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Quattro film

Ancora sul Festival di Venezia 2021

Ancora qualche film dalla Mostra Internazionale d’Arte Cinematograficadi Venezia 2021.

"È stata la mano di Dio", il nuovo film di Paolo Sorrentino, è un omaggio a Napoli in chiave felliniana. Diviso in due parti, ne presenta una prima familiare, collettiva, grottesca, divertente e fluida. Mentre la seconda, autobiografica e malinconica, colleziona sequenze distinte per raccontare il percorso di formazione del giovane protagonista. Nonostante la lunghezza, l’opera è godibile, con alcune momenti molto divertenti, ancorché risaputi, ed altri più particolari e toccanti, come il rapporto con l’amico contrabbandiere e il confronto finale con l’amico regista.

Un film che sembra però abbia scontentato sia gli amanti del primo Sorrentino cinematografico che quelli delle ultime serie televisive. Eccessivamente piacione e concessivo nella prima parte, quanto intimo e inedito nella seconda. Insomma: un po’ troppo e un po’ troppo poco Sorrentino.

Ma il film funziona e di sicuro riscuoterà successo di pubblico. Nel frattempo si è aggiudicato il Leone d’Argento – Gran Premio della Giuria. Di pregi e difetti ne è interprete, tra i protagonisti, Toni Servillo.

Anche "Qui rido io" di Mario Martone è un omaggio a Napoli, alla sua storia, alla sua cultura, alla sua tradizione. Con un’impostazione completamente teatrale il film inventa un immaginario frammento di vita di Eduardo Scarpetta, attore, commediografo e regista dei primi del Novecento. Attorno a lui una tribù composta da moglie, compagne, amanti, figli legittimi e illegittimi, tra cui Titina, Eduardo e Peppino De Filippo. Un lavoro che è teatro sia nelle ricostruzioni delle recite, che nell’ambiente del retropalco e nella quotidianità artistico/familiare. Con l’impressione che il protagonista Toni Servillo non esca mai dalle scene, caricando l’interpretazione tanto dell’artista che dell’uomo Scarpetta. È il gioco del teatro, che inscena conflitti e compromessi familiari e artistici tra presunta cultura alta e bassa, tra pubblico applaudente e intellettuali denigratori ma invidiosi del successo popolare. Un concentrato di Napoli e di napolitanità cui Martone arriva dopo un percorso a 180°, dal teatro d’avanguardia ai bei film ("Teatro di guerra", "Il giovane favoloso", "Il sindaco del rione Sanità"), fino all’approdo alla più smaccata tradizione cittadina.

“È stata la mano di Dio”

Con "Ariaferma" di Leonardo Di Costanzo, Toni Servillo sigla la terza presenza al Festival. E quella del superiore di una squadra di agenti carcerari, in una prigione in via di dismissione, è anche l’interpretazione più riuscita e convincente. Sarà forse il confronto con una altro grande attore come Silvio Orlando, che interpreta un detenuto, oppure gli inevitabili toni del realismo, ma i due attori, nei rispettivi personaggi, per quanto sceneggiati, appaiono perfettamente contestualizzati e naturali nella ricostruzione dell’ambiente e delle dinamiche del carcere. Un film riuscito in tutto: sceneggiatura, attori, tematiche. Un film capace di ricreare correttamente la realtà carceraria in Italia, senza forzare la retorica del dramma e nella denuncia.

Nel 1984 la prima versione cinematografica del romanzo "Dune", diretta da David Lynch, risultò un film molto atteso e quasi altrettanto deludente. La nuova versione di Denis Villeneuve pare seguire la stessa sorte.

Trentasette anni dopo, l’imparagonabile evoluzione tecnologica rende scenografie, costumi ed effetti speciali, essenziali per un film di fantascienza, ineccepibili. Il cast è stellare e il regista appropriato (ricordiamo "Blade Runner 2049"). Ma il film, in realtà solo una prima parte di 155’, non coinvolge e non convince. I temi ci sono: il destino, la fede, l’istinto, il colonialismo, il libero arbitrio, e non mancano le sequenze d’azione, ma niente da fare, non si decolla. Forse la seconda parte sarà meglio e collegata alla prima risulterà tutto migliore. O forse il prodotto è mirato ad un’utenza giovane che si abbandona ed accetta tranquillamente il puro visuale, gli stereotipi del genere e le contraddizioni di un mondo futuro in cui si attraversano spazi e tempi con astronavi intergalattiche, e poi si combatte corpo a corpo con fucili e sciabole. Allora tanto meglio "Star Wars", che in effetti ho visto quando avevo 18 anni.