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Indifferenza e fastidio elettorali

Si vota con troppa frequenza, ma sono sempre meno i cittadini che vanno a votare. Quasi che l'astensionismo elettorale sia inversamente proporzionale all'astinenza dal voto. Se fosse vero questo rapporto causale, il rimedio sarebbe facile: basterebbe diradare gli appuntamenti elettorali e l'affluenza alle urne tornerebbe a salire.

Ma non è detto che le cose siano così semplici. La questione sembra assai più complessa. Ed è considerata dai politici e dai politologi con crescente preoccupazione. Entrambi i fenomeni infatti sono indizi di un certo malessere. Consultazioni elettorali troppo frequenti, anziché essere carattere tipico di una democrazia consolidata, ne tradiscono la inefficienza e ne annunciano il rischio di un prossimo declino. Basti pensare alla Repubblica di Weimar, che fu travolta da una febbrile reiterazione di suffragi universali fino al tonfo terminale con l'avvento di Hitler.

Non è questo il caso nostro, ma non può lasciarci del tutto tranquilli la ormai lunga serie di elezioni politiche anticipate e la miriade di elezioni locali, per i Comuni, le Regioni e le inutili (quelle ordinarie, non le nostre) Province, tali e tante che praticamente non vi è stagione che sia esente da competizioni elettorali.

Il continuo ricorso agli elettori insomma, anziché essere un ordinario procedimento di legittimazione democratica degli organismi rappresentativi, sembra piuttosto un artificioso rimedio per soccorrere in qualche modo istituzioni che per inefficienza hanno una loro vitalità effimera.

Da qui la sensazione sempre più diffusa fra gli elettori della inanità del loro voto, che sembra volto soltanto a somministrare un po' di ossigeno ad organismi di governo comunque precari ed infecondi. Vogliamo provare a ridestare la passione civile attuando le tanto conclamate riforme che gli equilibri politici esistenti non riescono a condurre in porto?

Oppure l'astensionismo elettorale costituisce un normale assestamento tipico delle democrazie mature? Se osserviamo ciò che avviene negli altri Stati a più remota tradizione democratica, si sarebbe indotti ad inclinare per questa più ottimistica opinione. I quaranta elettori su cento cha hanno votato per la Provincia di Roma sono sempre più dei 38 che hanno partecipato alle recenti elezioni suppletive per il Congresso degli Stati Uniti d'America.

Etuttavia accontentarsi di questa accomodante conclusione può essere pericoloso. E' necessario capire per quali motivi la partecipazione politica, prima ancora che elettorale, è così scarsa, specialmente a sinistra. Gli aderenti ai partiti sono una esigua minoranza della complessiva cittadinanza. I lettori dei giornali, che sono un veicolo importante di informazione e formazione politica, sono in Italia una delle quantità percentuali più basse d'Europa. Le uniche fonti alle quali la maggior parte dei cittadini possono attingere elementi di conoscenza della politica nazionale o locale sono o le personali esperienze private, che forniscono messaggi parziali privi di dimensione politica, o la televisione con i notiziari urlati e i dibattiti rissosi. Il confronto tra le forze politiche appare così fazioso, frammentato, concentrato su temi che interessano di più i dirigenti che la generalità dei cittadini.

Tutto ciò provoca reazioni diverse, o di fastidio o di indifferenza, con l'identico risultato di allontanare dal voto. Gli assenti dunque non sono tutti uguali. C'è chi giudica, per pessimismo, inutile votare perché tanto non cambia nulla. E chi ritiene non necessario farlo, perché è ottimista e non teme alcun pericolo. Ma fra i primi vi può essere chi ha una radicale sfiducia nei mezzi della democrazia. Da questo nucleo può originarsi il fanatismo. Con la solita esagerazione dei mezzi di comunicazione di massa, in questi giorni sono comparsi perfino gli eco-terroristi, che per imporre il loro messaggio contro la multinazionale Nestlè hanno fatto credere di aver avvelenato i panettoni natalizi. Terroristi innocui, e tuttavia inclini a forme estreme di partecipazione politica.

E' stato detto che il fanatismo è meno tollerabile della corruzione. Vero. Ancor più vero è che il fanatismo, come forma di partecipazione politica, è meno tollerabile dell'assenteismo elettorale.

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