è che la Regione è l’unica vera garanzia per la pacifica convivenza tra i gruppi linguistici del Trentino-Alto Adige. Ebbene, ci si concederà la franchezza, ma questa è una panzana. Quando, nell’immediato dopoguerra, gli alleati concessero all’Italia di mantenere il confine al valico del Brennero, in cambio fu posta la condizione di assegnare alla minoranza linguistica tedesca ampi poteri di autogoverno. L’accordo Degasperi-Gruber, che poi è mezza paginetta, è a questo riguardo molto chiaro: "(Agli) abitanti di lingua tedesca… sarà concesso l’esercizio di un potere legislativo ed esecutivo autonomo …". L’aver concesso l’autonomia, con lo Statuto del 1948, non già alla minoranza linguistica tedesca in Italia, bensì ad una Regione ove la maggioranza è italiana, è stato come se Milosevic annunciasse di voler concedere l’autonomia al Kosovo, dopo di che ne ampliasse i confini facendo in modo che la maggioranza dei suoi abitanti fosse serba. Insomma, una plateale presa per i fondelli.

Macché pace! In realtà la Regione è stata la causa del terrorismo sudtirolese degli anni Sessanta, placatosi non a caso solo quando, con lo Statuto del ’72, quasi tutte le competenze della Regione furono assegnate alle Province. Al torto iniziale si è dunque posto parzialmente rimedio trent’anni fa. La Regione però esiste ancora e mantiene alcune competenze che, poche che siano, prestano tuttora il fianco a quel Los von Trient sul quale i partiti sudtirolesi impostano tutt’oggi ogni loro campagna elettorale. In definitiva, quel vizio d’origine della Regione è ancor oggi una (piccola) zavorra per il pieno dispiegarsi della pace tra sudtirolesi e italiani.

L'altro diffusissimo luogo comune è quello secondo cui la Regione servirebbe per tutelare gli italiani di Bolzano. Attualmente la Regione, con un bilancio di circa cinquecento miliardi l’anno, conta quanto mezzo assessorato provinciale, di quelli piccoli. Ebbene: qualcuno ci deve spiegare come una Giunta regionale, sempre che lo volesse, potrebbe tutelare gli italiani di Bolzano governando la competenza sul Libro Fondiario. E’ semplicemente ridicolo. Ci sono, è vero, alcune importanti competenze senza portafoglio, attraverso le quali si potrebbe, in teoria, esercitare una qualche forma di tutela degli equilibri tra i gruppi linguistici. Si tratta della competenza elettorale, di quella sull’ordinamento dei Comuni e di quella sulla legge elettorale comunale. In tutti questi casi, se c’è un gruppo linguistico danneggiato dalla politica regionale (solo ipoteticamente) è quello degli italiani di Bolzano. Le leggi regionali, infatti, si fanno come fossero provinciali: il Trentino avanza le proprie richieste, l’Alto Adige (cioè, di fatto, la Svp) le proprie, ed il risultato sono leggi che prevedono normative distinte per le due Province. La Regione è una nella forma, ma due nei fatti: ecco perché i partiti che governano in Trentino si rapportano anzitutto con chi governa in Alto Adige, cioè con la Svp. La tutela della minoranza italiana della Provincia di Bolzano è in realtà esercitata, come è giusto che sia, non già dal Trentino, bensì dallo Stato italiano: attraverso lo Statuto (approvato dal Parlamento), attraverso il controllo del Governo sulle leggi provinciali e regionali ed attraverso la Corte Costituzionale alla quale, caso unico in Italia, i gruppi linguistici possono appellarsi qualora si sentano lesi da una legge.

L’autonomia agli "abitanti di lingua tedesca" è alternativa all’indipendenza proprio perché, in questo modo, si consente allo Stato di tutelare la minoranza italiana che si viene a formare con l’assetto autonomistico. Nel nostro caso, il paradosso è che i meccanismi di tutela dei gruppi linguistici sono stati ideati non per tutelare gli italiani di Bolzano, ma il gruppo che in Regione è in minoranza: i tedeschi. Se di Regioni ve ne fossero due, gli italiani di Bolzano sarebbero paradossalmente più tutelati.

