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QT n. 6, giugno 2024 Servizi

Caccia selvaggia

La lobby dei cacciatori alza il tiro; e i governi – regionali e nazionale – si adeguano

Ovunque le destre al governo sostengono la lobby dei cacciatori. Dalle Regioni fino in Parlamento è in atto una demolizione sistematica delle normative a tutela dell’ambiente e il superamento delle direttive europee in materia. In nome di una concezione della libertà che porta a sposare interessi individuali o di ristretti gruppi si riducono le aree protette e si offre sostegno a ogni norma di liberalizzazione dell'attività venatoria.

Sul tema della caccia le Province di Trento e Bolzano da tempo avevano sostenuto queste liberalizzazioni con governi di centrosinistra. Dapprima con Dellai, con il via libera a insostenibili collegamenti sciistici fin nel cuore dei parchi: Adamello-Brenta e Paneveggio-Pale di San Martino. Poi privatizzando (pagata dal pubblico) la sorveglianza venatoria, eliminando i guardaparco. In provincia di Bolzano aprendo la caccia a specie protette come lo stambecco e la marmotta e diffondendo un’eradicazione silenziosa dei grandi predatori, orso e lupo.

Nelle altre regioni il sostegno ai cacciatori rappresenta uno degli aspetti valoriali della destra, un sostegno smaccato. Dapprima in Veneto Luca Zaia aveva provato a ridurre drasticamente i confini del parco naturale dei Lessini. Oggi in Lombardia il piano parco dello Stelvio è fermo per volontà della Regione guidata ancora da un leghista, Attilio Fontana. Ma non si scherza nemmeno nel Lazio, dove si potrà cacciare nella riserva regionale di Monte Rufeno, pur ricca di 5 zone di conservazione speciale (rete Natura 2000) nel comune di Acquapendente, tremila ettari di spazio forestale integro nel cuore della Tuscia. L’autorizzazione è rivolta all’abbattimento di 70 cinghiali in una località dove non si sparava da decenni. In Toscana invece la voce grossa contro i parchi è patrimonio dei militari, con una Regione (centrosinistra) spettatrice silente. In questo caso l’attacco è rivolto al parco di San Rossore per fare posto a una enorme base militare.

In Umbria, come già avvenuto in Basilicata, sentieri, mulattiere e strade forestali saranno incise dalle sgommate dei quad, delle moto, dei fuoristrada. La giunta regionale leghista ha aperto tutta la viabilità forestale e agricola al transito dei mezzi a motore. Oltre ai danni alla viabilità, che saranno ripristinati con soldi pubblici, questa decisione impedirà di fatto la vigilanza. I cacciatori potranno trasferirsi in un solo giorno da un versante all’altro delle vallate, senza più faticare: così il controllore perderà ogni possibilità di vigilanza e il disturbo alla fauna sarà più diffuso.

Una situazione analoga si era già affermata in Lombardia, dove si reintroduce anche la possibilità di tenere uccelli in gabbia come richiami senza più temere controlli. E si potrà sparare anche a specie protette come turdidi, beccacce e specie acquatiche.

Un po’ ovunque si estendono poi i periodi della stagione venatoria. In Veneto ci pensa Fratelli d’Italia a forzare la mano, estendendo la caccia a specie protette per poter riavere sul tavolo la storica “polenta e osei”; si potrà quindi sparare a peppole, fringuelli, pispole e tordi. In pratica a qualunque volatile passi.

Anche il Parlamento è al lavoro...

Il capolavoro di tanta liberalizzazione è stato portato in Parlamento da un deputato leghista, il ligure Francesco Bruzzone, in passato coinvolto in processi legati alle spese pazze, condannato in primo grado e successivamente assolto. Già attivo nel demolire principi basilari della legge 394/91 sui parchi, si è dedicato ora alla caccia. Con un colpo di spugna il suo disegno di legge, definito “Legge sparatutto”, se approvato cancellerebbe la possibilità da parte degli ambientalisti di rivolgersi ai TAR per far valere normative europee o percorsi legali dei calendari venatori. La competenza sull’impugnazione dei calendari venatori rimarrebbe in carico al solo governo. Quel disegno di legge prevede l’abolizione dei giorni di silenzio venatorio, apre all’uso dei visori notturni, permette di andare a caccia su tutto il territorio nazionale e quindi di evitare i permessi d’ospite oggi rilasciati dalle riserve locali.

La volontà del deputato è quella di vanificare anche il ruolo scientifico di ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale): nelle valutazioni l’istituto nazionale verrebbe infatti superato da istituti regionali sulla caccia, ben controllati da chi gestisce il potere e ovviamente dalla lobby dei cacciatori. Insomma, si ritiene che la scienza debba essere patrimonio di una categoria, i cacciatori. La competenza scientifica reale diventa un orpello di cui liberarsi.

