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QT n. 10, ottobre 2025 L’editoriale

Make America Great Again

L'America di oggi: è rimasta, anzi è incrementata la violenza diffusa; si è aggiunto un rovinoso declino della democrazia. Come è stato possibile?

E’ violenta, l’America. Strutturalmente. Ricordo, durante uno dei miei lunghi soggiorni americani da ragazzo, una mia amica, cui avevo confidato di aver sofferto, in Italia, gli insistenti sfottò di un altro ragazzo: “Perchè non lo hai preso a pugni?” mi rispose indurendo il bel viso. Rimasi allibito: quella non era un’opzione, le cose non si risolvono così; ma non riuscii a spiegarglielo. Eravamo di due mondi diversi.

A scuola Skip derideva Walter. Questi lo mise sull’allerta, ma non bastò; finché un giorno non lo picchiò duramente, mandandolo all’ospedale con un paio di fratture. Tutti a scuola diedero ragione a Walter. Anche il preside. Alcuni anni dopo Walter, arruolato tra i marines, fu ucciso in Vietnam. Ma questa forse è un’altra storia. O forse no.

“Remember, America is a democracy”. l’America è una democrazia, mi ripetevano spesso, come inizio o conclusione di un discorso. Era la rivendicazione, orgogliosa, di una diversità in parte vera, in parte dilatata dal nazionalismo: la prima democrazia dell’era moderna: da 200 anni, noi votavamo, mentre voi europei avevate re o dittatori... E poi la Statua della Libertà che accoglie chi arriva qui, a mettere in chiaro quali sono i nostri valori primari. Oppure il discorso più raffinato: tutta la legislazione fatta di “checks and balances”, pesi e contrappesi, per impedire che qualcuno, uomo o partito, possa avere un potere debordante. Se un presidente volesse avere troppo potere, lo impedirebbero le istituzioni, i giudici, il popolo. “We are a democracy”. Ed era l’essere una democrazia che in fondo in fondo legittimava i comportamenti talora arroganti con altre nazioni.

Questo ieri. E oggi?

La violenza, già insita in un paese nato da un genocidio (quello dei nativi, peraltro celebrato e mitizzato nei grandi media) e poi sconvolto da una sanguinosa guerra civile, si è incarognita. Oggi l’uomo più votato può orgogliosamente proclamare: “Io non perdono i miei avversari, io li odio”.

Se prima il sentimento prevalente era “siamo tutti americani”, e molti rivendicavano la scelta di votare il candidato a prescindere dal partito, repubblicano o democratico (e avevano ragione, il retroterra culturale era lo stesso, e i programmi non differivano di molto), oggi invece abbiamo una polarizzazione delle posizioni, che diventa estrema nella destra. E in questa temperie, anche la democrazia traballa: se l’avversario è un demone, devi impedire a tutti i costi che vada al potere. Pesi e contrappesi, alternanza, tutte sciocchezze, chi vince domina e può mandare per le strade i soldati a rincorrere i neri.

Non è un arretramento, è una disfatta.

A questo punto due domande: come è stato possibile? E c’è ancora l’America che avevo conosciuto?

Alla prima una risposta – parziale – c’è. I ceti bassi hanno visto le loro condizioni di vita costantemente peggiorare. Con qualsiasi presidenza, democratica o repubblicana. Ma allora è inutile andare a votare, la democrazia è un orpello, anzi un imbroglio. Forse è meglio dar retta all’imbonitore, che magari ha lui la ricetta giusta. Make America Great Again.

A questo si aggiunga l’influenza e l’uso selvaggio dei social. Uno strumento nuovo, potentissimo, in continua evoluzione, di cui non si è potuto insegnare, e quindi imparare, un uso consapevole, né si è riusciti a normare (come invece, dato lo sviluppo molto più lento, un paio di secoli almeno, si è potuto fare per la stampa).

Insomma, si sono create lo condizioni sociali per l’avvento dei pifferai, e al contempo sono stati disponibili pifferi di inusitata potenza.

Una parte della popolazione ha letteralmente perso la testa. Tra alcuni lustri ci si chiederà: ma come hanno potuto lasciarsi intortare da quel megalomane pazzoide? Intanto però, questa è la situazione.

A noi, che ci riteniamo raziocinanti e spinti da sentimenti che non sono certo l’odio, cosa rimane da fare? Capire meglio, spiegare, dibattere. E arginare. Forse la follia trumpiana è possibile circoscriverla.

Questo il nostro compito, di tutti noi.

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