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QT n. 21, 4 dicembre 1999 Servizi

Le riforme arrivano (con l’aiuto della dea bendata)

La Camera ha approvato la modifica dello Statuto per votare in Trentino col maggioritario e con l’elezione diretta del Presidente della Provincia. Grazie a qualche eroe e a un bel po’ di fortuna...

L'o. Luigi Olivieri (Ds).

Sapete quante leggi ha approvato il Consiglio provinciale di Trento nell’ultimo anno? Quindici? Nove? Cinque? No. Una. Avete letto bene: una sola! E sapete di che legge si tratta? Quella sulla riforma degli enti locali? Quella urbanistica? Il piano sanitario? Macché. Si tratta dell’assestamento di bilancio, cioè quasi di un atto dovuto (sì, d’accordo, ci sarebbe anche l’altra legge, quella sull’economia, ma è arrivata in porto pochi giorni fa).

Il motivo di questa paralisi del Consiglio provinciale sta, come noto, nel fatto che la maggioranza che sostiene la Giunta è in minoranza in tutte le quattro le commissioni legislative, le cui presidenze sono oltretutto tutte andate a consiglieri dell’opposizione. Quindi, quando la Giunta deposita un disegno di legge, siccome prima di raggiungere il Consiglio deve passare attraverso le commissioni, lì vengono rallentate, pesantemente modificate, a volte stravolte del tutto, dopodiché la maggioranza è costretta a correggerle in Consiglio con una miriade di emendamenti.

Su come sia potuto accadere che la maggioranza si sia lasciata soffiare le commissioni legislative, si possono dare due diverse spiegazioni, entrambe vere. La prima è che è colpa del Lorenzo, che non ha detto al Mario di lasciare il posto al Carlo, e della Margherita, che non gliel’ha fatta pagare al Franco. Tutto vero, ma pensare che 450.000 cittadini debbano rinunciare all’esercizio della democrazia nella loro Provincia a causa di sgambetti e ripicche tra consiglieri, è difficile da accettare.

L’altra spiegazione - chiamiamola "sistemica" - consiste nel fatto che il sistema politico trentino è entrato in cortocircuito, perché non è più in grado di dare vita a maggioranze di governo forti, stabili, autorevoli. Si tratta insomma di una crisi cronica, non estemporanea. Questo dovrebbero averlo capito i partiti dell’Ulivo; altrimenti, se questa crisi fosse vista solo come passeggera, significherebbe che la colpa è proprio dell’Ulivo, che ha stravinto le ultime elezioni regionali. Ed invece la vicenda della scorsa legislatura, durante la quale si sono susseguite ben tre diverse Giunte in cinque anni, con interminabili periodi di vuoto tra l’una e l’altra, dovrebbe aver reso chiaro a tutti che senza una profonda riforma delle regole di funzionamento della politica non c’è modo di uscire da questa crisi. Ormai anche il Patt, che quando sente parlare di maggioritario è assalito da convulsioni, può dare dei suoi 5 scapestrati anni alla guida della Provincia due sole spiegazioni: quella secondo cui il Patt non era capace di governare (spiegazione senz’altro vera, ma allora vale lo stesso per l’Ulivo di oggi), oppure quella che con queste regole la Provincia non sarebbe governabile nemmeno da Winston Churchill.

Senza riforme siamo condannati all’autodistruzione. Questa è la verità. Altro che - come dice qualcuno - "le riforme non interessano alla gente, sono roba da ingegneria istituzionale"! Sarà anche vero che alla ggente (quella con due g), interessa di più sentir parlare di posti di lavoro, di sanità, di ambiente. Ma provateci voi, in un Consiglio provinciale paralizzato, a fare le leggi che interessano alla ggente!

Acercare di riformare le regole della politica ci aveva provato, nella scorsa legislatura, Wanda Chiodi. Il problema è che la politica si può riformare solo attraverso la politica. E qui entrano in mezzo gli interessi dei partiti e l’istinto di conservazione dei consiglieri. Cosicché, come sappiamo, l’eroico tentativo di Wanda Chiodi si è alla fine incagliato sulle resistenze del Patt e sui mal di pancia dei partiti e dei partitini dell’Ulivo (a cominciare dal Ppi e giù giù fino al microscopico Psdi di Pietracci). Poi arrivò la benedizione della soglia di sbarramento del 5%, per la quale la gioia è però durata solo pochi mesi, ossia fino a quando la Corte Costituzionale non l’ha dichiarata, pochi giorni prima delle elezioni, incompatibile con lo Statuto di autonomia, legge appunto di rango costituzionale.

La palla è quindi passata al Parlamento, per la modifica dello Statuto. Per ottenere il risultato, bisogna modificare almeno due cose: stabilire che il Consiglio regionale è la somma dei due Consigli provinciali (cosicché si possono dare le competenze elettorali alle Province e si può eleggere il Consiglio regionale con due sistemi diversi tra Trento e Bolzano) e togliere, per il Trentino, l’obbligo di utilizzare il sistema proporzionale.

Bene. Ma non basta. Perché se poi la palla dovesse ritornare qui, ossia se, una volta tolti gli impedimenti statutari, dovessimo aspettare che il Consiglio provinciale di Trento riformi la propria legge elettorale, campa cavallo. Dovremmo affidarci ad un’altra Wanda Chiodi e sperare che incontri migliore fortuna del tentativo precedente. Si tratterebbe di un’impresa titanica.

