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QT n. 12, 12 giugno 1999 Servizi

Cosa chiediamo al nuovo vescovo

In un Trentino in cui i preti sono sempre meno, in cui diminuiscono i battezzati, la Chiesa cerca un nuovo ruolo. Finalmente oltre il controllo della sessualità.

Archivio QT vedi articoli sui seguenti argomenti: Curia Cattolici Mons. Luigi Bressan, il giorno del suo insediamento

Questo è un giornale di sinistra, la variegata sinistra trentina di questi tempi, belli e terribili. Laico, stavo per scrivere, secondo il linguaggio comune. Ma laico è una parola ambigua, perché si oppone non a credente in una fede religiosa, ma all’integralista convinto di possedere, lui solo, la verità. Ci sono cattolici laici e cattolici integralisti, e la stessa divisione attraversa l’ampio mondo di chi in Dio non crede.

Questotrentino ha qualche punta, talvolta di sano, talaltra di eccessivo, anticlericalismo, e il suo direttore, fra amici, si definisce orgogliosamente un mangiapreti. Ma ci scrivono, e lo leggono, anche i cattolici, e i credenti in altre fedi: soprattutto, vogliamo sperare, chi è impegnato a praticare il dialogo fra visioni del mondo diverse.

Questo giornale ha seguito con attenzione critica gli anni del vescovo Alessandro M. Gottardi, con minore rispetto e più rabbia gli ultimi dieci di Giovanni Sartori. Consapevoli che la Chiesa è parte importante della società trentina, chi si sforza di descrivere e analizzare questa società, per prefigurarne un futuro più giusto, non può ignorare ciò che nella Chiesa di S.Vigilio sta fermo, arretra, si muove.

S.Vigilio intanto, e non S.Vigilio martire, come per ignoranza o per inerzia alcuni continuano a ripetere. Le ricerche storiche del prof. Iginio Rogger hanno documentato che non ci fu martirio, ma certuni non accettano ancora questa verità: dietro un martirio inventato si tramanda e si mantiene non solo una nozione storica errata, ma una certa idea, aggressiva, di cristianesimo, e di rapporti fra le culture e fra i popoli, che si fatica ad abbandonare.

Il passato, per una Chiesa che voglia oggi ascoltare e dialogare, è soprattutto "memoria passionis": la frase è del teologo Antonio Autiero. Nella storia della Chiesa trentina, all’inizio dell’età moderna, c’è la condanna degli ebrei, accusati innocenti dell’assassinio del piccolo Simone. E c’è il Concilio di Trento, il cui ricordo può oggi trainare il turismo, ma che fu innanzi tutto evento di divisione e repressione.

Come si presenta oggi il Trentino, come è cambiato in questi ultimi anni? Colpisce la fotografia, bellissima, pubblicata innumerevoli volte, del vescovo attorniato dai genitori e da dieci fratelli. Quel tipo di famiglia contadina, numerosa, unita, non esiste più. Adoperiamo ancora la stessa parola, "famiglia", ma la storia ha radicalmente modificato quella realtà.

In meglio? In peggio? Come ogni svolta culturale, ha prodotto guadagni e perdite, e la trasformazione continua, in direzioni non sempre facili da prevedere. In Trentino oggi ci si sposa di meno, crescono i matrimoni civili, si convive senza sposarsi, ci si separa, si divorzia, ci si risposa, nascono meno bambini, crescono le adozioni. Si discute di omosessualità, di fecondazione artificiale, di aborto, di prostituzione, di sfruttamento sessuale anche dei bambini. In questi comportamenti ci sono solidarietà da ammirare, scelte di libertà da rispettare, e sofferenze da prevenire, curare, lenire. Anche reati da punire.

L’ambito della sessualità era un tempo completamente sottoposto alla Chiesa, e di quel controllo, di quell’ordine, di quel potere essa ha una forte nostalgia. Eppure, ha scritto Ernesto Balducci, "non si deve chiedere al Vangelo ciò che non può dare. Ciò che nel Vangelo appartiene all’antropologia, alla morale, all’ascetica, appartiene alla cultura che fece da contesto all’annuncio dell’evento pasquale. E’ perciò improprio chiedersi quale sia la concezione cristiana del corpo." Dalla Chiesa gli uomini e le donne di oggi non si aspettano condanne, ma comprensione ed aiuto.

La Chiesa ha esperienza della "comunità", protettiva (e oppressiva), formatasi nella società agricola. Oggi, nella società moderna, industriale e postindustriale, le persone, più libere e sole, hanno bisogno ancora di comunità, ed è più difficile costruirla. Saprà la Chiesa, lievito nella pasta, gratuitamente, mettere a disposizione la sua esperienza antica, ed essere segno di comunione, in un mondo che, lasciato a se stesso, isola e contrappone gli individui tra loro?

C’è una seconda fotografia che tutti abbiamo visto sui quotidiani: l’ordinazione sacerdotale del vescovo nel 1964. Di quei ventuno giovani preti, solo dodici, è stato scritto, sono rimasti "fedeli", quasi che gli altri si siano persi, o abbiano addirittura tradito. Io penso che quegli altri nove abbiano scoperto una fedeltà diversa da seguire e praticare. E abbiano così svelato, negli anni attorno al ’68, i ritardi della Chiesa, il suo limite perenne del clericalismo.

Il concilio Vaticano II ha chiamato anche i laici "popolo di Dio", ma quell’intuizione è rimasta in gran parte inattuata. La secolarizzazione è un processo inarrestabile e positivo: i preti saranno sempre meno, diminuiranno i giovani che si avvalgono dell’insegnamento della religione a scuola, diminuiranno anche i battezzati. Se non si attarderà a rimpiangere il passato, può essere per la Chiesa l’occasione, difficile, di una rifondazione: perso il potere politico, e la forza dei numeri, può offrirsi come segno di comunità. Non so quanto un vescovo possa favorire questo processo: può però non reprimerne i germi, anche quando indicano strade inesplorate.

La Chiesa è attraversata da contraddizioni e domande: è segno di pace e di solidarietà con i poveri, ma appare anche ricca e indifferente alla guerra. I trentini, credenti e non credenti, hanno bisogno di acquisire una mentalità "planetaria", e il Vescovo può dire a tutti una parola efficace. Potranno anche tornare alla fede dei padri, se lo vorranno. Ma non è questa la cosa più importante, né è nelle mani dei vescovi.