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QT n. 8, 17 aprile 1999 Servizi

“Quanto costa la Pietà di Michelangelo?”

Studenti trentini a Roma

E' passata la mezzanotte all’Archimede, uno spazioso albergo di Roma, quando vi approda un distinto signore in cerca di camera. Ha lasciato, inviperito, un albergo vicino, perché un branco di studenti, di chissà quale città, con i loro schiamazzi gli impedivano di dormire. La notte precedente, per la verità, nemmeno all’Archimede è stata pacifica, e io sono lì, nell’atrio ormai deserto, in funzione deterrente appunto, per gli studenti di Trento. Il distinto signore condisce la trattativa con imprecazioni colorite rivolte ai professori incapaci di sorvegliare ("In che mani siamo!"), e cerca consenso anche dai miei occhi assonnati.

Sono certo allievi nostri, vorrei ribattere, ma sono anche figli vostri, se non sanno stare composti in un albergo o sul treno. Ma ne verrebbe il solito inconcludente scaricabarile fra scuola e famiglia, in cui non ho voglia di impelagarmi a Roma, di notte, con il letto invitante ormai ad un passo. Sono figli, in verità, di un mondo più grande, in cui troppe cose giocano contro una loro crescita autentica e critica, in cui genitori e insegnanti si arrabattano come possono, spesso impotenti nel ruolo di educatori. Con la responsabilità di averlo costruito però questo mondo, da cittadini. Fondato sui valori dell’indifferenza e della competizione. Spintonarsi e sfrecciare, gareggiare nel bere, nel correre, nell’urlare e nel bestemmiare: gli altri, al fianco, danneggiati o disturbati, non sono nemmeno visti.

Viene scovata una camera libera, il distinto signore si avvia, l’addetto al turno di notte lo avverte adesso, con malizia ed onestà, che anche all’Archimede sono alloggiati studenti. Ma io sento che potrà dormire tranquillo: li abbiamo strapazzati ben bene questa mattina, i suoi figli e i nostri allievi trentini. E vuoi che non abbia effetto, per una notte almeno, il cocktail di preghiere e minacce, che abbiamo mescolato con perizia, quattro accompagnatori per cinquanta ragazzi?

Di giorno si sale arzilli nell’azzurro della cupola di San Pietro, si scende nell’oscurità delle Catacombe, si visitano con compunzione le Fosse Ardeatine, si assiste disincantati al cambio della guardia al Quirinale. I ragazzi osservano interessati. Alcuni ascoltano attenti, persino, la guida, o l’insegnante che ritiene utile spiegare, a Roma, perché l’impero romano è caduto. Il Foro appare loro un ammasso di pietre, di rovine e macerie: come far capire che sono lì a significare la discontinuità e la frattura fra quel tempo ed il nostro? Se la curiosità è sul numero degli scalini per salire alla cupola, basta sfogliare la guida. Ma ci sono domande inattese, e irriverenti: "Quanto costa la Pietà di Michelangelo? E quanto pesa?", che a loro paiono curiosità lecite. Il Mosè a uno pare "incazzato", e riassume così un mio lungo discorso sul Dio liberatore dell’Esodo. Un mio studente, un amico, mi consiglia di stringere con le spiegazioni e i commenti.

Gli studenti degli istituti tecnici, e sono la maggioranza degli studenti italiani, non studiano storia dell’arte. Il viaggio d’istruzione è l’occasione, pensano gli insegnanti, per avvicinare quei ragazzi alla comprensione di un monumento, di una chiesa, di una piazza, di una scultura, di un quadro. E i giovani accettano, chi con interesse, chi con rassegnazione.

In premio però esigono tempi per camminare liberamente, a gruppi, per la città. Io vorrei che questo momento non arrivasse mai. Due mi perseguitano da settimane: a che ora dovremo rientrare la sera? Gli insegnanti si interrogano: di quella libertà rivendicata conoscono i rischi e la necessità. Ad alcuni ragazzi pare sempre troppo poco ciò che viene concesso, e la notte non dovrebbe avere mai fine. Ne nascono vertenze infinite: siamo grandi, maggiorenni addirittura, che volete mai che succeda?

