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Mandiamoli pure a casa. Ma dopo?

"Mandateli a casa" - continua a tuonare il quotidiano di Bolzano, nella sua sprezzante invettiva contro i 35 consiglieri provinciali. E dopo? Come se lo spettacolo, davvero desolante, che ci è offerto dipendesse dalla personale protervia dei singoli rappresentanti che il popolo trentino elesse nel '93. Che garanzia abbiamo che i 35, tutti nuovi di zecca, che in novembre andranno in ipotesi a sostituirli sapranno interpretare la loro parte con maggior efficienza e decoro?

C'è del buono e del meno buono in questo Consiglio Provinciale. E la qualità delle persone è certo importante. Ma non è tutto. Pensate all'amministrazione austro-ungarica, che nel nostalgico ricordo dei nostri padri era esaltata per la sua concreta efficienza. Eppure ciò che la caratterizzava era una generale mediocrità dei suoi protagonisti, a cominciare da Franz Josef. Ma vi suppliva una condivisa "visione del mondo", una cultura comune che ne faceva una compagine affiatata.

Oggi non esistono più ideologie contrapposte, né opera lo stimolo di convenienze collettive più o meno nobili che imprimano alla politica, intesa come alta funzione del governo, una tendenza a coalizzarsi, a raccogliersi attorno a progetti alternativi sostenuti da alternativi consensi di massa. Senza questo elementare principio organizzativo la politica finisce, frazionandosi in una miriade di impulsi molecolari, indifferentemente sprigionantisi tanto dalla società civile che dalla società politica.

Se non si coglie la vera causa dello sfascio, è vano cercarne il rimedio. Mandarli a casa, non serve a nulla. Quelli che verranno dopo di loro, in parte migliori ed in parte peggiori, non potranno che reiterare la stessa scena.

A meno che non nascano nuovi soggetti politici, cioè collettivi. A meno che non si introducano nuovi meccanismi che forzino la società civile e la società politica ad organizzarsi in coalizioni relativamente omogenee e stabili.

E' fallito il tentativo di riformare il meccanismo elettorale. La legge Chiodi era un progetto, audace ma risolutivo. Avrebbe dato al Trentino una frustata benefica, gli avrebbe impresso una accelerazione verso una modernità democratica di incalcolabile valore. Nemmeno l'ipotesi minimalista delle soglie di ingresso sembra trovare il consenso necessario in Consiglio regionale. Ebbene chi ha impedito queste riforme è diverso da chi le ha invece volute. E' questo un elemento differenziale importante fra le forze politiche presenti in Consiglio, che dovrà influire sul giudizio degli elettori. E quindi non è onesto maledire i consiglieri tutti nello stesso modo, mandarli tutti egualmente a casa.

Comunque il nuovo congegno che costringa società civile e politica ad organizzarsi non c'è, e probabilmente non ci sarà nemmeno nella sua forma più affievolita. Ci saranno allora nuovi soggetti politici, in grado di sostituire le convenienze che sarebbero derivate da un diverso metodo elettorale, con la forza trainante di un progetto ideale e programmatico? Forse sì.

I senatori dell'antica Roma, si sa, trattavano gli affari di stato mollemente immersi nelle vasche delle acque termali. Non so se è stato in omaggio a questo ricordo che il romano senatore Lavagnini ha voluto il congresso del Partito popolare alle ferme di Comano. Sta di fatto che la sua conclusione è stata tanto sorprendente quanto positiva. Sorprendente perché i vertici del partito, l'ex segretario, i tre consiglieri provinciali, un senatore, il presidente della Regione, il loro stesso pregevole candidato, sembravano poter controllare, sulla loro linea centrista, un apparato in gran parte residuato dalla vecchia DC; mentre Dellai appariva stretto in una posizione minoritaria, quasi costretto alla scissione. Positiva perché invece le posizioni, negli ultimi giorni, si sono capovolte, e Dellai ha vìnto. Ha vinto perché ha attenuato il suo ostentato movimentismo, ed ha rivalutato, accettando la segreteria, l'insostituibile ruolo del partito. Ha vinto perché ha accentuato il carattere del partito.

E' vero che ha vinto anche perché alla fine Grandi lo ha sostenuto; ma ciò che vi è di ambiguo in questa mossa repentina del presidente della Regione è compensato dalla considerazione che il suo calcolo opportunistico è stato determinato dalla intuizione, degna del fiuto di un esperto uomo politico, che l'onda profonda andava in quella direzione. E questo è ciò che conta.

Per i Democratici di Sinistra dunque si apre un orizzonte più chiaro. Per l'Ulivo trentino la strada comincia a spianarsi. Dellai si è dimostrato ancora una volta capace di interpretare politicamente i tempi nuovi. Ora Dellai, i DS, l'Ulivo in tutte le sue componenti devono dare un contenuto programmatico a questa speranza.

Forse, anche con la vecchia legge elettorale, un nuovo soggetto politico può sorgere e trarci fuori dall'impaccio in cui stiamo stagnando da cinque anni.