Infine c’è il terzo luogo comune, un vero e proprio tormentone. Da sempre c’è chi sostiene che la Regione è l’unica vera ancora di salvezza per l’autonomia del Trentino. In questo caso, c’è un fondo di verità: probabilmente (ma non è detto), senza l’aggancio con Bolzano, al Trentino l’autonomia non sarebbe stata concessa. Oggi, però, il ragionamento non sta più in piedi.

L’autonomia è la possibilità di gestire a livello locale competenze che, altrimenti, sarebbero gestite dallo Stato. Per esservi un’autonomia "in pericolo", ci dovrebbe essere uno Stato che fa di tutto per toglierla. Ma quale governo italiano, oggi che si parla di federalismo e che il principio di sussidiarietà è sancito a livello europeo, si sognerebbe mai di togliere al Trentino, mettiamo, la competenza sulla sanità? Se anche lo volesse, la proposta sarebbe accolta con manifestazioni di piazza, scontri in Parlamento, sconcerto internazionale.

Suvvia! L’unico soggetto che può togliere al Trentino l’autonomia sono i trentini stessi. Insomma, l’autonomia sarebbe in pericolo soltanto se fosse dimostrato che non funziona.

Ossia se, per fare un esempio, l’ospedale di Verona fosse una clinica svizzera e a Trento morissero per parto tre donne su dieci. Le cose non stanno ovviamente così, ma paradossalmente, se esiste un ostacolo al buon funzionamento dell’autonomia del Trentino, questo è proprio la Regione. E’ la Regione, infatti, che impedisce al Trentino di avere governi provinciali stabili (e dunque di governarsi al meglio), mentre nel Veneto si elegge direttamente un Presidente della Giunta regionale che rimane stabilmente in carica per l’intera legislatura.

Per qualcun altro, molto più mondanamente, l’autonomia non consiste nell’avere poteri di autogoverno, ma nell’avere tanti soldi. In parole povere: lo Stato italiano è ben disposto a coprire di soldi l’Alto Adige, per tenersi buoni i tedeschi, ma con la Regione è costretto, pur controvoglia, a coprire di soldi anche il Trentino. Senza la Regione, quindi, addio vacche grasse per il Trentino. Anche in questo caso, siamo di fronte a una bufala. Non c’è scritto da nessuna parte, infatti, che l’Alto Adige (e con esso il Trentino) debba essere coperto di soldi. Se così è, è perché per cinquant’anni lo Stato ci ha dato i soldi per gestire le competenze previste dallo Statuto, ma quelle competenze ha preferito tenersele.

Insomma, siamo ricchi perché non abbiamo l’autonomia, non perché l’abbiamo. Oggi però, con un debito pubblico da fantastiliardi di lire, lo Stato è diventato un ultrà dell’autonomia e cerca di sbolognare alle Regioni autonome più competenze (cioè più spese) possibili. L’eventuale introduzione del federalismo fiscale metterà poi (giustamente) la parola fine a questa disparità economica tra Regioni autonome ed ordinarie.

In definitiva, Regione o non Regione, le vacche grasse sono destinate a finire lo stesso. A quel punto, qualcuno comincerà a chiedersi se vale la pena buttare via cinquecento miliardi l’anno per tenere in piedi un ente regionale che non serve a niente e che anzi, semmai, è dannoso. Per concludere, questa Regione è stata un ostacolo per la pace, è dannosa per gli italiani di Bolzano ed è una zavorra per il Trentino. Per il resto, è inutile. Così com’è ora, meglio disfarsene.

Detto questo, esistono un sacco di buone ragioni per fare una nuova Regione, anziché farne due. Ma questa è un’altra storia.