Da notare che, se approvata, questa legge incorrerebbe inevitabilmente in sanzioni da parte dell’UE per violazione delle direttive Habitat e Uccelli e della Convenzione di Berna per la protezione della fauna selvatica.

Lollobrigida all'opera

Anche il ministro Francesco Lollobrigida è attivo sul fronte caccia: intende infatti aggirare la normativa europea che vieta l’uso delle munizioni con piombo e sta affidando alle Regioni il potere di autorizzare l’uccisione o la cattura di specie di fauna selvatica anche laddove la caccia oggi è vietata, come nelle aree protette e durante i periodi dell’anno in cui la caccia non è consentita. Eppure su questi ultimi temi l’Italia ha già in corso un duro contenzioso con la UE, giunto quasi alla conclusione di una procedura d’infrazione.

Ma il ministro non si ferma qui. Dopo la disastrosa imposizione dell’allora ministra renziana Madia di cancellare il Corpo forestale dello Stato, ora Lollobrigida vorrebbe portare i carabinieri forestali dal Ministero dell’ambiente sotto il controllo del Ministero dell’agricoltura. Ancora una volta un provvedimento teso a rendere problematico il controllo sui cacciatori.

ella nostra Regione le destre al governo non rimangono passive e giornalmente provano a regalare ulteriore potere ai cacciatori. Anzitutto limitando la vigilanza: da tempo si lamenta come l’organico dei controllori pubblici sul territorio - forestali e custodi comunali - sia ridotto in termini molto critici. Ora a queste figure non devono più essere segnalate le uscite venatorie, se non quelle con abbattimenti con accompagnamento di un esperto.

A Bolzano, in piena controtendenza con quanto accade a livello nazionale, i cacciatori aumentano. Siamo al record di iscrizioni: 3200 nel 2023, più 20% in cinque anni, con la presenza di ben 900 donne. L’attività venatoria è quindi riconosciuta a livello di base e rimane indice del resistere di uno stretto legame con il territorio da parte della popolazione.

A Trento non è così, il corpo dei cacciatori invecchia, il ricambio giovanile è scarso, eppure anche qui il loro potere è riconosciuto da ogni parte politica. I cacciatori sono oltre 5.700, dei quali solo il 2,47% sono donne.

Un mese fa il governo nazionale ha ritenuto di non dover ricorrere contro la legge provinciale che prevede l’abbattimento di 8 orsi l’anno. Un abbattimento criticato perché generalizzato, imposto in assenza di censimenti seri e quindi di una quantificazione scientifica della popolazione. L’esperto Alessandro De Guelmi attende da anni un accurato monitoraggio. Si procede quindi in base a stime: 98 orsi (ben 53 gli orsi, solo maschi, diffusi in territori limitrofi) e 200 lupi sparsi in 30 branchi - si legge nei comunicati del Servizio foreste e fauna. Il tema del decadimento genetico di queste specie, la consanguineità, nemmeno viene affrontato. Anche per questo motivo la nostra popolazione ursina vive una situazione di fragilità, come sostiene la zoologa del MUSE Giulia Bombieri

“La caccia è tradizione!”

La giunta provinciale non accoglie le indicazioni di ISPRA che sosteneva si dovesse limitare il periodo di caccia, troppo esteso. La motivazione scientifica di chi ci amministra? La caccia è tradizione!

Così si decide che il camoscio venga cacciato fin dal 17 agosto, nel cuore della stagione turistica. Si toglie il divieto di caccia al cervo nel periodo degli amori (tregua necessaria, anche per motivi igienici, sostenuta dall’associazione dei cacciatori), si cacciano ancora coturnici e fagiano di monte, la lepre bianca e la lepre comune con periodi di attività sempre più estesi, si arriva anche al 30 gennaio. Non è più obbligatoria la denuncia all’uscita per la caccia agli ungulati, “perché trattasi di appesantimento burocratico”. Nonostante le denunce dell’allargamento delle malattie da saturnismo, sui rapaci si permette l’uso di munizioni con piombo. Il piano faunistico che ha ispirato il nuovo calendario venatorio è ormai superato, datato 2010, denuncia il WWF. E ancora oggi per i cittadini non è possibile accedere all’ultima versione del piano faunistico provinciale. Tenuto nei forzieri degli uffici del Servizio fauna.

Insomma, sul mondo venatorio, piovono favori di parte che esulano da ogni interesse generale. In Italia dal 2011 al 2023 si sono contati 356 morti e 1002 feriti in incidenti di caccia. Ma del tema non si deve discutere, e nemmeno scrivere. I grandi media nazionali, e locali, obbediscono. Come del resto non si deve discutere della tutela della biodiversità, tema strategico per il futuro, e men che meno degli effetti dei cambiamenti climatici sul destino di tanta fauna selvatica. Importa solo costruire favori, ai cacciatori e all’industria dell’indotto venatorio: la diffusione della licenza di sparo libero è assicurata.

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