Adarci una mano è arrivata una trovata geniale del Parlamento. Sì, proprio il Parlamento di Roma ladrona vuole aiutare la nostra sacra Autonomia. Nel disegno di legge di modifica dello Statuto ci ha messo dentro una postilla (l’ormai famigerata norma transitoria) che, in pratica, recita così: "Se in Trentino riuscite a cambiare il sistema elettorale da soli, bene. Altrimenti, alle prossime elezioni voterete comunque col maggioritario". Grazie Roma!

Ora quel disegno di legge ha superato il primo grosso scoglio, quello della prima lettura alla Camera. Prima di arrivare in fondo, ci sono però ancora mille altre insidie. Si deve passare al Senato, sperando che non stravolga il testo. Poi bisognerà lasciar passare tre mesi senza fare nulla. Dopodiché si tornerà per una seconda votazione alla Camera e infine ancora al Senato. Insomma, siamo solo a un quarto dell’opera. Ma se alla Camera abbiamo potuto contare su due stakanovisti delle riforme, come Boato e Olivieri (oltre ai preziosissimi Schmid e Detomas), al Senato, a rappresentare il Trentino, avremo lo scettico Robol e Tarcisio Andreolli, la cui abilità nel far fallire ogni tentativo di riforma è ormai leggendaria (con una coerenza che merita quasi rispetto e ammirazione).

Oltretutto, se siamo riusciti ad arrivare sin qui, è stato quasi per miracolo, per una vera e propria congiunzione astrale. Il punto più importante del disegno di legge, quello del ribaltamento del Consiglio regionale, è stato approvato con soli tre voti di scarto. Considerate le tante assenze registrate alla Camera, si è trattato di un colpo di fortuna.

Ed è stato solo per miracolo se il Consiglio regionale prima, e quello provinciale di Trento poi, non hanno preso una posizione ufficiale contro la norma transitoria. Perché sarebbe - a detta di molti - "un attacco all’autonomia". In realtà, più penosamente, il problema è quello del mastice che tiene incollati alla seggiola. E deve essercene a quintali, di mastice, sulle seggiole del Consiglio regionale.

Tanto che Margherita Cogo, che pur da Presidente della Giunta regionale ha avuto il coraggio di prendere le distanze dalla sua maggioranza, difendendo pubblicamente la norma transitoria, è stata subito bersagliata di accuse del tipo: "ma come si permette?", "vuole distruggere l’autonomia" e altre simili umane miserie.

In Regione, la parte trentina della maggioranza voleva far approvare dal Consiglio, convocandolo in seduta straordinaria, una mozione contro quella norma transitoria. Se non che, a impedirci di farci del male da soli, ci ha involontariamente pensato la Svp. Che prima ha fatto sapere ai partner trentini della maggioranza che non era d’accordo a convocare una seduta straordinaria del Consiglio regionale al solo scopo di discutere una questione che riguarda esclusivamente il Trentino, ossia appunto la norma transitoria. E che successivamente, quando è venuta a sapere che i trentini, pur avvisati, il Consiglio l’avevano convocato lo stesso, ha minacciato di votare contro la mozione. Così, giusto per dare agli alleati una lezione di comportamento. Cosicché alla fine, per evitare una crisi della Giunta regionale, la mozione è stata emendata togliendo ogni riferimento a questioni di rilevanza solo provinciale. E se all’inizio, nella mozione, c’era scritto "Caro Parlamento, la riforma dello Statuto ci va bene, ma togli la norma transitoria per il Trentino", dopo la "cura" della Svp ciò che il Consiglio ha poi approvato è un testo che recita "Caro Parlamento, la riforma dello Statuto ci va bene". Punto! Se in Trentino voteremo col maggioritario, ci toccherà ringraziare pure Durnwalder, Denicolò e Atz.

Fallito il tentativo in Regione, l’Ulivo trentino ha marciato sulla Provincia. E una mozione contro la norma transitoria voleva farla approvare dal Consiglio provinciale. Probabilmente - questa è l’interpretazione "benevola" - l’Ulivo voleva riacquistare un po’ di dialogo con le opposizioni per tentare così di recuperare la maggioranza nelle commissioni legislative (all’insegna del vecchio motto: meglio un uovo oggi …). Tutte le opposizioni, infatti, si erano compattate attorno ad una battaglia contro la norma transitoria. A cominciare dal Polo, Forza Italia compresa, che se durante la campagna elettorale aveva agitato la bandiera delle riforme, una volta arrivato in Consiglio (contrordine compagni!) ha cambiato orientamento. Proprio in una intervista a QT, Santini ha dichiarato che, per lui, maggioritario o proporzionale fa all’incirca lo stesso. Ebbene, anche in Provincia, il tentativo di stoppare le riforme è poi miracolosamente fallito. Infatti, sebbene tutto l’Ulivo e il resto della maggioranza sembrassero uniti contro la norma transitoria, qualcuno si era dimenticato di fare i conti con i soliti rompiscatole, a cominciare dalla Chiodi e dalla Berasi. Che, trascinandosi dietro qualcun altro, hanno minacciato l’uscita dalla maggioranza. Alla fine, in Consiglio non è stato approvato un bel niente.

Per quanto ancora potremo andare avanti dovendoci affidare a due eroici stakanovisti (Boato e Olivieri), a una persona perbene (Frattini, che a Roma ha fatto astenere Forza Italia sulla norma transitoria, ridicolizzando i suoi compagni di partito a Trento) e alla Dea bendata? Se alla fine le riforme la spunteranno, sarà come aver fatto sei al Superenalotto.