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Non sono tutti uguali

Il corpo elettorale è come un iceberg. Vi è una punta visibile, formata dai candidati schierati nelle varie liste e dai loro dichiarati sostenitori, che si incontrano in sparute riunioni nelle quali i primi espongono le loro idee ed i secondi ribadiscono il loro già noto consenso. Ciascun candidato, chi più chi meno, tasta il polso di chi incontra nella sua cerchia di parenti, amici, compagni di lavoro, sodali politici o di categoria professionale, non più di cento/ duecento persone ottenendo risposte non sempre affidabili. Agenzie, talvolta prezzolate, compiono sondaggi telefonici a campione, esigendo repentini non meditati e magari infastiditi responsi niente affatto impegnativi. Tutto ciò costituisce appunto la parte dell'iceberg che affiora, una minoranza così esigua da essere ben poco indicativa. La gran parte del corpo elettorale, cioè degli elettori che il 22 novembre si recheranno ai seggi elettorali, resta sommersa, sconosciuta, misteriosa.

I più spavaldi di tali elettori, che magari non leggono i giornali e non si curano di recarsi agli incontri con i candidati, protestano che non andranno a votare perché sono disorientati, perché la situazione è confusa, ci sono troppi partiti, sono tutti uguali. Ma poi alla fine, avendo ricevuto il certificato elettorale, si recheranno al seggio e con il loro voto determineranno i! risultato. Non più il novanta ed oltre per cento come avveniva un tempo, ma intorno ai due terzi probabilmente sì, e non è poco, se consideriamo che nelle recenti elezioni negli Stati Uniti hanno votato soltanto il 38% degli aventi diritto. Ma secondo quali criteri voterà questa maggioranza silente del corpo elettorale? Sulla base di quali informazioni? Quanti di tali elettori sanno che Wanda Chiodi nella passata legislatura ha fatto il possibile e l'impossibile per rendere governabile la nostra Autonomia?

O che Mauro Bondi ha lavorato sodo per potenziare i Comuni e smagrire la Provincia? O che Carlo Alessandrini ha affrontato l'impopolarità pur di affermare criteri di rigore nella spesa pubblica? O che Vincenzo Passerini si è battuto come un leone per ammodernare la nostra scuola? O che Roberto Pinter è il campione della moralizzazione pubblica? E che tutte queste positive volontà sono state frustrate dall'ignavia del Patt e degli assessori che ora si presentano sotto il simbolo del "Centro"? Nella campagna elettorale questo confronto netto, questo spartiacque tra due concezioni dell'Autonomia e dello stesso modo di fare politica, non si è visto.

I Ds erano partiti bene con le primarie per scegliere il capo lista e con l'accordo molto importante tra le diverse anime della sinistra trentina che ha visto fondersi Pds, Cristiano Sociali, Solidarietà e Rete. Fatti di grande rilievo coronati da una lista di candidati eccellenti e da un programma che è di gran lunga il migliore fra quelli presentati. Però è mancata poi la vigorosa contrapposizione alla politica del passato ed alle forze che l'avevano impersonata

Probabilmente ha pesato la comprensibile attenzione a non creare troppe frizioni con la Margherita di Dellai che, partita bene, si e poi invischiata in mosse tattiche di palese ambiguità; oppure la meno comprensibile preoccupazione di non approfondire il solco verso il Patt, sottinteso come l'unico possibile partner di Giunta con l'Ulivo.

Sta di fatto che la campagna elettorale si è sgretolata in tante singole vicende separate, ciascuna esaustiva all'interno dei vari settori politici. Rifondazione tribolata dalla scissione nazionale, ma anche da dissidi trentini. Gli autonomisti frantumati e ricomposti in schiere antagoniste che forse, poiché mobilita più l'odio che l'amore, finiranno per aumentare i voti dell'area, ma ciascun troncone conterà meno. Le destre, che sono il vero enigma di questa consultazione, prive come sono di storia locale, hanno puntato sulla loro immagine nazionale. Ed i singoli candidati, tutti, hanno avuto licenza di caccia, e le case dei trentini sono state invase da stampati di ogni formato, frammisti all'ordinario materiale pubblicitario e spesso finiti con esso nell'oblio del cestino dei rifiuti cartacei. Ed anche con qualche ragione, come nel caso del centrista Mario Giovanazzi, che ha indirizzato il messaggio "ai capifamiglia del Comune ", esempio estremo di cultura rozza e retriva di chi ancora non sa che per il codice civile da oltre vent'anni il capofamiglia non esiste più.

L'unica speranza che la prossima legislatura non sia vana e perniciosa come la trascorsa, e riposta in un buon risultato delle liste del centrosinistra, che assieme propongono la sola ipotesi di governo riformatore che gli elettori possono scegliere.

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