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Nel vortice della globalizzazione

Nell’era della mitica globalizzazione, l’unica grossa istituzione trentina che ha preso sul serio il problema è - come è noto - la Caritro. Che ha agito con insolita radicalità: trovandosi un nuovo padrone, nelle vesti del nuovo gruppo bancario Unicredito Italiano. Una decisione inusuale, perché non presa in stato di necessità, con l’acqua alla gola per i conti che non tornano, bensì come consapevole decisione strategica, come risposta preventiva alle problematiche del 2000.

Abbiamo nei mesi scorsi illustrato le modalità - anzi, i veri e propri scontri - attraverso cui si è arrivati a questo difficile passo (rinunciare alla proprietà, cioè al potere, non è decisione facile da prendere). Vediamone ora le prime conseguenze, quando si passa dalle teorie, dalle ipotesi, ai primi fatti.

Unicredit, l’aggregazione di banche nuova proprietaria di Caritro, si è dimostrato un gruppo estremamente dinamico. Ed è in queste settimane balzato sulle prime pagine dei giornali perché ha dato il via a un’ulteriore fusione, con Comit: ne dovrebbe nascere un maxi-gruppo, Eurobanca, dalle dimensioni e ambizioni europee, come dice il nome stesso.

E Caritro? Come si troverà in questo nuovo gruppo? E più in generale, il piccolo istituto trentino, perso il controllo su se stesso, non rischia di rimanere schiacciato in dinamiche troppo grandi?

"Il progetto industriale di Eurobanca è lo stesso di Unicredit, una banca federata in cui Caritro ha la sua posizione, anche geografica, e il suo ruolo - ci risponde il presidente Mario Fedrizzi - In più, la fusione con Comit porterebbe significativi rafforzamenti: nei rapporti con i grandi gruppi industriali, nella rete commerciale e - questo è quello che più direttamente ci interessa - nei rapporti con l’estero.

Certo, le forze in gioco sono tali, per cui può essere legittimo il timore che alla fine il piano originale possa uscire stravolto. Ma se può pur esserci qualche vago rischio, al contempo processi del genere costituiscono comunque una grande opportunità."

Rimane il fatto che, avendone ceduto la proprietà, la comunità trentina ora non ha più voce in capitolo sui destini della banca; non le resta che fare il tifo per questo o quel contendente.

"Sotteso a questi discorsi c’è il solito equivoco - replica Giovanni Pegoretti, presidente della Fondazione Caritro, che ha pilotato e fortemente voluto la dismissione della banca - l’equivoco sul controllo locale del credito: che può essere positivo, ma solo se gestito da persone che ci mettono soldi loro; non è positivo invece se il controllo locale è di tipo politico, ossia se la proprietà della banca è proprietà di nessuno. E questo l’ha ampiamente dimostrato tutta l’esperienza del sistema bancario italiano."

Insomma, ritorna il principio a suo tempo brutalmente espresso da Pegoretti alle associazioni di categoria che tracheggiavano sulla dismissione: "Volete il controllo della banca? Comperatela!"

Rimane comunque il fatto che, nel vortice della ristrutturazione bancaria in corso, la comunità trentina può solo assistere alle evoluzioni del destino. "Le dinamiche di sistema sono forti, ma hanno loro logiche: noi abbiamo piazzato Caritro in un sistema in cui aveva una posizione logica e favorevole: non mi sembra che le evoluzioni cui stiamo assistendo mettano a rischio questa situazione - risponde ancora Pegoretti - Anzi, Unicredit si sta dimostrando un gruppo estremamente dinamico e al contempo una vera banca federata, che considera una risorsa l’autonomia dei singoli istituti."

Equi si apre l’altro capitolo: l’inserimento della Cassa all’interno del grande gruppo; se vogliamo, un piccolo paradigma di cosa può accadere al Trentino nell’era della globalizzazione. I commenti in via Galilei sono largamente positivi: "Si è lavorato in fretta e bene - commenta Lucio Chiricozzi, megadirettore generale - a ottobre abbiamo dato vita a venti gruppi misti Caritro-Unicredit per definire i processi di integrazione: e siamo entrambi soddisfatti. In particolare tutta l’organizzazione, dal centro del gruppo giù giù fino alle filiali, è improntata al principio di autonomia e responsabilizzazione, che si ripercuote a cascata: io stesso ho maggior autonomia ora rispetto a quando Caritro era indipendente, e così un direttore di filiale. Questa organizzazione interna basata sulla fiducia è giustificata dai risultati: abbiamo un rapporto sofferenze/impieghi bassissimo (1,61%) inferiore alla media del Trentino, che a sua volta è tra i più bassi in Italia."

Un tale modello organizzativo dovrebbe essere più snello, soprattutto nella valutazione delle aziende (se cioè diano garanzie sufficienti per ottenere il credito).

Ma i vantaggi dell’inserimento nel grande gruppo dovrebbero stare soprattutto altrove. Dal punto di vista finanziario nella possibilità di far sfruttare al risparmiatore le grandi possibilità apertesi con l’euro e la globalizzazione: di poter investire sul mercato globale, cosa possibile solo se si hanno competenze internazionali.

Dal punto di vista organizzativo interno si dovrebbero facilmente realizzare economie di scala, sui servizi soprattutto informatici, tradizionale tallone d’Achille delle banche trentine.

Dal punto di vista della comunità ci sarà la possibilità di avvalersi di nuovi sofisticati strumenti finanziari che, come il project financing, dovrebbero permettere una nuova stagione di investimenti pubblici con la formula pubblico-privato. (E’ un campo delicato, presuppone pubbliche amministrazioni che sappiano destreggiarsi tra soldi e interessi privati: uno dei campi di intervento sarà il progetto di riqualificazione urbana "finestra sull’Adige" - vedi articolo a pag. 14. Mah, se son rose fioriranno.)

Dal punto di vista dell’economia infine, dovrebbe essere significativamente avvantaggiato il commercio con l’estero. Un grande gruppo creditizio, con opportune proiezioni internazionali (cosa ancor più vera se andrà in porto l’unificazione con Credit) può supportare l’esportatore trentino attraverso modalità impensabili per una banca locale: in questi giorni Caritro ha aperto una linea di credito in Cina che, attraverso l’intermediazione e le garanzie incrociate di Unicredit e di banche cinesi, permette all’esportatore di incassare prontamente e in contanti. Il che non è poco.

Insomma questa è la strada imboccata da Caritro. Attraverso un percorso molto più accidentato - banca (s)venduta perchè in situazione poco florida - analogo approdo è stato quello della Banca di Trento e Bolzano, inserita ora nel grande gruppo di Banca Intesa, e risollevatasi.

Sull’altro fronte invece la galassia delle Casse Rurali. Saldamente abbarbicate al territorio, operano razionalizzazioni con processi di fusioni tra di loro; e acquistando sul mercato internazionale i prodotti finanziari da offrire alla clientela. E’ un’altra strategia rispetto a quella intrapresa/subita da Caritro/Btb. E meriterà un discorso specifico. Di sicuro le Rurali sul breve periodo stanno macinando risultati: ogni anno si aggiudicano una quota di mercato trentino sempre leggermente più ampia.

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