I professori raccontano episodi, veri e spaventosi, accumulati in una lunga esperienza, in cui a minacciare compaiono ospedali e questure. E poi ci sono i genitori, ben presenti seppure lontani: ammaccato il rampollo da un motorino, era lì il sorvegliante a sorvegliare? Non lo paghiamo forse per questo? La trattativa si complica se l’insegnante è anche un genitore, e vorrebbe, per il figlio, dagli insegnanti, competenza e rigore, fermezza e liberalità. Le ore di libertà alla fine vengono concesse, in un esercizio di mediazione defatigante, con i giovani e fra gli adulti: sono pur sempre un esercizio di autonomia. E Tullio Tentori, l’anziano antropologo romano rapinato e ferito, che abbiamo letto sul giornale e ascoltato alla radio, ci ha insegnato a riappropriarci della città, anche di notte, per combattere così la violenza e i pregiudizi sugli stranieri. C’è allora chi va alla partita, a passeggiare sul Corso, a vedere Montecitorio, a mescolarsi ai romani di Piazza di Spagna.

Una mattina visitiamo l’Istituto tecnico industriale "Galilei". Era una fabbrica progettata dall’architetto Marcello Piacentini all’inizio del secolo.

Il laboratorio che ci viene presentato da un ingegnere bravissimo, tanto che anch’io capisco i concetti essenziali, è quello aeronautico, con la galleria del vento in funzione: le classi dei meccanici e dei chimici di Trento dimostrano un grande interesse. Ma, nonostante gli sforzi, non è stato possibile incontrare una classe di ragazzi romani: difficoltà di lunga durata, e imprevisti dell’ultima ora, anche in una scuola disponibile come questa, ce l’hanno impedito.

Avremmo chiesto ai ragazzi romani di recitarci qualche sonetto di Gioacchino Belli, letto in classe con l’intonazione trentina di cui noi siamo capaci, e di parlarci dei loro problemi in una metropoli. L’identità nazionale si costruirebbe anche così. Abbiamo regalato loro libri e fotografie del Trentino, anche di piccoli comuni come Brentonico e Roverè della Luna, e il CD sui Castelli e Signori del Medioevo. In cambio abbiamo portato nella nostra biblioteca le loro riviste e CD di cultura industriale, e il giornalino d’istituto, che chiede - tutto il mondo è paese - più umanità nei rapporti fra insegnanti e studenti.

Sono giorni di stanchezza, di arrabbiature, di ansie. Eppure è un lavoro, dopo tanti anni, che affascina ancora, quello che ti permette di scoprire Roma insieme ai ragazzi.

Uno non ha mai visto la metropolitana.

Io non avevo mai visitato le Fosse Ardeatine.

E la città, più che di pietre, è fatta di uomini, ha scritto Marsilio Ficino. Di oggi, e di ieri. Sentire tante lingue diverse, vedere più stranieri che a Trento. Anche il Papa hanno visto passargli vicino due ragazzi orgogliosi. Poter controllare i cantieri per il Giubileo di cui parlano tanto i giornali. E raccogliere collettivamente i soldini per riparare al furto subito da due compagni sfortunati.

Mentre, già sistemati negli scompartimenti, alla Stazione Termini siamo in attesa della partenza, arriva di corsa un distinto signore che chiede a uno studente affacciato al finestrino se quel treno ha per destinazione Firenze. La risposta è no, che il treno va a Trento!

E prima di addormentarsi in cuccetta, una ragazza ha il tempo di domandarmi se il giorno dopo ci sarà interrogazione di storia. Poi dormiranno tutti sul serio, come ha previsto un esperto cuccettista romano delle FS: al ritorno non ci sono problemi, i pericoli sono tutti all’andata. Gli insegnanti dedicano ancora un paio d’ore a discorrere della scuola e del mondo, da riformare, poi si addormentano anch’essi.

Io, accompagnatore anziano, ricordo che dovrò documentare il viaggio a ben tre uffici diversi della mia scuola, e che dovrò pagarlo all’agenzia, se vorrò essere rifuso, con le stesse lire, qualche giorno dopo, dalla mia scuola. Ma sono pratiche che il nuovo assessore, per un altr’anno, saprà sicuramente alleggerire.